Hassen Ben Soltan è una sorta di custode della memoria delle ville romane di Cartagine e, di memoria, ne serve molta per raccogliere e tramandare una tradizione che affonda le sue radici nell’antichità e che, ancora una volta, lega le due sponde del Mediterraneo, l’Italia e Tunisi. È vero che l’antica città era stata distrutta, al termine delle tre guerre puniche, dai Romani, anzi, rasa al suolo come era stato proposto da Catone con il suo “Carthago delenda est”. Ma Augusto ne aveva ordinata la ricostruzione, riconoscendone il valore non solo strategico per la posizione sul mare, ma anche quello storico: secondo la leggenda, infatti, era stata la regina fenicia Elissa – Didone – a fondarla. Sorella di Pigmalione, rimasta vedova per mano sua, Didone era fuggita da Tiro per fondare una nuova città sul suolo dell’attuale Tunisia. I suoi occupanti erano stati accolti dalla popolazione locale ottenendo l’autorizzazione a fondare una colonia fenicia sulle sponde del Mediterraneo.
Ben Soltan, a dispetto dell’età non più verde, guida con agilità e sapienza il visitatore attraverso i viali e le rovine di quelle che furono le splendide ville romane di Cartagine. Si tratta delle antiche case che gli aristocratici cartaginesi avevano fatto costruire con i criteri e le soluzioni delle migliori abitazioni romane sparse per la penisola italiana. Scavi franco-tunisini e opere di parziale risistemazione e ricostruzione nel 1900 hanno portato a poter rivivere alcuni spazi di queste ville, col loro tipico giardino interno e il peristilio, alcune camere da letto, parti di mosaici che raffigurano scene di vita quotidiana. Tra le case ricostruite la bellissima Villa della Voliera, che deve il suo nome agli uccelli raffigurati nei mosaici riapparsi dopo gli interventi di recupero e di restauro.
Le contaminazioni tra le culture sono evidenti anche da un mosaico che illustra scene di vita rurale: è il caso della villa evidentemente appartenente a un mercante ricco, che pigiava l’uva e vendeva un vino passito che faceva concorrenza a quelli siciliani. Del resto, Cartagine aveva dato i natali a un celebre agronomo, Magone il Cartaginese, nato due o quattro secoli avanti Cristo e grande sperimentatore in ambito agricolo. Fu lui a inventare la tecnica di pigiare con i piedi. E quando Roma invase Cartagine, pare che i romani abbiano portato via tutti i suoi manoscritti e preso spunto per le loro riforme agrarie. Magone aveva fatto nascere nuove piantagioni nel sud del Paese, aveva fatto scavare pozzi e canali. Coltivava, tra una canalizzazione e l’altra, palme, olive, uva, melograno, albicocche, verdure, erbe aromatiche e l’henné.
La visita alle ville romane di Cartagine, specialmente se accompagnata da una guida saggia e sagace, restituisce flashback di vite lontanissime dalle nostre ma, in fondo, anche molto vicine. A distanza dal caos della città, i benestanti che se lo potevano permettere facevano costruire dimore di campagna pensate per uno stile di vita meno forsennato, più incentrato sul tempo libero e sul godersi le bellezze della natura che, da queste parti, abbondano. Una vita più ritirata e lenta, magari meno redditizia, ma più fedele alla nostra ricerca di pace e di serenità. Non sono forse le stesse cose che cerchiamo oggi, duemila anni dopo?
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