Non so se avete visto il film Caramel, che non è ambientato in Tunisia, bensì in Libano. In un centro estetico passano davanti ai nostri occhi le vite di donne diverse tra loro, e ovviamente che si sottopongono al rituale della ceretta araba, questa ceretta che a vederla ti viene voglia più di mangiarla che altro, un rituale di bellezza e coccole al femminile. E io guardavo queste scene incantata, le mani che si muovevano svelte, prima che tutto appiccicasse, e che lasciava una piacevole fragranza sulla pelle.
In Italia, prima di trasferirmi in Tunisia, avevo provato più volte a prepararla, ma niente da fare: ottenevo solo del caramello che quindi poi mangiavo. Arrivata a Tunisi, non vedevo l’ora di andare da qualche estetista per sperimentare quello che nella mia mente pregustavo come un momento di relax.
Prima estetista, quartiere l’Aouina. Vedo che prende dei normali fogli per l’epilazione e il rullo, le chiedo: “Ma non fate la ceretta araba?” “No Madame, qui facciamo la ceretta francese“. Nascondo la mia delusione ma non demordo, provo in un centro estetico in centro, Avenue Bourguiba, anche lì, niente ceretta araba. Terza estetista, alla Marsa, un centro tenuto da ragazze ucraine e tunisine (tra l’altro centro pulitissimo, tutto sterilizzato, loro gentilissime e molto brave), niente nemmeno lì. Insomma di questa ceretta araba nemmeno l’ombra. Tre centri estetici erano più che sufficienti, e decisi che dovevo rinunciarci e arrendermi alla ceretta normale…
In effetti piu che nei centri estetici la ceretta araba, chiamata sokkor, la si fa tra le mura di casa : ogni tanto vedevo mia suocera preparare il suo pentolino, zucchero, acqua e limone e via. Io che la osservavo con attenzione, cercando di memorizzare i gesti, la manualità, ma proprio non riuscivo da sola : provavo e riprovavo, ma mi ritrovavo spalmata di acqua e zucchero perché non ero abbastanza veloce e mi si scioglieva tra le mani. Una volta ho preso anche quella già pronta che si trova al supermercato ed è stato l’unico momento in cui sono riuscita a depilarmi da sola in questo modo, ma bisogna prenderci la mano, non sempre è facile e così mi ritrovavo a chiamare le mie estetiste di fiducia e prendere nuovamente appuntamento da loro. A volte mia suocera chiamava una signora che veniva a casa appositamente, con il suo barattolo di plastica, toglieva il coperchio ed immergeva la mano nel suo « tesoro », riscaldava tra le dita la ceretta araba fino ad ottenere la giusta consistenza e poi via, cominciava ad appiccicarla su gambe, braccia, ascelle, strappando con gesti sicuri e veloci i peli superflui.
« Arrivata a Tunisi avevo da sempre la curiosità di provare la ceretta araba, quella specie di caramello elastico che le donne sapevano sapientemente trasformare in una ceretta economica e naturale, a detta di tutti molto efficace e meno dolorosa – racconta Diana -. Ricordo negli hammam la pelle liscia delle donne che facevano la ceretta praticamente su tutto il corpo, viso compreso, una cosa che mi colpì molto. Volevo cercare un centro estetico in cui farmi la ceretta araba, ma non avevo notato delle estetiste che proponevano il servizio, non capivo se non avevo cercato bene oppure se non fosse ancora molto diffusa come usanza. Così mia suocera propose di farmi lei la ceretta, essendo ovviamente abituata a farla per sè da anni. Acqua, limone e zucchero bollivano nel pentolino casalingo per diventare poi la mia magica ceretta in un giorno qualunque di settembre. Ne uscì una pasta elasticissima che lavorò un po’ a mano con acqua ghiacciata per raggiungere la giusta consistenza. Facile a vedersi, meno facile da replicare, scoprii più tardi. La tecnica era diversa da quella a lunghe strisce a cui ero abituata, o meglio a cui non mi sono mai abituata perché lo trovavo un dolore un po’ fastidioso. Iniziò dalle gambe facendo aderire la pallina di ceretta nel senso contrario al pelo, per poi tirare nella stessa direzione del pelo, il contrario di quel che avevo sempre fatto in pratica. Devo ammettere che non era troppo doloroso e la consistenza elastica sembrava strappare bene i miei peli super duri, che danni venivano tagliati con le lamette. Non mi aspettavo tanta ostinazione nel voler raggiungere un risultato perfetto e soprattutto in tutto il corpo, le ascelle furono un duro colpo forse perché lì non l’avevo mai fatta. Sulle braccia nemmeno : fatte anche quelle pensai che potesse bastare. Mi sembrava di aver sofferto abbastanza ! Credetti di svignarmela, ma mia suocera, che ci teneva a fare un bel lavoro completo, non era dello stesso avviso : mentre io cercavo di sgattaionare via, lei ridendo mi riprendeva per le caviglie. Ricordo che eravamo sulla terrazza della casa, il sole alto nel cielo, e io cercavo di ringraziarla e convincerla che già aveva fatto un bel lavoro e che poteva bastare, mentre lei imperterrita non si arrendeva. Devo aver dato un’impressione di essere una donna strana, in un Paese in cui tutte vogliono farsi belle alla perfezione. Alla fine la ceretta araba così elastica lascia veramente una pelle davvero molto morbida e da favola, fa davvero un po’ meno male e, a saperla preparare, è pratica ed economica. Sicuramente ora è la mia ceretta preferita ! ».
Si va indietro di qualche anno con la testimonianza di Marinette Pendola : « Vorrei raccontare una storia della mia infanzia, che si svolge in campagna vicino a Zaghouan. Siamo a casa dei miei nonni, le mie giovani zie, che si facevano regolarmente la ceretta con lo zucchero a caramello e allume, avevano imparato la ricetta perfetta e la tecnica di depilazione da una contadina. Per farsi la ceretta si rifugiavano nella lavanderia, che era una grande stanza con rubinetti e vasche e soprattutto una grande finestra che dava su una siepe e da cui entrava una bella luce. Un pomeriggio si chiusero tutte e tre in lavanderia : Enza, che era la più precisa, accese il fornelletto e dosò bene gli ingredienti e ottenne un’ottima ceretta. Antonietta, che era la più forzuta, si dedicò poi a depilare Enza mentre Anna, che era la più giovane e la più fragile, aspettava il suo turno limandosi le unghie.Quando ebbero finito, Enza chiese : ‘E ora cosa ne facciamo ?’. La ceretta era nelle loro mani ormai annerita e inutilizzabbile. ‘Che problemi ti poni ?’ disse Antonietta e, senza pensarci due volte, lanciò la ceretta fuori dalla finestra. «’Sei matta ?’ urlò Anna. ‘Nessuno passa di lì. A chi vuoi che dia fastidio ?’. La mattina dopo venne Rebaa a fare il bucato. E per tutta la mattinata sentì dei pulcini pigolare. Ad un certo punto si insospettì e andò a chiamare la nonna, la quale disse che i pulcini non andavano mai così lontani dal pollaio. La lavandaia insistette. La nonna decise di attraversare l’ampio atrio, entrò in lavanderia, sentì il coro di pigolii, si sporse dalla finestra ma non vide niente. Chiamò il nonno, il quale compì gli stessi identici gesti della nonna. ‘Non è possibile!’ disse ‘vado a vedere da vicino’. Fece il giro della casa, arrivò alla siepe. Un’intera nidiata di pulcini con le zampine incollate al suolo urlava disperata…le mie zie passarono la giornata a pulire zampine. Ci fa sempre ridere quando ce la raccontiamo ed è diventata proverbiale nel lessico famigliare : ‘Che non finisca come i pulcini della zia Antonietta’, diciamo in alcune circostanze ».
Un’esperienza di tutt’altro tipo quella capitata a Valentina in un centro estetico : « Sono andata a Lafayette, dentro il centro commerciale Champion, dove c’era un salone di bellezza : capelli, trattamenti estetici, manicure e così via. Sembrava apparentemente ben frequentato : l’utenza era quella di ragazze che in qualche modo mi somigliavano o che comunque emulavano ‘l’Europe’. Ero arrivata da poche settimane da Londra e cercavo ancora i miei riferimenti. Dopo la piega mi hanno installato in un corridoio sgangherato che rendeva due ambienti comunicanti, così, alla benemeglio per evitare di fare il giro all’esterno. Ogni ragazza veniva chiamata per nome e già io mi sforzavo di immaginare come avrebbero detto il mio e ogni volta mi pareva chiamassero me. Ovviamente ero l’unica europea in corridoio. Esce una signora – matrona con una bandana in testa, tutta sudata che ha detto qualcosa che somigliava al mio nome. Preoccupata mi sono alzata e l’ho seguita. In cabina mi ha chiesto di spogliarmi e ha iniziato a manipolare le palline di zucchero. Avendomi chiesto di mettermi supina, non riuscivo a capire cosa stesse facendo fino a quando grazie a uno specchio mi sono resa conto che per facilitare la manipolazione si sputava sulle dita. Mi sono messa seduta sul lettino e ho chiesto di parlare con la hostess che aveva preso la mia prenotazione e compilato la mia scheda all’ingresso : non volevo più fare la ceretta, ma il mio arabo era troppo maccheronico e lei faceva finta di non capire il francese. Fu così che una collega entrò in cabina e chiamò la ‘receptionist’ del salone, a cui spiegai l’accaduto. La povera matrona fu pesantemente rimproverata con l’etiquette tunisina e io, mentre mi rivestivo, pagai la piega e scappai. Successivamente mi venne spiegato che quel salone non aveva una gran reputazione, se non per le ragazze che ‘escono la sera’. Resta il fatto che non ci ho messo più piede… »
E a proposito di bellezza ed estetiste, anche Rosita Ferrato nel suo libro « Tunisi la città nascosta – una guida emozionale » racconta delle sue disavventure alla ricerca dell’estetista giusta.
« Tante volte mi sono sentita dire : ah, vai in Norda Africa, saranno bravissimi nella cura del corpo ! Sarà, ma io ci ho messo almeno due anni a trovare la persona giusta. Con cui però non siamo partite con il piede giusto »
« La bellezza a Tunisi è infinita. Se si tratta di paesaggi, colori, sapori, sorrisi, è immediata, direi quasi troppo facile, ne trovi in abbondanza e ad ogni angolo. Diversa invece la questione estetica, sfumatura dialettica, ma di importanza fondamentale. Trovare un istituto di bellezza che nella capitale sia di livello pari a uno italiano è un’impresa difficile, ma ho continuato ad esplorare finché non l’ho avuta vinta ».
Lasciamo scoprire a voi con la lettura del libro il resto….
E voi? Conoscete questo rituale? Riuscite a prepararla in casa? Raccontateci la vostra esperienza
© Riproduzione riservata