La mostra Quatrième Décennie” (العشرية الرابعة ) di Anis Djbeli e il suo sguardo sulla società attuale.

Il 1° novembre ha inaugurato la mostra “La Quatrième Décennie” dell’artista algerino Anis Djebli, visitabile fino al 17 novembre negli spazi di Saf Saf a La Marsa. Le opere indagano la dissociazione tra noi e il mondo circostante, risultato della perenne sovrastimolazione
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“Dove ci troviamo in questo mondo sovraccarico? Qual è la nostra vera posizione, il nostro valore, in una società che ci spinge verso l’oblio, la dimenticanza e la disattenzione?”Anis Djbeli, artista algerino, classe 1995, è partito da queste domande per la sua ricerca artistica che ha poi dato vita all’esposizione “La Quatrième Décennie (العشرية الرابعة ), il Quarto Decennio, inaugurata ieri, 1° novembre, negli spazi di Saf Saf a La Marsa, visitabile fino al 17 novembre e curata dall’iniziativa culturale Sense of Art. Quest’ultima è un’iniziativa culturale e creativa fondata nel 2022 che ha l’obiettivo di unire le arti in Tunisia e nel Nord Africa e restituire al mezzo artistico il compito di ripristinare un senso di comunità all’interno della società.

Anis Djbeli è un’arista autodidatta, specializzato nella street art e nell’arte murale. Lavora e vive ad Oran, Algeria. L’ambiente circostante ha un profondo impatto sul lavoro artistico di Anis, attraverso il quale indaga ed esplora temi complessi della società algerina, come la relazione tra religione e cultura.  Le opere di cui si compone la mostra sono state realizzate all’interno di una residenza artistica durata due mesi ed esplorano il rapporto che abbiamo con la sovrabbondanza, di informazioni o di oggetti che ci fanno perdere la connessione con noi stessi e con l’ambiente che ci circonda. “La società mi ispira tantissimo ed è per questo che ho scelto il titolo “Quarto decennio”, ossia il periodo che va dagli anni Novanta fino al 2024. Sono nato negli anni ’90, nel momento in cui l’Algeria viveva il decennio del terrorismo. Mi esprimo, dunque, a partire dalla società”, mi spiega Anis Djbeli durante l’inaugurazione.

La sovrastimolazione, che può essere di varia natura, ci costringe all’iperattività e ad un continuo stato di allerta dove non è concesso lo spazio per la riflessione e la cura. Il senso di disconnessione è il filo conduttore della mostra di Anis Djbeli che culmina con una video-istallazione in cui si susseguono spezzoni di scene quotidiane di vita urbana: il traffico caotico dell’ora di punta, gente che si accalca per prendere posto sui mezzi pubblici, fiumi di persone nei mercati. La città nei video è Tunisi, ma potrebbe essere qualunque altra città, a qualunque latitudine poiché i ritmi urbani frenetici sono tutti incredibilmente uguali. I video non hanno un’andatura lineare, ma si inceppano, vanno a scatti, così come le nostre vite. Per i video la causa è la sovra caricazione della banda, per noi la causa è la costante corsa verso l’accumulo e il successo che ci impediscono di andare ad un ritmo naturale, consono alle varie fasi della vita.

Il risultato è una stanchezza cronica che ci pervade e che ci impedisce di vivere con profondità alcuni momenti, come un lutto, la fine di una relazione, la bellezza di un tramonto o la dolcezza di un abbraccio.  Ma questo intoppo, sebbene potrebbe lasciarci inizialmente attoniti, potrebbe, al tempo stesso, rappresentare il punto di svolta, un momento di vuoto, lo squarcio verso la liberazione. “Sono stato guidato da domande così quando qualcuno vede le mie opere si fa altre domande” conclude Anis. “Qual è il tuo posto dentro questo tumulto?” “Ti senti veramente libero?” L’artista lascia queste domande all’interno della mostra come spunto di riflessione per lo spettatore. A ricordarci che è un sentire collettivo, non individuale. E che l’arte, in ogni sua forma, potrebbe aiutarci verso la nostra liberazione.

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