E’ andato in onda nei giorni scorsi, nel programma « Mediterraneo », il servizio « Le donne dell’argilla » di Pietro Vernizzi (montaggio di Susanna Munisso) dedicato alle donne di Sejnane e alle loro ceramiche.
Un’arte che dal 2018 è stata riconosciuta come patrimonio immateriale Unesco e che queste donne tramandano di generazione in generazione, così come testimoniano le interviste raccolte : « Ho imparato a dodici anni, facevo la pastorella prima, in questo modo ho migliorato la mia condizione e ho potuto sostenere la mia famiglia » racconta un’intervistata. L’argilla viene raccolta dagli ouadi, i fiumi in secca, lavorata artigianalmente, cotta sul fuoco e dipinta con tinture naturali.
« Questi oggetti possiedono una seconda funzione, che è la bellezza dell’arredo, ed è ciò che ha fatto sì che questa ceramica continui ad esistere » afferma Naceur Baklouti, ricercatore dell’Istituto Nazionale per il Patrimonio Artistico.
L’abilità di queste donne è sorprendente : senza mai utilizzare il tornio, realizzano piatti, marmitte e vasi perfettamente formati. Assecondando la fantasia, creano anche piccoli giocattoli e bambole decorative che dipingono con motivi berberi tradizionali, con dell’ocra rosso e dei coloranti vegetali. Sulle scodelle e sui piatti dipingono anchr dei simboli molto antichi di palme, tartarughe, pesci, figure umane. I loro strumenti sono fra i più semplici : qualche bastoncino, delle tavolette, dei frammenti di plastica e delle conchiglie per lucidare le superfici.
Dieci anni fa, la creazione di un’associazione per la promozione di quest’arte, con l’obiettivo di non farla scomparire e fare in modo che possa essere una fonte di sostentamento per le donne e le loro famiglie, in un territorio svantaggiato : « Ques’arte è un patrimonio culturale ereditato da generazioni e noi come associazione culturale lavoriamo per preservarlo in modo che non scompaia, incoraggiamo le nuove generazioni » spiega Zeineb Farhat, coordinatrice dell’associazione « Artigiane di Sejnane ».
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