Al Centro Culturale Greco di Tunisi, grazie a una coproduzione di Science Technology Lab e Ticdce (Tunis International Center for Digital Cultural Economy), è stato mostrato un nuovo progetto che intende non solo raccontare una storia, ma anche promuovere e mostrare il patrimonio culturale della comunità greca in Tunisia, con l’uso di tecnologie di intrattenimento innovative. Il film in questione è “Les portes de Tunis: Djerba la grecque” ed è un cortometraggio a cura della specialista di media digitali e di realtà virtuale Najla Trabelsi, da anni impegnata nell’utilizzo di strumenti capaci di restituire la bellezza di città e luoghi tunisini a tutti, anche a chi non li può osservare con i propri occhi. La particolarità del lavoro di Trabelsi consiste proprio nell’aver girato con la tecnologia del video panoramico a 360 gradi, una esperienza di visione immersiva che offre una naturalità e una percezione di reale molto più vicina alla nostra capacità sensoriale, rispetto al cinema classico.
Per far conoscere al pubblico “Les portes de Tunis: Djerba la grecque”, il Centro ha invitato la sua autrice e altri ospiti di riguardo, accolti dalla responsabile Sofia Argyropoulou. L’occasione è stata propizia per portare i saluti di Evangelos Tsaouis, ambasciatore greco in Tunisia. Nel suo messaggio ha sottolineato la storicità della presenza greca in Tunisia e specialmente a Djerba, incentrando la sua attenzione su un edificio oggetto del cortometraggio, la splendida chiesa ortodossa di Agios Nikolaos, costruita nel 1896 con il contributo determinante di pescatori (di pesci e di spugne) provenienti essenzialmente dalla città di Kalymnos, Hydra e Symi, uniti per ricostruire un luogo di culto che rimpiazzasse la precedente chiesa di Agios Georgios.
E proprio grazie alla prosperità e alla laboriosità dei greci stabilitisi a Djerba fu possibile dare vita a quel progetto ambizioso e costoso, in una zona privilegiata della città. La presenza dei greci a Djerba e la libertà del loro culto è, peraltro, una delle grandi ricchezze della città, in cui coesistono edifici cristiani, moschee e sinagoghe. Nei saluti finali, l’ambasciatore ha ringraziato i professori Kamaroudis e Kazdagli per i loro studi sulle comunità di Djerba e, con loro, anche la stessa Sofia Argyropoulou.
Come responsabile del Centro Culturale Greco, Argyropoulou ha accolto con entusiasmo la possibilità di vedere – muniti di appositi caschi – il cortometraggio come ulteriore mezzo di promozione e diffusione della cultura greca sul territorio. Una comunità che a Djerba, nei primi del ‘900, era molto popolosa e che affonda le sue radici addirittura nel 1600, data in cui è certificata la prima presenza ufficiale di un nucleo di cittadini greci.
E sul perché sia stata scelta Djerba, la regista e curatrice del progetto ha sciolto ogni dubbio: Djerba è un simbolo della convivenza, ha una storia ricca e che si ricollega alla origine stessa della città e la cattedrale, che è rimasta chiusa al pubblico per sessant’anni, solo recentemente è tornata a essere aperta alle visite ed è parsa un luogo perfetto per fare da sfondo e protagonista di questa storia tra Tunisia e Grecia.
«Per realizzare film come questo – ha spiegato – serve un’ attrezzatura speciale, e così nella post-produzione. La proiezione è individuale, grazie a un casco di realtà virtuale che permette al fruitore di scegliere come muoversi in questo ambiente. L’obiettivo di queste telecamere funziona come l’occhio umano, senza zone buie, e dà l’opportunità di fare esperienze di qualità eccezionale. Un regista di film a 360 gradi non deve considerare il davanti e dietro la telecamera, perché non esistono: esiste solo uno spazio e l’obiettivo viene manovrato a distanza. Il mio obiettivo è promuovere e mostrare il ricco patrimonio culturale e storico della comunità greca a Djerba, utilizzando tutta la potenza del video 360.
Durante questa esperienza io stessa sono rimasta affascinata dalle bellezze che ho filmato e dalla potenza della tecnologia che la riproduce: credo che questo film abbia la capacità unica di affascinare gli spettatori e portarli a profonde riflessioni su temi universali. Penso che il video 360 sia il cinema del futuro, anche se il cinema tradizionale resta ancora il padre della storia del cinema e là ci sono le sue radici: ma questo è un nuovo media che gli si affiancherà, grazie alle chance straordinarie che offre allo spettatore. E per mezzo di queste nuove possibilità, apriamo la strada a una comprensione migliore di chi siamo, della storia, della nostra identità e dell’importanza dello scambio culturale, così come la tutela e la difesa del nostro patrimonio».
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