Libia: due tunisini armati neutralizzati dalle autorità, un morto

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Il ministero pubblico libico ha indicato in un comunicato pubblicato sulla sua pagina Facebook di essersi lanciato all’inseguimento di due tunisini in possesso di armi ed esplosivi. Uno di loro ha usato queste armi durante il suo arresto: lo riferisce Webdo. 

Secondo il comunicato, la sezione dell’Agenzia di supporto alla stabilità con sede a Nalout, al confine tuniso-libico, ha ricevuto informazioni riguardanti le attività clandestine di due tunisini nella regione di confine occidentale della Libia.

Secondo il ministero pubblico libico, uno degli individui si è arreso alle autorità e ha informato queste ultime sulle attività del suo complice e sui motivi per cui possedeva armi ed esplosivi nascosti in un luogo lontano dalle zone residenziali.

È stato precisato che il secondo sospettato, che era armato, è stato localizzato e affrontato durante un’operazione di perquisizione, e ha opposto resistenza armata, il che ha portato le forze dell’ordine a ricorrere alla forza, causando la sua morte.

Le autorità libiche non hanno fornito ulteriori informazioni sui due individui, entrambi di nazionalità tunisina.

Giovedì il canale Al-Hadath ha riportato che ci sono stati scontri armati tra le forze libiche e un gruppo armato tunisino. Finora, la Tunisia non ha commentato l’incidente.

Ricordiamo che il ministero dell’Interno libico ha espresso mercoledì 24 luglio la sua gratitudine verso le forze di sicurezza tunisine per il loro ruolo determinante nell’arresto dei quattro individui responsabili del tentativo di assassinio di Abdulmajid Elmlegta, consigliere del Primo Ministro del governo di unità nazionale libico, Abdulhamid Dbeibah.

Secondo il comunicato ufficiale del ministero, i sospetti erano fuggiti in Tunisia dopo aver tentato di uccidere Elmlegta piazzando una bomba sul suo percorso di ritorno a Tripoli il 14 giugno scorso.

Questo arresto segna una svolta importante nell’inchiesta sul tentativo di assassinio che aveva scosso la capitale libica il mese scorso. Il Primo Ministro Abdulhamid Dbeibah aveva personalmente richiesto che i colpevoli fossero perseguiti in giustizia.

Articolo tradotto avvalendosi di ChatGPT

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