«Siciliani d’Africa. Tunisia terra promessa» è un docufilm che ha reso nuovamente viva una pagina significativa della nostra storia nazionale, toccando la storia dell’emigrazione italiana in Tunisia. Il docufilm è prodotto da Alfonso Campisi con la regia di Marcello Bivona, testimonianza per le generazioni future. Tucidide (431-404 A.C) ha detto: “Bisogna conoscere il passato per capire il presente e orientare il futuro.”
Il docufilm unisce la musica italiana e tunisina con le canzoni di Hedi Jouini e Rosa Balistreri, dando vita ad una sintesi creativa mediterranea. Sul grande schermo scorrono anche foto in bianco e nero, che creano un’atmosfera d’altri tempi, e che regalano agli occhi degli spettatori immagini indelebili di una Tunisia multiculturale e tollerante. Un altro tema importante affrontato è quello del rapporto tra diverse comunità, che sono riuscite a convivere pacificamente nonostante le differenze religiose, culturali e linguistiche. Nel XIX secolo, la comunità italiana era la più numerosa.
Fino alla metà del XIX secolo, la comunità italiana era composta da ricchi mercanti ebrei toscani, comunità detta dei “livornesi” conosciuti in Tunisia come ebrei livornesi o Grana. Dal 1815 al 1861, la comunità italiana era costituita soprattutto da intellettuali, politici e massoni. Alla fine dell’Ottocento, gli spostamenti dalla Sicilia coinvolgevano prevalentemente il bacino del Mediterraneo: la meta privilegiata era la Tunisia. Dopo la seconda guerra mondiale, la comunità italiana scomparve completamente.
La cultura italiana ha lasciato le sue tracce nell’architettura, soprattutto dell‘Art deco: la Tunisia ha conosciuto una grande fioritura grazie al contributo di architetti italiani. Anche alcune ricche famiglie tunisine costruirono residenze seguendo lo stile architettonico italiano: come dar Muhammad Khaznadar (a Halfaouine) o dar Hammouda el Pacha (via Sidi Ben Arous) nella parte settentrionale di Tunisi. Nel 1930 Furono create molte scuole italiane: erano 23 in tutto, distribuite tra Tunisi e altre città, frequentate da diecimila studenti. gli italiani di Tunisia costruirono il loro ospedale (oggi Habib Thameur), il loro teatro d’opera Rossini, che presentava regolarmente spettacoli italiani di qualità, per fornire un buon supporto alla comunità. Questo teatro italiano è nato per competere con il teatro comunale, che aveva appena aperto i battenti nel novembre 1902.
La cultura italiana è ininterrottamente presente in Tunisia: per questo è importante recuperare la storia e la memoria della comunità italiana. Gli italiani hanno partecipato alla fondazione di una Tunisia moderna, come la famiglia Finzi, che ha avuto un ruolo emblematico nella modernizzazione del Paese grazie al Corriere di Tunisi, l’unico giornale italiano in Tunisia, Nord Africa e mondo arabo.
I siciliani di Tunisia parlavano il siculo-tunisino, un misto di siciliano, tunisino e francese. Vi è anche una parte del docufilm dedicata al comico ebreo di Tunisia Kadour ben Nitram che si esprime in sabir lingua franca, il siciliano di Tunisia!
Le commoventi testimonianze degli italiani di Tunisia
Le testimonianze degli italiani che hanno vissuto in Tunisia commuovono profondamente gli spettatori, facendoli entrare in un mondo in cui si mescolano tristezza e felicità, s’incontrano la speranza e il dolore, ricordando avvenimenti felici e tristi che hanno vissuto, insieme con la nostalgia per la Tunisia. Negli anni ’40 del Novecento, la Francia imponeva la nazionalità francese agli stranieri nati in Tunisia, attraverso un’opera di naturalizzazione di massa. I francesi chiusero tutte le scuole e i giornali italiani. Considerarono gli italiani residenti nel Protettorato una minaccia per l’ordine politico e militare. Dopo l’indipendenza della Tunisia nel 1956, Habib Bourguiba volle realizzare l’emancipazione politica e sociale del paese, nazionalizzando l’amministrazione pubblica e il mercato del lavoro. Le leggi di nazionalizzazione vennero considerate dagli italiani un modo indiretto per spingerli ad andar via.
Durante il ritorno degli italiani nel Paese d’origine, si ritrovarono a vivere nei campi profughi, molti non parlavano la lingua italiana e vennero considerati come africani o italiani d’Africa. Tra le interviste c’è quella a Claudia Cardinale con la figlia Claudia Cardinale Squitieri, dove ricordano con nostalgia intensa la Tunisia, definito Paese di dialogo. Sul piano culturale i rapporti tra la Tunisia e l’Italia si sono arricchiti grazie al dialogo interculturale, strumento di incontro, di scambi e di modernità.
Il docufilm ha messo inoltre in luce l’importanza della cultura e della lingua siciliana in Tunisia: all’Università la Manouba di Tunisi vi è un corso di Lingua e Cultura siciliana tenuto da Alfonso Campisi, dove le studentesse tunisine parlano in siciliano.
Qui la conferenza stampa di presentazione
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