Ci sono poche cose al mondo che sono conosciute praticamente da ogni abitante della Terra, anche per sentito dire: la coca cola, la pizza, Messi vs Cristiano Ronaldo e qualcun’altra. E tra queste molto probabilmente c’è Star Wars, Guerre Stellari, il kolossal cinematografico più grande e importante di tutti i tempi, un franchise che ha cambiato e sta cambiando diverse generazioni mondiali. Sapevate che moltissime delle scene di Guerre Stellari sono state girate in Tunisia? In modo particolare, ci sono due momenti in cui il Sud Tunisino è stato usato da George Lucas e dal suo team in modo molto approfondito: l’episodio 1, in cui molte scene sono state girate tra Ong Jmail, Medenine e dintorni, e l’episodio 4, con le zone di Djerba e Matmata grandi protagoniste, assieme ad alcuni scorci non lontani da Tozeur e Douz.
Nel dicembre 2017, durante il mio primo trasferimento in Tunisia per seguire un master universitario in diritto dell’immigrazione e mediazione interculturale, venne a trovarmi Edoardo, il mio migliore amico e grande fanatico di Guerre Stellari come me, anche forse più di me all’epoca. Prima di venire lui disse categoricamente che sarebbe sceso, a patto che io l’avessi portato a Ong Jmel a vedere il set di Guerre Stellari e all’anfiteatro di El Jem. Io cercai di convincerlo a estendere la sua permanenza di un ulteriore giorno, per poter dormire una notte nel deserto, ma non ci fu modo.
Dopo essere andato a prendere Edoardo in taxi all’aeroporto di Tunisi (un consiglio, se dovete prendere un taxi per andare dall’aeroporto al centro di Tunisi/altra destinazione, prendete il taxi di sopra alle partenze, non sotto dove ci sono gli arrivi, pagherete anche meno della metà), siamo andati a casa mia per poggiare lo zaino e uscire subito per fare un giro in Medina, dove abbiamo fatto il solito giro: terrazza panoramica, cafè mrabet per un the ai pinoli, Turbet El Bey, Rue Jemaa Ezzitouna, ingresso al cortile della Moschea Zitouna e bancarelle varie, con pranzo nel mio ristorante di fiducia introvabile nella medina. Dopo una lunga shisha, ci siamo recati a Sidi Bou Said con il taxi – all’epoca il costo da Place de la Victoire era di circa 10 dinari, ora almeno 20 in orario diurno, 30 in quello notturno – per vedere il tramonto e perderci nei vicoli del piccolo centro storico della città, fino a ritrovarci, un po’ a caso, a La Marsa, dopo una lunga camminata a piedi.
L’indomani ci svegliamo verso le 7 del mattino, taxi fino alla Gare du Bus in Bab Alioua e via verso Tozeur. Il bus ci è costato 30 dinari, poco meno di 10 euro, per un tragitto di circa 6-7 ore inclusa una sosta poco dopo Kairouan, dove mangiamo agnello e dove il mio amico Edoardo inizia a vivere i traumi delle teste di vacca appese ai ganci di ristoranti e macellerie a bordo strada. Ai tempi la Tunisia era il primo Paese fuori dall’Europa che avevo visitato, quindi pensai che l’usanza di appendere tagli di carne (e intere teste) di fuori fosse una cosa tipicamente tunisina, ma l’ho riscontrata in Marocco, Egitto, Sud Turchia, Libano, addirittura in un paio di posti negli Emirati Arabi. Arriviamo a Tozeur dopo un lungo viaggio in cui abbiamo saltellato come in una corsa campestre a causa dei sedili che volavano a ogni dosso, tant’è che a ogni sosta che facevamo sembrava una liberazione e scendevamo solo per controllare se avessimo ancora l’uso delle gambe.
L’arrivo a Tozeur arriva quando ormai era buio, e dopo una sosta al monoprix (ci eravamo entrambi dimenticati gli spazzolini) e una cena a base di makloub fritto dentro una pentola di olio che avrà avuto pressappoco la mia età e quella di Edoardo messa insieme, ci siamo recati nell’alloggio che avevamo trovato su Booking. Il signore che la gestiva parlava benissimo inglese, ma nel 2017 io ed Edoardo mettevamo insieme un livello A1 scarso, e quindi davanti a ogni sua proposta di escursione per l’indomani (per altro a prezzi ragionevoli, circa 40 euro a testa tutto) dicevamo prima di si e poi no con la testa. E’ stato un vero peccato, perché quella in fin dei conti è stata la nostra unica possibilità di poterci recare, anche se per poche ore, al festival del deserto di Douz, possibilità che non ho mai sfruttato finora.
Il giorno successivo ci siamo svegliati presto, in quanto il precedente giorno lo abbiamo usato per fare assolutamente niente, e quindi dovevamo assolutamente trovare il modo di raggiungere Mos Espa, il set di Guerre Stellari, che non avevamo ancora ben capito dove si trovasse. Dopo un caffè in medina con annesso narghilè, abbiamo iniziato a chiedere in giro per agenzie e passanti, ma tutti ci hanno detto di no con la testa, perché era troppo tardi e le escursioni erano già partite, o non c’erano abbastanza turisti e in due ci sarebbe venuto un botto, oppure ancora ci proponevano escursioni con la visita delle oasi nel deserto, ma noi avevamo poco tempo, volevamo vedere Mos Espa, rientrare in tardo pomeriggio e prendere un louage o un bus per Tunisi, in modo da salvare la giornata successiva e passarla in giro per escursioni o a El Jem.
All’improvviso mi viene l’idea più geniale e scontata del mondo: perché non aprire Google Maps? Premetto che nel 2017 avevo appena iniziato a viaggiare, e non ero ancora un nerd geografico che apre e chiude Google Maps salvando mete e cose da visitare che mai vedrò. Scopro che Mos Espa è più vicina a Nefta che a Tozeur. Fermiamo così un tassista, ignorando la vicina gare du louage (andavamo di fretta) e questo ci dice che ci porterà a Nefta per 30 dinari. Appena usciti dalla città si ferma e rimuove il segnalino con il numero sopra e la scritta taxi: scopro così per la prima volta che i taxi gialli non possono uscire dalla loro zona di competenza, e che quindi il tassista ci aveva fatto un favore.
Arriviamo a Nefta, che scopro essere una città con una forte tradizione sufi. Veniamo subito abbordati da un gruppo di tunisini che, in un inglese comprensibile, ci chiede se eravamo intenzionati a fare delle escursioni. Capendo subito l’andazzo, faccio segno a Edoardo di non rispondere e dire che eravamo venuti a fare un giro, ma non so come e con quale rapidità, in pochi secondi siamo sul loro pick-up, destinazione Mos Espa, con tanto di zaini dietro. Dopo averci caricati, i ragazzi iniziano a parlottare tra di loro in modo molto concitato, e in quel momento faccio cenno a Edoardo di scendere. Con molta nonchalance, scendiamo dal retro del pick-up (lo sportello era ancora abbassato), facciamo due tre passi tranquilli, poi quando capiamo di non esser visti, iniziamo a correre per le vie della medina di Nefta, a perdifiato, superando moschee, sale da the e abitazioni residenziali dai muri bassi. Per un istante abbiamo la sensazione che qualcuno ci stia urlando, ma non ci fermiamo, fino a quando arriviamo in una piazza e prendiamo fiato.
Perché lo abbiamo fatto? Nel 2017 ero un viaggiatore alle primissime armi, non capivo nulla né di francese né di arabo, e il mio inglese era pessimo. Quello era in assoluto il secondo viaggio in Tunisia senza qualcuno del posto, ed inoltre sentivo la responsabilità di Edoardo che mi aveva dato fiducia nell’organizzazione di questa travagliata spedizione. Inoltre, mi si è attivato un sesto senso, un campanello di pericolo: probabilmente non sarebbe successo nulla, al massimo avremmo fatto un giro a Mos Espa pagando una cifra spropositata, eppure ho avvertito qualcosa, oltre che a un forte fastidio nell’abbordarmi in quel modo quando avevamo detto che non eravamo interessati. Ci siamo sentiti “delle banconote con le gambe”, ed è una cosa che in 8 anni di Tunisia non mi è praticamente mai capitata. I tunisini sono gentili, è vero che a volte cercano di convincerti con le tariffe dei taxi e dentro i negozi a pagare un po’ di più, ma in Tunisia il no significa no (salvo rarissime occasioni). Credo ancora che quella sia stata una di quelle occasioni, e in tanti anni di Medio Oriente, solo un’altra volta mi è successo di non essermi sottratto a un giro non richiesto: è accaduto a maggio del 2018 a Fes in Marocco, ma la colpa non fu neanche mia.
Prima di iniziare a parlarvi, finalmente, di Mos Espa, vorrei concludere con una ulteriore raccomandazione: la Tunisia è un Paese straordinario, semplice, puro, autentico e relativamente poco turistico, specialmente il mio amato Sud. Ci sono però alcune situazioni e alcuni contesti che non bisogna sottovalutare. Siate decisi quando non volete fare una cosa, siate risoluti, fatevi vedere come delle persone che non sono polli da spennare e che avete la situazione sotto controllo, è chiaro che il momento di spaesamento capita a tutti, capita perfino a me, ma viaggiando col tempo capirete come e quando uscire da queste situazioni in cui 98 volte su 10 non succede nulla, anzi, vivrete pure cose belle e divertenti, ma c’è quel 2% che potrebbe rovinarvi il viaggio. Questo consiglio vale per ogni Paese, perfino in Italia, addirittura anche se siete italiani. Fiducia sì, ma anche sviluppo del sesto senso.
Dopo aver percorso rapidamente parte della Medina, rientriamo sulla strada principale ed Edoardo ha una intuizione: andare in un hotel abbastanza grande e chiedere se hanno escursioni. Ci rechiamo così al Dar Hi, un 4 stelle con vista superba sulla medina e sul grande palmeto della città. Tra una cosa e l’altra si sono fatte le 14, e quindi quando entriamo e chiediamo alla reception, ci viene detto che possiamo andare a Mos Espa alle ore 16:00, un autista ci verrà a prendere, ma che torneremo in hotel alle ore 18:45 circa, troppo tardi e troppo buio per poter rientrare a Tozeur e poi a Tunisi. In realtà si poteva fare benissimo, visto che alle ore 21 c’è un bus che parte da Tozeur e che arriva a Tunisi verso le 4 di notte, ma comunque abbiamo deciso di fidarci e di prenotare una stanza per la notte, al costo di 80 dinari a testa, 160 dinari in due, circa 60 euro, più 5 euro per la colazione e 10 per la cena.
Prendiamo possesso dell’alloggio, che a differenza della polverosa stanza del giorno prima, è una signora stanza, ampie vetrate panoramiche, terrazzo privato con vista oasi e palmeto, letto comodo, un design minimal e molto moderno. Ricontrollando ora i prezzi, il costo per una notte non è più di 60 euro in stanza doppia, ma partono dal doppio. Alle ore 16:00 comunque siamo pronti e ci incamminiamo per Mos Espa, finalmente, che in questa ultima parte di articolo proverò a descrivervi.
George Lucas ha costruito questo set nei pressi di Ong Jmel, la roccia a forma di cammello, meta ogni anno di escursioni e gite in 4×4 per turisti e tunisini, da cui si vede una sublime vista sul deserto e le oasi. Attualmente il set è ovviamente in disuso, e il deserto sta avanzando rapidamente, pertanto il governo tunisino sta cercando ogni anno di bloccare l’avanzata inesorabile della sabbia. Il tragitto dura una ventina di minuti, poi vediamo da lontano queste piccole costruzioni che sembrano trulli e capiamo di essere arrivati a destinazione. Il Sole è già basso sull’orizzonte, creando un effetto luce incredibilmente simile ai due soli del pianeta Tatooine. A proposito, George Lucas fu così impressionato e stimolato dal Sud tunisino che prese spunto dalla città di Tataouine per dare appunto il nome al pianeta, così come molti degli abiti usati dai jedi e dagli abitanti dei vari pianeti sono ispirati proprio dagli usi e costumi locali.
La gita a Mos Espa dura un paio d’ore, durante la quale giriamo liberamente per il set, entrando e uscendo dalle casupole con tetto a cupola per vedere gli interni e gli esterni. Edoardo infatti è uno scenografo che ha lavorato anche a produzioni importanti, e con il suo occhio attento ed allenato scandaglia tutte le costruzioni e le impalcature, forse prendendo anche spunto per qualche suo futuro lavoro. Il set non è molto grande, lo si gira tutto in 5 minuti a piedi, ma per noi due che siamo dei veri cultori della serie, due ore sono appena sufficienti. All’interno dell’area del set si trovano alcune antenne in legno, che dovevano dare l’effetto rustico ma al tempo stesso tecnologico a una zona periferica della Galassia, e alcune persone che hanno stand e vendono rose del deserto e qualche souvenir. Un venditore, con uno dei due occhi sempre chiusi, tenta di vendermi una rosa del deserto piccolina a 30 dinari, 10 euro, senza sapere che io le avevo pagate 3 dinari a Chenini, grandi 10 volte tanto. Dopo un’ora un tizio esce fuori da una delle costruzioni, aveva il fuoco acceso e ci offre un bicchierino di the alla menta, poi ci chiede se vogliamo fare una foto “particolare”. Incuriositi, diciamo di sì e ci tira fuori da non so dove una volpe del deserto, legata a una corda e dall’aria molto assonnata, forse rassegnata. Scommetto che se gli venisse tolta la corda, la volpe del deserto riacquisterebbe in breve tempo tutta la sua vitalità e fuggirebbe via.
Mentre Edoardo stava girando tra archi, deumidificatori in legno, costruzioni e set scenici, io sono stato agganciato da un altro venditore che mi offre un giro in cammello. Era una cosa che sognavo di fare da una vita e accetto, mi chiede 10 dinari, circa 3 euro e 30, per un giro di 5 minuti con foto annesse, che scatta tutte col dito davanti all’obiettivo. E’ stata la prima e unica volta in vita mia in cui sono salito su un cammello senza vederne le condizioni, ora è una cosa che non faccio più volentieri e suggerisco a chiunque stia leggendo di tenere a mente l’aspetto etico.
L’ultima mezz’ora la passiamo in cima a una duna di sabbia. Sotto, dove si trova il set, l’aria è calma, ma appena siamo saliti di qualche metro siamo stati travolti da un’autentica bufera di vento. La sabbia veniva spostata dal vento, creando le classiche ondulazioni e pieghe tipiche delle dune sahariane, un effetto incredibile che ho osservato per dieci minuti senza distogliere lo sguardo. Mentre il nostro autista, scadute le due ore concordate, ci suonava e ci faceva gesti con le mani di scendere, io ed Edoardo ci facciamo qualche foto in quella che resta l’avventura più pazza, disorganizzata e divertente mai fatta in 16 anni che ci conosciamo. Abbiamo realizzato entrambi un sogno, e io mi sono sentito fiero di aver condiviso questo momento magico con il mio migliore amico, e non con i miei compagni di corso, con i quali eravamo ai ferri corti e non avrei voluto condividere neanche più la casa. Rabbrividisco al pensiero di aver avuto la possibilità di scendere a Tozeur e visitare Mos Espa con le “persone sbagliate”, vale a dire con coloro che non si meritano di entrare nei vostri bei ricordi, e qui chiudo l’articolo: scegliete con cura le persone con cui condividere i bei ricordi, perché assocerete per tutta la vita quei ricordi a quelle persone, e se lo fate con le persone che non se lo meritano, anche il posto più bello del mondo potrebbe diventare orribile.
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