« Prima della Rivoluzione del 2011, l’economia tunisina era in mano a delle famiglie vicine a Ben Ali. Ben Ali era una sorta di arbitro, che le controllava e decideva chi far lavorare e chi no. C’è stata una crescita economica in quegli anni, ma la ricchezza non è stata ripartita in maniera equa. Con la Rivoluzione, Ben Ali se n’è andato, ma non questo sistema di controllo e monopolio economico ». Houssem è tra i membri di Alert, un collettivo di tunisini che si sono posti un unico obiettivo : denunciare gli abusi del sistema economico tunisino, definito dell’economia di rendita, attraverso una sensibilizzazione dei cittadini comuni e un coordinamento con le istituzioni dello Stato. Alert significa infatti Associazione di Lotta contro l’Economia di Rendita in Tunisia.
« Si tratta di un sistema economico basato su dei privileg, che mette i freni alla concorrenza : in ogni settore ci sono due o tre persone che esercitano il controllo e che decidono chi può entrare o meno, con il beneplacito dello Stato ». Un sistema di monopolio mafioso dove, mentre il potere d’acquisto del cittadino comune si deteriora sempre più, la ricchezza di queste famiglie che monopolizzano determinati settori, aumenta sempre più, a discapito della concorrenza, dell’innovazione e dello sviluppo sociale. Famiglie che esercitano i propri privilegi grazie anche alle relazioni che intessono e al beneplacito dello Stato. Anche il potente sindacato rientra in questo sistema. E il popolo tunisino, negli anni, si è sollevato contro questo sistema : « Nel 2008 a Redeyef la collera popolare non era rivolta contro il regime o i partiti politici, ma contro il sindacato Ugtt : c’era una campagna di assunzione da parte del gruppo di Gafsa, sarebbero state assunte 200/300 persone attraverso un concorso pubblico, ma furono assunte solo le persone vicine al sindacato e ciò scatenò la rabbia popolare ».
Il collettivo, senza nessuna struttura gerarchica né finanziamenti, sta portando avanti diverse iniziative. Una pedagogica : attraverso dei semplici video in lingua tunisina, spiega al cittadino comune come questo sistema influenzi la sua vita, dal costo dei prodotti quotidiani, all’accesso ai servizi bancari e così via. In secondo luogo, con denunce sporte al Tribunale e alla Corte dei Conti, quando si imbattono in questi cartelli mafiosi, cercando di combattere il sistema attraverso il sistema stesso. Cercano poi di fare pressione, prima ai politici – pre 25 luglio e prima che Saied congelasse e sciogliesse il Parlamento -, ora alle ambasciate e alle strutture che si occupano dei finanziamenti stranieri. Ultimo ma non meno importante, fare esplodere il sistema dall’interno, cercando di infiltrarsi per farlo crollare. « Siamo circa 850 persone al momento – continua Houssem –, dai 17 ai 77 anni, chi vive in Tunisia, chi in Italia, Francia, Germania e Belgio, sia uomini che donne, dal giurista, all’economista, al giornalista, al disoccupato, all’architetto o allo sportivo ».
Per Houssem, i problemi di stock di farina e semola che negli ultimi mesi si sono verificati maggiormente a seguito della guerra in Ucraina non devono sorprendere : « La crisi economica e sanitaria degli ultimi anni ha accellerato gli effetti di questa economia, ma ciò che è successo è la conseguenza diretta di come è strutturato il sistema : non è una sorpresa, ma un esito logico. Avevamo messo in guardia chi di dovere sull’aumento dell’inflazione, sulla concorrenza estera, sulla penuria di determinati beni. Abbiamo analizzato 46 sottosettori economici in un anno, evidenziandone i problemi e proponendo dei cambiamenti ». Per quanto riguarda la « crisi del grano », Houssem sottolinea la presenza di una politica statale austera ed ostile nei confronti degli agricoltori tunisini : « Non ci sono grandi aiuti e per questo motivo il numero degli agricoltori diminuisce sempre più. Lo scorso anno sono andati persi 400 mila ettari di terreno destinati alla produzione di cereali. Senza contare il monopolio da parte dello Stato e dell’Ufficio dei Cereali, un’istituzione di rendita per eccellenza, che è sempre meno capace di partecipare alle offerte sul mercato e per farlo deve indebitarsi presso le banche pubbliche ». Inoltre l’instabilità politica dal 2019 ad oggi non è stata d’aiuto : « Gli stranieri non hanno più fiducia nella Tunisia e vogliono che si paghi prima di ricevere la merce. Per questo, ad esempio, ci sono state navi cariche di grano ferme per 5/6 settimane al porto, con pagamento di un 15 mila dollari per ogni giorno di fermo, conseguente aumento del prezzo e un circolo vizioso di ritardi nell’approvvigionamento e penuria nei mercati. La merce viene data per lo più al cartello, si trasforma in pasta e viene esportata ».
I problemi di approvvigionamento di farina e semola, per Houssem, continueranno ad esserci nei prossimi mesi : « Il conflitto tra la Russia e l’Ucraina ha portato a una penuria del grano sul piano mondiale. Ma quando, come la Tunisia, sei in recessione, sei tra gli ultimi della lista come acquirente. Questa situazione peggiorerà : a giugno e luglio lo Stato riuscirà a importare la quantità necessaria, ma ci saranno sempre ritardi nell’approvvigionamento, scarsa qualità e sempre due o tre settimane di penuria dei prodotti sovvenzionati dallo Stato ogni mese. L’anno prossimo la situazione sarà più difficile, poiché la Tunisia dovrà pagare i debiti esteri ». Tra i prodotti non sovvenzionati dallo Stato tunisino, ma per il quale quest’ultimo vuole fissare il prezzo finale, rientrano la carne di pollo e le uova : « Ciò causerà una distorsione nel mercato e il produttore tunisino sarà costretto a vendere sottocosto : quando il Ministero del Commercio fissa il prezzo, il produttore non guadagna ».
Alcuni esempi di questo sistema di monopolio economico: « Per quanto riguarda i trasporti, se qualcuno possiede un camion, può effettuarli, ma se vuole creare un’impresa, deve avere 18 camion, quando in altri Paesi ne bastano due o tre. Non a caso l’azienda che ha questo numero esatto di camion è quella che monopolizza il settore della logistica. Si effettua dunque una barriera all’entrata per evitare qualsiasi forma di concorrenza. O ancora, per esportare i datteri, bisogna avere un certificato di attitudine al commercio da parte del Gruppo interprofessionale dei datteri, composto dai tre principali esportatori di datteri : praticamente il tuo concorrente decide se tu hai il diritto o meno di esportare il tuo prodotto. Dal 1981 c’è una sola impresa che può importare e trasformare il cartone. C’è anche chi ha dei privilegi dal punto di vista fiscale e della dogana: c’è una sola impresa che importa il cioccolato e grazie ai biscotti al cioccolato venduti attraverso più marche, sono azionari in banca. O ancora, il settore delle macchine : in Tunisia ogni marca ha una sola famiglia che può importarla e venderla ed è anche per questo che il costo di una macchina nel Paese è tra i più cari al mondo ».
Un sistema che va a influire anche sul potere d’acquisto dei cittadini : « La Tunisia è produttrice e consumatrice del pomodoro concentrato. Prima lo Stato fissava il prezzo, poi nel 2014 il Ministero del Commercio ha dato il potere di regolamentazione all’Utica (Unione Tunisina dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, ndr) e i produttori hanno deciso di agire in cartelli, aumentando il prezzo del 17% e cambiando il formato. Dal 2014 ad oggi, il prezzo è aumentato del 120%. Dando il potere di regolamentazione al cartello, nessuno può controllarlo ». E, nonostante i tentativi di Kais Saied di lottare contro la corruzione e la speculazione, gli sforzi non bastano : « Lo Stato combatte i distributori, ma focalizzarsi qui non è efficace, bisogna toccare produttori e importatori, sono loro che hanno il vero monopolio. Se si ha una tonnellata di farina o di grano, non cambia nulla : il problema è che si ha una sola tonnellata e non 100. L’establishment politico non tocca i settori più alti. Riesce a far rispettare le leggi ai piccoli distributori, ma il problema persiste, non si risolve ».
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