Il 28 giugno i tunisini ye7taflu bi el-3id el-kbir “ festeggiano la festa grande ”, così chiamata per distinguerla dalla festa piccola, che segna la fine del Ramadan. Il 3id el-kbir è anche conosciuto come 3id el-Adhha “festa del sacrificio” in cui le “vittime” sacrificali sono dette dha7aya. Il sacrificio ricorda l’estrema devozione a Dio di uno dei maggiori profeti dell’Islam, Ibrahim (Abramo), che per via della sua fede fu autorizzato a non immolare il figlio e a sostituirlo con un animale sacrificale.
Se vi è capitato di trovarvi un paese musulmano in questo giorno, saprete che le vittime sono gli 3alelesh, plurale della parola 3allush “montone”, che è una delle carni alla base della dieta tunisina, e forse anche la più amata. Tuttavia, c’è anche chi sacrifica un kebsh “montone adulto” o una ma3za “capra” e raramente un bershni “agnello”, parola di origine berbera. La tradizione vuole che ogni nucleo familiare abbia il suo montone da sacrificare, ma il prezzo di questi animali è elevato anche a causa di sum el-3alfa “prezzo del fieno” e non tutti riescono a procurarseli, per non parlare delle difficoltà legate alla macellazione in situazioni abitative difficili, specialmente nelle grandi città. Per questo io preferisco passare questa giornata fi er-rif “in campagna”
Lo “sgozzamento” dhab7an tocca al capofamiglia o a uno degli uomini della famiglia (che non sia mancino!). Parlando di ciò, i tunisini spesso domandano “chkun yedhba7lek? “chi viene a sgozzarti [il montone]?”; infatti la vittima sacrificale è anche definita dhbi7a, “quella che viene sgozzata”. Molti invece attendono l’arrivo del jazzar “macellaio”, con il quale si prende appuntamento in anticipo. Di solito alle donne spetta poi l’arduo compito della pulizia delle carni, ma dipende dalle famiglie. Una delle più invise e allo stesso tempo rispettate e ammirate arti della pulizia della bestia è la pulizia della dawara “interiora”, alle quali, per ovvi motivi, bisogna fare particolare attenzione. Con queste si faranno poi, tra le pietanze più celebri, le “salsicce” merguez e gli 3osben, palline di“stomaco ripieno” che vengono cotte nella salsa del couscous.
Esiste un vecchio proverbio tunisino che recita illi mata3refsh teghsel ed-dawwara, mekhdhetha li weld en-ness 5sara che significa “ è un peccato dare in moglie a un brav’uomo una che non sa pulire la dawara”. Tuttavia oggi molte giovani non si lanciano più in questa pratica, lasciata a professionisti, così come le “pelli” julud vengono spesso e volentieri gettate nell’immondizia e poi raccolte dagli spazzini comunali, invece di essere fatte seccare al sole ed essere usate come tappetini. Un’altra cosa che viene fatta seccare al sole è il qaddid, pezzi di carne ricoperti di spezie e poi conservati per preparare piatti invernali.
Il giorno dell’ Aid nell’aria aleggia l’odore del meshui “carne grigliata” sul kanun “braciere” di coccio o sulla shaweya “griglia”, i bambini giocano in strada con i qrun “le corna” del montone installate sopra dei bastoni e i ragazzini si danno al tashwit er-ras “ abbrustolimento della testa” agli angoli delle strade. Tutti si fanno gli auguri con le frasi tipiche di ogni festa : 3idkom mabrouk “ che la vostra festa sia benedetta” o 3idkom mubarak, sinin deima “anni perenni”, una sorta di lunga vita a voi, inchallah koll 3am u enti hay bi khir “che Dio ti preservi ogni anno in vita e in salute”.
3idkom mabrouk e raccontateci come passerete questa festa!
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