Ramzi Harrabi, da diversi anni in Italia, selezionato come membro dell’Irie (Istanza regionale indipendente per le elezioni tunisine) per le ultime tre elezioni, commenta quanto successo in Tunisia il 25 luglio 2021 (qui un articolo che riassume quella giornata).
« Penso che la democrazia tunisina abbia perso un po’ la traiettoria, il suo spirito rivoluzionario. Come in Italia Mani Pulite aveva scoperchiato un cancro che affliggeva il Paese, così sta succedendo in Tunisia ; la differenza sta nel fatto che in Italia il tutto era guidato dalla Magistratura, mentre in questo caso è la presidenza tunisina. Il presidente Kais Saied ha capito che bisognava ricorrere all’articolo 80 della Costituzione perché c’è molta corruzione e molto malessere pubblico, una situazione accentuata dalla pandemia e dal conflitto interno. E’ come una sorta di reset, che darà il via a un nuovo cammino.
La mossa è stata rischiosa : poteva trascinare il Paese in una guerra civile, ma era necessaria per dare una boccata d’aria al popolo tunisino. La cosiddetta primavera araba ha insegnato che le persone dopo qualche mese si pentono di ciò che è avvenuto. In Tunisia abbiamo cambiato pagina, ma spesso abbiamo riscritto di nuovo i capitoli precedenti : si sono consolidate le lobbies, gli interessi dei partiti e non del popolo, come accade in tutte le democrazie.
Il Presidente ha utilizzato l’articolo 80 della Costituzione in maniera poco pratica ? Molto rischiosa ? Può darsi, ma così facendo ha risposto a uina richiesta del popolo tunisino e ne ha cambiato l’umore, dato che era depresso e pieno di rabbia. Questa mossa avrebbe potuto trascinare ancora di più il popolo verso la rabbia, ma ha salvato il Parlamento, che altrimenti sarebbe stato trascinato da questa rabbia. Il Presidente ha fatto una scelta patriottica, responsabile, autorevole o autoritaria, ma ha salvato dall’epilogo di episodi di violenza contro i membri del Parlamento.
Penso che si dovrebbero anticipare le elezioni, previste nel 2024 (si svolgono ogni cinque anni, ndr). La Costituzione non prevede lo scioglimento del Parlamento, congelandolo torneranno ancora le persone che ricoprono attualmente le cariche. Bisogna ridare la parola al popolo attraverso le urne. L’Isie, con tutte le sue criticità, gode della massima fiducia del popolo tunisino e saprà gestire il tutto come sempre.
Penso che non ci sia nulla di male nel fare un passo indietro, cercando la strada di un dialogo nazionale. In questo ultimo periodo si sono lette molte posizioni, pro o contro ciò che è successo, dettate dalla propria appartenza politica. La Cosituzione lo ha permesso, può essere una forzatura, ma un colpo di stato avrebbe un altro scenario. Ora bisogna aspettare i trenta giorni previsti e vedere le mosse politiche che seguiranno.
Chi fa politica deve nutrire la massa, non con il cibo, ma con progetti ben fatti, con vedute futuristiche ben collaudate, una progettazione funzionale, se si dà la parola bisogna mantenerla, affiancare i fatti. Il popolo tunisino, con la caduta di Ben Ali, ha colonizzato lo spazio pubblico. Quell’epoca è ormai finita : nessun dittatore o partito politico può togliere questo aspetto. Anche i social network, la piazza virtuale, hanno aiutato nell’impatto degli eventi »
© Riproduzione riservata