Il 25 luglio 2022 in Tunisia il popolo è stato chiamato alle urne per un Referendum per esprimersi, barrando la casella del sì o del no, sulla proposta della nuova Costituzione tunisina portata avanti dal presidente Kais Saied. A un anno di distanza dall’approvazione della nuova Costituzione, ne parliamo con Tania Groppi, professoressa ordinaria di Diritto pubblico all’Università di Siena.
La Costituzione del 2014 è stata considerata una buona Costituzione, in tema di garanzia dei diritti e anche di assetto istituzionale, anche se presentava delle debolezze. Cosa cambia invece, con questa nuova Costituzione?
Prima di analizzare la nuova Costituzione dal punto di vista dei contenuti, farei un passo indietro, ricordando il processo che ha portato ad essa. A differenza della Costituzione del 2014, che fu il prodotto di un processo costituente partecipato, sia dalle forze politiche che dalla società civile, che aveva fatto sentire la propria voce, la Costituzione attuale è il prodotto di un uomo solo, del Presidente stesso. In questo modo si ha una rottura costituzionale: la costituzione è il prodotto di una sorta di colpo di Stato di tipo nuovo, non realizzato attraverso l’utilizzo dell’esercito e dei carri armati, ma attraverso il diritto, tramite decreti presidenziali che hanno dato vita a un nuovo assetto costituzionale: già a partire dal 25 luglio 2021 Saied si era appoggiato all’articolo 80 della costituzione del 2014, sui poteri di emergenza, per congelare il Parlamento.
La nuova Costituzione è stata prodotta attraverso un procedimento assai anomalo, posto in essere attraverso l’uso dei poteri presidenziali di emergenza: c’è stata una consultazione on – line, con domande molto generiche, a cui ha partecipato solo il 4% degli aventi diritto al voto. Poi il presidente Kais Saied ha nominato una Commissione ad hoc, con una sottocommissione di giuristi: avrebbero dovuto farne parte tutti i presidi delle Facoltà di Giurisprudenza, ma si sono rifiutati. Solo Sadok Belaid ha accettato, per dimettersi però dopo poco. E’ stato messo a punto e pubblicato un testo il 1 luglio 2022, e solo pochi giorni più tardi, l’8 luglio, è stato pubblicato un testo modificato, che ha posto rimedio alle criticità più gravi: ad esempio si era tolto il diritto al giusto processo, per le elezioni presidenziali era previsto un turno unico, non vi era il principio di proporzionalità per la limitazione dei diritti. Dopo questo processo di scrittura della Costituzione avvenuto nel segreto, il Referendum del 25 luglio, a cui ha partecipato il 30% degli aventi diritto, è stato puramente ratificatorio, facendo sì che si tratti di una Costituzione autoritaria nel suo processo produttivo, avvenuto senza alcuna partecipazione dei partiti politici e della società civile. Come sono lontani i negoziati, gli scontri, i compromessi che si erano svolti dal 2011 al 2014 e avevano portato all’approvazione della Costituzione democratica!.
A livello di contenuti, invece, cosa cambia con la nuova Costituzione?
A livello di contenuti, bisogna distinguere due tematiche: i diritti e l’organizzazione dei poteri. Con qualche eccezione, la parte dei diritti non è stata pesantemente modificata rispetto alla Costituzione del 2014. C’è la questione aperta, molto dubbia, riguardante la religione, tema delicato sul quale nel 2014 era stato raggiunto con grande difficoltà un compromesso. Qui invece il nuovo testo apre a una situazione di ambiguità tale che potrebbe essere un’apertura a ciò che si era evitato nel 2014, ossia la Sharia come fonte del diritto. Nel 2013 i costituenti dei partiti laici si erano accampati di fronte al Bardo in segno di protesta e poi, grazie all’intervento del Quartetto, si era arrivati a un compromesso. Nella nuova Costituzione, il riferimento alla Sharia come fonte del diritto non è esplicito, ma c’è una formulazione che potrebbe aprire la strada a ciò.
Per quanto riguarda invece la parte dell’organizzazione dei poteri, è lì che Kais Saied voleva mettere le mani. Infatti, a partire dal 25 luglio 2021 ha sospeso e poi sciolto l’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo (Il Parlamento tunisino, ndr), preso il controllo del Pubblico Ministero, sciolto il Consiglio della Magistratura. Ha realizzato il suo piano istituzionale autoritario attaccando le istituzioni garanzia una tendenza assai comune nel mondo dei nuovi autoritarismi: si pensi ad Erdogan, Orban, Duda. Mentre nei vecchi autoritarismi, come con Hitler, Mussolini, Pinochet, si eliminavano anche i diritti, i nuovi autoritarismi li mantengono, ma neutralizzano i garanti, il potere giudiziario indipendente, prendendone il controllo. Quanto alla Corte Costituzionale, al centro degli attacchi dei nuovi autoritarismi, in Tunisia non era stata creata nel Post Rivoluzione, ma nel testo del 2014 aveva un ruolo a guardia delle derive del potere, mentre nel testo del 2022 le sue competenze sono state ridotte. Saied ha creato una concentrazione di potere nell’esecutivo, un iper presidenzialismo che vanifica la dialettica democratica. Tra l’altro, il dualismo Presidente/governo, presente nella Costituzione del 2014 e all’origine della dichiarazione di emergenza del 2021, è risolto mettendo il consiglio dei ministri alle dipendenze del Presidente. In questo modo il Presidente non ha nessuno che gli pone dei limiti: né il Parlamento, né il governo, né la Magistratura, né la Corte costituzionale.
In conclusione, si tratta di una Costituzione autoritaria, secondo la tendenza dei nuovi autoritarismi del XXIesimo secolo. Sono Costituzioni che contengono i diritti, in modo che si possano sempre difendere dall’accusa di autoritarismo, una sorta di “Human Rights washing”, ma essi sono vanificati dalla concentrazione di poteri nelle mani di una sola persona. Mi domando perché nessuno, in Tunisia, si sia davvero opposto: non c’è mai stata una vera opposizione, né da parte di Ennahda, né da parte della sinistra tunisina. Come è stato possibile, un intero anno senza opposizioni significative? Dov’è finita quella società civile così attiva? Anche a livello internazionale, dove sono le organizzazioni che hanno sostenuto il processo democratico? Come è stato possibile passare in pochi anni dalle grandi speranze che si erano accese intorno alla Costituzione del 2014 a questo tipo di situazione, in cui abbiamo un regime autoritario? Sembra che la società tunisina, in contesto socio- economico molto difficile, preferisca il noto, un regime autoritario incentrato su un uomo forte, a un nuovo salto nel buio.
Tania Groppi è professoressa ordinaria di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Siena, dove insegna anche Gender Equality Law e Comparative Law. Ha svolto attività di Institution building nell’ambito di progetti della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, del Ministero degli Affari Esteri, della Regione Toscana, di Democracy Reporting International in Iraq, Repubblica democratica del Congo, Kazakistan, Kyrgyzstan, Armenia, Georgia, Azerbaijan, Tunisia. Ha curato con Irene Spigno “Tunisia. La primavera della Costituzione” (Carocci, 2015). Il suo volume più recente è “Oltre le gerarchie. In difesa del costituzionalismo sociale”, Laterza, 2021.
Qui un podcast in cui si parla di Tunisia, a cura di Tania Groppi
Qui il reportage dai seggi di Tunisi sul Referendum del 25 luglio 2022
Qui un articolo sulla nuova Costituzione con focus sul potere locale
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