Ci sono momenti particolari che in un viaggio possono capitare al momento giusto e condizionare il resto della tua vita, sia come persona che come viaggiatore. Uno di questi spartiacque, uno di quei momenti che mi ha cambiato per sempre, è stato esattamente il 28 ottobre 2017, quando di rientro da un pranzo nella bellissima La Goulette ho deciso, assieme ai miei compagni di corso, di tuffarmi per la prima volta nella medina di Tunisi. Dopo una prima giornata di ambientamento a Tunisi, passata alla ricerca di un nuovo alloggio (quello che avevamo preso in affitto, con tanto di cauzione del 50% sul primo mese, non era di nostro gradimento), il secondo giorno ci alzammo di buon mattino, con lo scopo di assaporare al meglio queste sensazioni tunisine, un Paese che avevo sognato per un anno intero della mia vita e che ora, per la prima volta, era realtà.
Dopo aver trascorso un anno a preparare il bando per partecipare ad un master non universitario in diritto dell’immigrazione e mediazione interculturale, Tunisi e la Tunisia si stendevano davanti ai miei occhi: dal balcone della nostra casa al Berge du Lac1, la città si vedeva nitidamente dietro al lago, riuscendo anche ad individuare i grattacieli attorno ad Avenue Bourguiba e la punta del minareto della moschea Zitouna, nel cuore della medina. Spalancai le finestre, nel tentativo di inspirare più aria tunisina possibile, facendo però entrare più di una zanzara. Dopo una ricca colazione mista tra prodotti italiani e tunisini (nella serata precedente avevamo fatto un salto ad un vicino supermercato ed avevamo comprato Halwa Chemia, datteri e formaggio di capra di due tipi, uno pieno di filamenti e uno che assomigliava al nostro primosale), eravamo pronti per scendere in strada, fermare un taxi con la luce verde accesa (che in Tunisia significa “taxi disponibile”) e recarci in zona La Marsa/La Goulette, dove ci saremmo congiunti con le altre ragazze colleghe del nostro master non universitario che sarebbe iniziato ai primi di novembre, in quanto loro avevano trovato alloggio in una zona diversa dalla nostra.
Il tragitto avviene in una Tunisi tranquilla e sotto un bel Sole di fine ottobre, dandoci subito sensazioni positive e accendendo il cielo con un colore azzurro acceso. La Tunisia in primavera ed estate viene spesso sferzata da forti correnti da Sud che tendono ad ingiallire l’aria a causa della sabbia del deserto, ma noi siamo fortunati: il nostro impatto meteorologico con la Tunisia è sotto un bellissimo Sole e una temperatura di circa 26-27 gradi, le condizioni meteorologiche perfette. Arriviamo a La Goulette e troviamo posto in uno dei primissimi ristoranti subito dopo la rotonda, con un signore affabile che ci accoglie cantando ed esponendoci il menu in arabo-tunisino (con noi tre ragazze italo-tunisine che ci aiutano nelle varie domande e traduzioni). Il menu prevede, al costo di 15 dinari, circa 5 euro, orata o spigola alla brace con patate, chorba e un antipasto a base di gamberi, patatine, cozze vongole e un brik a testa. Il pranzo procede bene e usciamo sazi e barcollanti per via della pancia piena, perplessi per il costo particolarmente basso, visto che un pranzo simile in Italia sarebbe costato come minimo una trentina di euro, ma essendo appena arrivati in Tunisia, ci dovevamo ancora render conto del rapporto qualità-prezzo tunisino e dei costi rapportati con il loro stipendio (aggiornamento al 2024: il ristorante in questione ha chiuso, e ora per davvero un pranzo simile a La Goulette costa quasi come in Italia, sui 20 euro minimo).
Dopo una passeggiata con annesso the ai pinoli in riva al mare arriva l’illuminazione: perché non recarci in medina a Tunisi e fare il primo vero assaggio tunisino in grande stile? Non c’è un minuto da perdere: dalla spiaggia, e ancora con la pancia piena, torniamo sui nostri passi e ci mettiamo ad aspettare un louage o un taxi. Ci sono vari modi per arrivare a La Goulette, La Marsa o Sidi Bou Said: il più comodo è senza dubbio il taxi privato, i cui costi sono molto lievitati nel giro degli ultimi anni, poi c’è il TGM, il treno che da Avenue Bourguiba porta fino al capolinea de La Marsa, e infine i taxi Jami3ai, ovvero dei louage di colore giallo che fanno le tratte locali, prendendo e lasciando i passeggeri a loro richiesta lungo il percorso prestabilito. Con l’aiuto delle ragazze italo-tunisine, optiamo per questa soluzione, e nel giro di una quindicina di minuti passiamo dalla piacevole La Goulette, con i suoi eleganti cafè in stile francese, vittoriano e molte insegne di negozi in italiano, alla trafficata Avenue Bourguiba e la sua grande Piazza dell’Orologio.
Lo sbalzo tra la tranquilla La Goulette e il cuore pulsante di Tunisi è abbastanza netto, poiché appena scendiamo veniamo catapultati in uno spiazzale dove auto e motorini eseguono varie peripezie pur di guadagnare pochi metri, e dove le persone passano in ogni anfratto possibile. Accanto a noi qualche mendicante, un venditore di giornali dalla folta barba bianca e due signori che sono seduti a un tavolo, fumano la shisha e giocando a dama proprio sul ciglio della strada, come se quella fosse la cosa più naturale del mondo. Superiamo la Piazza dell’Orologio (che qui chiamano Monguela) e ci sbrighiamo a percorrere il lungo vialone alberato, Avenue Bourguiba, passando davanti ad altri eleganti caffè in stile euopeo, il bellissimo teatro centrale, la Cattedrale e la scritta I love Tunisi, proprio davanti all’ambasciata francese. La via è molto lunga e piena di vita e di persone che sono qui a passeggiare, intente a godersi la vita con un pizzico di spensieratezza e a guardare le vetrine di qualche negozio di vestiti europei, borse e scarpe con il tacco.
Camminiamo fino ad entrare in una zona di Avenue Bourguiba più ristretta, poco dopo l’Ambasciata Francese: ai nostri lati gli edifici si fanno più fitti, con ai loro piedi dei lunghi colonnati dove le persone si affollano attorno a qualche bancarella e attorno ai cambi di monete, con gli addetti al cambio che urlano il valore del cambio dollaro/euro-dinaro tunisino. La fisionomia delle persone cambia in modo netto: se prima avevamo ragazzi, coppie e famiglie che vestivano all’europea, più ci avviciniamo alla “Porta del Mare”, ovvero all’inizio della medina, più iniziano a comparire donne con il velo, anziani e persone che hanno indosso abiti leggermente più datati. Non passano molti minuti che ci troviamo davanti all’ingresso della medina, essendo arrivati a Piazza della Vittoria, con una grande fontana danzante al centro e un paio di grandi eleganti alberghi all’inizio di quella che sembra una strada oscura.
Siamo diretti proprio nel cuore della medina, il cui punto di accesso è strapieno di persone. Sopra ci sono dei tendoni che, per effetto del gioco di luci, gettano un filo d’ombra sui primi gradini dell’ingresso e illuminano i granelli di polvere in sopraffusione, dando l’idea che sto per entrare in un’altra dimensione. Le aspettative sono altissime: ho letto e sentito tante storie delle medine del Nord Africa e delle città del Mashreq (il cosiddetto Medio Oriente, la regione che comprende Palestina, Libano, Siria, Iraq, Kuwait e Giordania), ma mai mi ero addentrato in una città araba vera e propria, con le sue moschee e i suoi mercati e stradine, tipiche di alcuni centri storici di Puglia e Sicilia.
Dopo un paio di foto e un giro panoramico della Piazza della Vittoria e della Porta del Mare, siamo pronti per entrare. La prima sensazione è quella di meraviglia e stupore, rimango abbagliato dalla bellezza dei dettagli, dagli intarsi di legno, dalle vecchie abitazioni restaurate (specialmente una a forma di torre, con al di sotto una grande arcata da cui si passa per la strada principale, che si chiama Rue Jemaa Ezzitouna) e dai lastroni di pietra che percorriamo, passo dopo passo, spinta dopo spinta, in direzione della Moschea Zitouna, che si trova proprio nel punto centrale della medina, a metà strada tra Piazza della Kasbah, dove si trova il municipio e alcuni ministeri, e appunto Piazza della Vittoria, da cui entrano la maggior parte dei turisti che vogliono visitare la medina.
La prima parte della strada lastricata nota con il nome di Rue Jemaa Ezzitouna è contornata da negozi più o meno turistici che via via iniziano ad essere alla lunga un po’ ripetitivi: venditori di babouche, cappelli, sandali, specchi e calamite si alternano ad orafi e mercanti intenti a lavorare a piattini in ceramica e rame, incidendo il nome del futuro proprietario o sistemando gli scaffali. A intervalli regolari si trovano delle piccole perle nascoste come delle sale da the strettissime, nella quale dentro c’è posto per appena 4 o 5 persone e per il macchinario che riscalda l’acqua per il the, ma anche portoni, insegne storiche e viette strette che decidiamo di non prendere, in quanto orientarsi nella medina non è difficile (basta seguire la strada principale e si esce dall’altro lato), ma è comunque facile perdersi nel labirinto di vie laterali. A chi visita la medina di Tunisi per la prima volta consiglio di fare lo stesso giro, ovvero da Place de la Victoire alla Moschea Zitouna, con sosta al Café Panorama e fine del giro a Place de la Kasba o a Rue di Pacha, una delle vie più belle nella zona ovest della medina tunisina, e solo dopo due o tre giri a prendere dimestichezza, iniziare a visitare le aree laterali per comprendere al meglio l’orientamento.
Superiamo una serie di porte e portoni in legno con intarsi e decorazioni in ferro battuto, uno dei simboli della Tunisia nel mondo, fino ad arrivare prima in un punto dove si vendono biscotti e dolci, tra cui i makroud, poi sotto un lungo corridoio dove si affollano banche e sale da the, fino ad arrivare al Piazzale antistante la Moschea Zitouna. Detta Moschea dell’Ulivo, la Moschea Zitouna è accessibile solo da persone di fede islamica, ma se vedete il custode e fate presente che siete interessati ad accedere al grande cortile interno, ed eventualmente affacciarvi nella sala preghiera, vi faranno entrare con il sorriso. Appena arrivati davanti alla Moschea Zitouna noterete una scalinata che conduce a uno dei vari accessi (qui troverete anche alcune guide, che abbiamo soprannominato “gli acchiappini”, perché vi proporranno di farvi fare un giro nella medina e infine nei negozi di amici e parenti per fare spesa di spezie e profumi), mentre per vedere il resto della moschea e del minareto dovrete andare in un punto panoramico, oppure nella scenografica Rue Sidi Ben Arous, da cui si vede il minareto della moschea in tutta la sua bellezza.
Con la guida delle ragazze italo-tunisine, decidiamo di visitare subito il Café Panoramico, da cui è possibile ammirare forse la più bella vista sulla città e sulla medina. Trovarlo non è semplice, ancora oggi a distanza di vari anni posso ancora sbagliarmi di una strada o fare il giro di un palazzo per trovare l’accesso. Sicuramente all’interno troverete molte persone disposte ad aiutarvi, chi gratuitamente e chi in cambio di una discreta occhiata all’interno della propria bottega, ma si raggiunge veramente in 4 minuti a piedi dal piazzale davanti la Moschea Zitouna. Per raggiungere il cafè panorama, i cui costi purtroppo sono molto lievitati nel corso degli ultimi anni, bisogna andare a sinistra della Moschea, entrare in una via stretta dove c’è uno dei miei cafè preferiti, il Café De La Vigne (facilmente riconoscibile dalle piante d’uva ai lati delle pareti, e da numerosi orafi sulla destra) e poi infilarsi in un’altra stradina da cui si accede da una grossa porta in legno. Qui siamo nella zona degli orafi e dei negozi di pietre preziose, questo perché nel mondo arabo la moschea si trova al centro della città, ed è circondata dai negozi le cui merci sono più pregiate e più “illuminate” e pure, come negozi di oro, argento, tessuti rari. Man mano che ci si sposta lontano dalla medina cambia la “moralità” dei prodotti, passando da botteghe artigiane, negozi di articoli da regalo, souvenir, banchetti di frutta e verdura e negozi di vestiti di ogni tipo.
Arrivammo per la prima volta alla soglia del Cafè Panorama verso le 16:30 ora locali, trovando davanti a noi un negozio di articoli da souvenir in fase di ristrutturazione. Un tipo seduto su uno sgabello ci fece cenno di salire per arrivare alla terrazza, e dopo aver fatto vari piani tra trappeti, spezie e maioliche coloratissime, arrivammo finalmente in vista della terrazza e del caffè panoramico: davanti a noi si stendeva la medina di Tunisi con le sue guglie, i tetti piatti e/o spioventi delle miriadi di abitazioni e le guglie dei minareti sia in stile berbero (quadrati) che in stile ottomano (ottagonali), mentre in fondo si riusciva a vedere la cattedrale e i grandi alberghi attorno ad Avenue Bourguiba. Ordinammo tutti un the alla menta al testa, ma io bevvi il mio quando era ormai freddo, perché per quasi un’ora non riuscì a staccare gli occhi di dosso dalla medina, dagli archi, le maioliche colorate, i minareti e ogni cosa che, in quel momento vidi per la prima volta, ma che presto sarebbe diventata la mia nuova normalità. Finì il mio the alla menta e ne ordinai un altro con pinoli, in tempo utile per assistere a qualcosa a cui avevo desiderato per tutta la vita: il canto del muezzin dal minareto della Moschea Zitouna, una delle pochissime moschee del Nord Africa in cui il richiamo alla preghiera viene effettuato a voce dall’imam e non attraverso il sistema di altoparlanti. Alla prima nota del canto del muezzin la musica del cafè venne spenta, tutti si precipitarono sul bordo della terrazza, armati di telefoni e fotocamere, per immortalare chi per la prima volta, chi per l’ennesima, quel momento di straordinaria suggestione, mentre attorno a noi centinaia, migliaia di moschee procedevano al richiamo alla preghiera (salat al maghrib), regalandoci uno spettacolo visivo e uditivo di rara bellezza.
Quel momento esatto, proprio come il primo accesso alla medina di Tunisi ed altri momenti particolari (la prima volta che sono andato a Chenini, la prima volta che sono entrato in una Moschea a Kairouan) ha cambiato per sempre la mia vita: se prima di allora avevo sempre sognato di visitare un Paese musulmano, con le moschee e gli odori tipici delle medine, ora il sogno era diventato realtà. Shock culturale? Neanche per sogno, se non quello positivo: si è trattato di un momento in cui ho aperto gli occhi e ho detto fra me “ho aspettato tutta la vita per assistere a momenti simili, l’attesa è stata ben ricompensata, la realtà è addirittura oltre le aspettative, se questo è l’inizio, figuriamoci dopo”. Fu l’inizio di una seconda vita, che iniziò lì sulla terrazza panoramica, sotto i richiami del muezzin e davanti a quella che sarebbe presto diventata la mia casa, fisicamente e nel mio cuore, perché capii subito che quello sarebbe stato per me un nuovo inizio, fatto di viaggi in Medio Oriente e Nord Africa, di scoperte, di studi e di apprendimento delle lingue araba e turca.
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