Tunisia, fine del percorso democratico?

Dal 25 luglio, il Paese ha una nuova Costituzione. In una conferenza del POMED, Mohamed-Dhia Hammami e Monica Marks si interrogano sulle dinamiche del referendum e sul futuro della Tunisia. “I tunisini non hanno chiesto una Costituzione ma risposte ai problemi economici”
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Legalità del referendum, attendibilità dei risultati, scenari politici futuri, riforme economiche attese, ruolo della comunità internazionale. Questi i temi al centro di una conferenza online dal titolo “The End of Tunisia’s Democratic Path—For Now?” organizzata dal POMED, Project on Middle East Democracy, lo scorso 27 luglio, pochi giorni dopo il voto sul nuovo testo Costituzionale, che apre formalmente la strada ad un sistema autoritario in Tunisia. All’incontro, moderato da Amy Hawthorne, Vicedirettrice per la ricerca di POMED a Washington, hanno partecipato due esperti: Mohamed-Dhia Hammami, analista e ricercatore indipendente, dottorando in scienze politiche alla Maxwell School of Citizenship and Public Affairs della Syracuse University, e Monica Marks, insegna Politica del Medio Oriente presso la New York University di Abu Dhabi e ha condotto in Tunisia uno studio etnografico sulla politica post-2011.

Un referendum controverso – Con un’affluenza del 30,5% al referendum dello scorso 25 luglio, la nuova Costituzione è stata approvata dal 94,6% dei votanti. Ed è proprio sull’attendibilità dei dati e sulla trasparenza dell’Alta Autorità Indipendente per le Elezioni (ISIE) che si apre la conferenza. Mohamed-Dhia Hammami è piuttosto duro nel suo giudizio complessivo: si è trattato di “elezioni fasulle volte a garantire al presidente Kais Saied la legittimità di cui ha bisogno per il suo nuovo sistema politico, dopo aver smantellato l’ordine politico esistente”. Rispetto ai numeri, Hammami fa presente che l’ISIE ha comunicato una cifra sull’affluenza più alta del 16% rispetto a quella inizialmente annunciata. Non è chiaro dove abbiano trovato quasi 400.000 nuovi voti“. Una modifica che ha sollevato dei dubbi sulla credibilità dei risultati, sia tra gli osservatori tunisini che tra quelli stranieri”. Altre discrepanze sono state poi registrate rispetto ai dati sulla distribuzione regionale dei voti. Dati prima pubblicati e poi rimossi dall’ISIE.

Affluenza nel secondo dato aggiornato comunicato dall'Isie - foto dal profilo twitter Isie

Riguardo alle modalità di svolgimento del referendum, Monica Marks ricorda prima di tutto che la stessa Commissione Elettorale non è più indipendente, poiché i suoi membri sono stati nominati dal Presidente. “L’ISIE è passato dall’essere uno degli organismi di osservazione elettorale più democratici della Regione all’adozione di un modello governativo di organizzazione elettorale, più che di osservazione”. Tra le principali “violazioni delle buone pratiche globali”, Marks segnala da un lato la scarsa preparazione e la giovane età degli osservatori ISIE nei vari seggi, dall’altro la scarsa copertura mediatica riservata alle campagne per il no e per il boicottaggio“L’ISIE ha deciso di non riconoscere neanche la giusta dignità alla campagna per il boicottaggio, come possibile scelta di una parte dell’opinione pubblica che meritava di essere rappresentata”. Secondo i dati ufficiali, quasi il 70% degli iscritti non si è recato ai seggi. Ma a rendere il referendum illegittimo e non democratico, secondo Marks, è soprattutto l’assenza di quorum: “Anche se un solo tunisino in tutto il Paese fosse andato a votare e avesse votato per il sì, il referendum sarebbe passato”.

 

Se il nuovo testo costituzionale, come spiega Amy Howthorne nella sua analisi “consegna a Kais Saied un poter incontrollato, erode gli equilibri tra poteri, subordina le istituzioni indipendenti, rappresenta una minaccia reale per diritti e libertà, e trasforma la Tunisia da sistema democratico in un’autocrazia guidata da Saied”, viene da chiedersi quali saranno le prossime mosse del Presidente della Repubblica, in vista delle elezioni legislative del 17 dicembre.

 

Scenari politici – Rispetto alle azioni concrete, Saied “ha già annunciato che per prima cosa penserà alla nuova legge elettorale – spiega Monica Marks – Bisognerà poi capire come si comporterà con i suoi oppositori politici (…) Sta a lui decidere quando si terranno le elezioni, se si terranno le elezioni, quali partiti potranno partecipare, se i partiti potranno partecipare”.Saied potrebbe anche ammettere alle elezioni solo alcuni partiti e rifiutarne altri, creando così divisioni nel fronte di opposizione.“Oggi, l’opposizione è senz’altro più unita rispetto ad un anno fa. Quasi tutti i partiti politici hanno sostenuto il no o hanno boicottato il referendum, quindi sono contro Saied – prosegue Monica Marks – Anche la maggioranza della società civile è contro di lui, nonostante alcune divisioni interne alle grandi organizzazioni, come il sindacato tunisino UGTT e la Lega Tunisina per i diritti umani” (…) “Ma certamente, se Saied permettesse solo ad alcuni partiti di partecipare, è possibile che non tutti boicotterebbero (le elezioni di dicembre, ndr) nella misura in cui l’hanno fatto questa volta”. 

Partiti tunisini rispetto a referendum_Foto ripresa da profilo twitter di Africa Elects

Rispetto alla base di consenso, Mohamed-Dhia Hammami osserva che Saied oggi sembra non poter più contare su un ampio supporto da parte dei giovani come nel 2019. L’età media dei votanti al referendum del 25 luglio è infatti molto più alta. Rimane il supporto dell’apparato burocratico, meno sostegno arriverebbe invece, secondo l’analista, dall’apparato militare: “Non abbiamo abbastanza informazioni sugli attivi ma ne abbiamo sugli ufficiali in pensione – spiega – l’ex consigliere per la sicurezza nazionale ed ex capo dell’intelligence militare è sempre più critico nei confronti di Saied”. Mentre la maggior parte dei business men del Paese sembra aver scelto la via del silenzio senza prendere posizione pubblicamente. In generale, stando all’analisi di Hammami, la figura di Saied appare più debole in termini di consenso, se messa a confronto con il 2021, quando il Presidente aveva un supporto maggiore da parte delle masse e dell’élite del Paese.

Scenari economici – Oggi, la principale sfida per i partiti politici e per la società civile sembra essere proprio la mobilitazione di quelle masse di cittadini, esausti e impoveriti, concentrati sulla sopravvivenza, su come procurarsi generi di prima necessità, ormai indifferenti alla politica e senz’altro più preoccupati per la situazione economica. In questo senso, secondo Marks, il presidente tunisino non sembra incarnare più di tanto la volontà popolare. “Fin dal primo giorno, Kais Saied è stato ossessionato dall’idea di rimodellare l’intero sistema politico tunisino” (…) Potremmo definire la sua una visione politica autoritaria populista, ma nemmeno populista nel senso che riflette ciò che la gente vuole – precisa – Perché la gente non ha chiesto affatto una nuova costituzione. Le persone hanno chiesto disperatamente alla loro leadership politica di risolvere i problemi economici”. 

Per quanto riguarda le risposte alla crisi economica, “Saied ha approfittato del momento di crisi creato dalla pandemia di Covid per compiere il suo colpo di stato – sostiene Hammami – ma per quanto riguarda il suo programma, non ha un piano completo per risollevare l’economia (…) Conosciamo i suoi orientamenti ideologici generali, ma quando si tratta di proporre politiche economiche concrete non ha molto da dire”. Mentre la popolazione attende posti di lavoro, aumento dei salari e calo dell’inflazione, la comunità internazionale si aspetta che Saied attui le riforme necessarie e introduca tutte le misure di austerità richieste dal Fondo Monetario Internazionale per ottenere nuovi prestiti.  Aiuti che permetterebbero alla Tunisia di evitare la bancarotta, ma che comunque non risponderebbero alle aspettative dei tunisini. “La situazione generale per la popolazione non migliorerà nel breve periodo, finché non sarà attuato un programma completo definito in maniera inclusiva – sostiene Hammami – É davvero difficile vedere una luce in fondo al tunnel”. Monica Marks è del parere che sarà molto complicato per il presidente tunisino attuare le riforme economiche “avendo una legittimità istituzionale inferiore rispetto ai suoi predecessori”. 

Il marché central, il mercato centrale di Tunisi. Photo credits Claudia Celli Simi

Dov’è la comunità internazionale? – Dopo un’ampia e approfondita analisi delle dinamiche del voto e degli scenari politici ed economici futuri, con uno sguardo alle opposizioni e alla società civile, durante la conferenza ha trovato spazio anche una riflessione sul ruolo importante che può ricoprire la comunità internazionale. A questo proposito, Monica Marks ha citato in ordine cronologico una serie di dichiarazioni e deboli comunicati, che dimostrano come Stati Uniti e potenze occidentali abbiamo spesso accettato le azioni compiute da Kais Saied e in alcuni casi siano stati tacitamente complici. Un comunicato in particolare, diffuso lo scorso 11 luglio, a pochi giorni dal voto per la nuova controversa Costituzione, in cui l’Unione Europea definiva il referendum una tappa importante nel processo verso “la normalità istituzionale e l’equilibrio democratico”. 

 

Diverso il tono delle dichiarazioni post referendum *, in particolare guardando alla diplomazia americana, preoccupata per l’erosione delle istituzioni democratiche. “Vorrei esortare (gli attori internazionali, ndr) a continuare con queste dichiarazioni e a sollevare critiche e preoccupazioni profonde ad un livello politico– ha aggiunto Monica Marks – per assicurare che le potenze occidentali non stiano effettivamente aiutando Saied a consolidare la sua dittatura”. Nel caso degli Stati Uniti, Hammami evidenzia la contraddizione di una potenza che continuerà comunque a garantire sostegno all’apparato di sicurezza tunisino“Gli Stati Uniti dovrebbero almeno essere chiari riguardo alla difesa dei diritti umani e delle libertà, denunciare gli abusi e condannare chi prende di mira gli oppositori politici (…) Se Saied continua a colpire l’opposizione ricorrendo ad un apparato sostenuto e finanziato dagli Stati Uniti, è un problema”.

 

L’incontro integrale è disponibile a questo link: https://pomed.org/event/the-end-of-tunisias-democratic-path-for-now/

 

* Altre dichiarazioni sono arrivate nel giorno della conferenza e nei giorni successivi, suscitando la forte reazione del sindacato UGTT che denuncia ingerenze straniere.

 

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