La Tunisia autentica nel film Inside Tunisia di Alessandro Scillitani

3 minuti

Con le prime proiezioni a La Marsa il 6 e 7 luglio, il regista Alessandro Scillitani ha presentato Inside Tunisia, un prezioso film dedicato alla scoperta dei tratti meno evidenti ed esplorati del Paese. Il progetto è nato in seno all’Eacea (European education and culture executive agency) nell’ambito del programma Erasmus+ e punta – riuscendoci – a divulgare aspetti legati alle ricchezze storiche e archeologiche della Tunisia, per promuovere la conoscenza del suo patrimonio culturale. Ma, come Scillitani stesso ha raccontato durante la presentazione, «viaggiando e riprendendo abbiamo mescolato una serie di informazioni archeologiche e paesaggistiche con le storie della gente e quindi, nel corso del lavoro, le cose sono cambiate rispetto all’idea iniziale del film. Forse, alla fine, i veri protagonisti sono le persone che abbiamo incontrato».

Ed effettivamente la visione del film restituisce luoghi noti come Bab Bhar, la porta del mare che separa la parte moderna di Tunisi dalle medina dove, come racconta la guida, «perdi il concetto di spazio individuale e ti fondi con la gente perché sei a contatto con gli altri, sei obbligato a toccarli e a stare vicino a loro». Ma ci sono anche le antiche storie delle cisterne per la conservazione delle acque piovane, oppure i paesaggi incontaminati di Ain Draham, che paiono quelli di Fontaine de Vaucluse raccontati da Petrarca Chiare, fresche et dolci acque. Dal mare e dalla canicola, si passa agli 800 metri sul livello del mare e agli sfondi montani: grazie ai preziosi racconti dei docenti e degli studenti universitari, che accompagnano lo spettatore dentro la Storia e le storie, non si ha l’impressione di assistere a un prodotto ordinario, al “solito” documentario sulle attrattive turistiche di un luogo ma, al contrario, a una narrazione che contamina tradizioni e leggende millenarie con storie e accadimenti della gente di oggi, che vive in luoghi segnati da secoli di influenze culturali, religiose e sociali differenti.

La Moschea sette dormienti a Chenini - photo credits Leonardo Orlandi

Un gruppo di giovani cicloamatori, per esempio, narra l’avventura di quasi mille chilometri percorsi tra Gafsa, Metlaoui, Tozeur, Gabès, Zhammour. Sono tunisini alla scoperta della Tunisia. E poi l’occhio della telecamera si sposta sulle tombe antiche di Elles, sulle contaminazioni architettoniche di El Kef, si sofferma sulla splendida moschea di Sidi Bou Makhlouf. Là, in un altro contatto tra il passato e il presente, viene mostrato il progetto di alcuni studenti universitari che, grazie alla tecnologia digitale, hanno costruito un percorso culturale consultabile facilmente con uno smartphone o un tablet, per permettere al viandante di conoscere a fondo le origini di questi luoghi mistici.Un’altra storia, questa invece nascosta tra le mura di un edificio, è quella del luogo che ospita il museo Dar Essid, a Sousse. Nell’antichità era una residenza aristocratica e aveva più camere da letto perché, se la prima moglie non dava figli al marito, costui era legittimato a sposarne un’altra per la continuazione della stirpe, procurandole uno spazio nell’abitazione. Dopodiché, per non fare torto a nessuna, misurava il tempo passato con ciascuna grazie all’aiuto di una lampada a olio.

A Kairouan, poi, c’è un sistema ingegnoso tuttora esistente e pensato per immagazzinare l’acqua piovana; a Mahdia il cimitero inizia da una baia al mare, frequentata da pescatori, che fanno lo slalom tra le tombe e arriva a monte, fino alle loro case. Una situazione che in Occidente sarebbe impensabile, mentre in Tunisia è un fatto normale. Il villaggio berbero di Chenini mostra ai visitatori le tombe dei giganti, altra tradizione dell’epica tunisina mentre, spostandosi a Sfax, si incontrano ragazzi amanti del campeggio che imparano a conoscersi e, perché no, intonano in italiano «Bella ciao». In un altro villaggio, una donna canta canzoni popolari e adorna le mani di altre donne con tatuaggi all’henné rosso, «perché di tutti è quello più gradito al profeta e protegge la pelle dal sole». Il titolo del film è davvero azzeccato: nei settanta minuti di proiezione non si assiste a un qualunque racconto della Tunisia. Si entra in Tunisia, ed è un po’ come esserci.

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Inside Tunisia: il documentario

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