Sul set di Harqa in Tunisia: il racconto

Un'esperienza nella serie televisiva tunisina Harqa 2: è quella di Rosita Ferrato, che ci racconta i dietroscena del set.
2 minuti

Aspetti tutta la giornata. Ore e ore al freddo, magari sotto la pioggia – o, nella migliore delle ipotesi, riscaldati dal sole, in questo caso invernale – e poi tocca a te. Sembra non succedere niente. E poi, all’improvviso, vieni scaraventata in un mondo che, letteralmente, ti punta i riflettori addosso e ti rende protagonista, anche se soltanto per una scena. Vivere il cinema da dentro è un’esperienza che ho provato per la prima volta a Tunisi, la magica capitale dove tutto può succedere. Come essere chiamata per interpretare una parte in Harqa 2, una soap opera molto popolare che è andata in onda su Watania, il canale nazionale, nel periodo di Ramadan. È un programma seguitissimo dal pubblico tunisino.

Giornalista nella vita, giornalista sul set

La mia parte? Quella di una cittadina italiana: perché le scene, nella finzione, si svolgono in Sicilia. E qui, ecco un’ulteriore magia: la Sicilia è proprio a Tunisi, dentro i Carthago Film Studios. C’è un villaggio intero, totalmente ricostruito: è Bagheria, è il set del film Baaria di Giuseppe Tornatore del 2009. Ed ecco che ritrovo proprio qui un’Italia sparita, quella degli anni Cinquanta con la Giulietta della polizia, il carabiniere in divisa dei tempi, la botteguccia con le tende a righe, le case tipicamente nostrane. Tutto alla periferia di Tunisi.

Rosita Ferrato sul set di Harqa 2 in Tunisia

I tempi del cinema

I tempi del cinema, come dicevo, sono lenti: le convocazioni, il trucco, il parrucco. E poi le attese. Ma nel frattempo, per chi come me è alla sua prima volta, tutto è novità: l’allestimento del set, la conoscenza di alcune dinamiche, i rapporti tra attori e comparse. Anche le classiche frasi – Ciak!, action, silenzio – fanno un altro effetto, se ascoltate in prima persona. A un certo punto tutti fermi: si gira. Poi ci si ferma, si rifà, finché non è la scena buona. E si passa a un’altra, si smonta e si rimonta. Fino al momento “tuo”. Dopo aver impiegato ore a imparare le stesse, poche battute fin dalla sera prima, uscita dalle mani della truccatrice, sei sola davanti alla telecamera. Anzi, no: c’è un nugolo di persone, dietro l’obiettivo, che ti fissa.

La prima volta davanti a una telecamera

La spavalderia svanisce, tre frasi semplici diventano difficilissime, o si trasformano nel vuoto assoluto. Per fortuna staff e regista, una squadra fantastica, aiutano gli impanicati – come me – a ricordare, a sciogliere i nodi mentali e a darsi il coraggio di parlare. Alla terza ripresa ci siamo: riesco a dire tutto. È fatta. Ci liberano, la tensione pian piano cala e, uscendo dagli studi al termine di una giornata indimenticabile, fa capolino un pensiero: speriamo che il regista non decida di tagliare proprio la mia scena!

Qui la scena andata in onda 

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