La rentrée: il rientro a scuola in Tunisia, tra ricordi e costi sproporzionati

Dietro i costi sproporzionati della fourniture rispetto al potere d’acquisto delle famiglie troviamo i soliti punti dolenti che riguardano tanto l’economia quanto la società tunisina: tra libero mercato, mercato parallelo e il problema dei modelli di consumo. Una riflessione di Chiara Sebastiani sul rientro scolastico in Tunisia per l'anno 2021 – 2022.
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Negli anni Sessanta a Tunisi il rito tutto francese della rentrée ti faceva sentire come se vivessi a Parigi, perlomeno se eri di buona famiglia e frequentavi una scuola francese. Arrivava l’autunno, tornavamo in città dal mare o dalle nostre occidentali patrie di origine e le madri ci portavano a comperare la fourniture – il materiale scolastico – da Saliba, una grande cartolibreria che esiste ancora, sull’avenue de France, a pochi passi dai suq di Bab Bhar. La rentrée, la fourniture, sono le parole (entrate nel dialetto tunisino) che in queste settimane dominano il discorso pubblico come ogni anno dopo i giorni detti di Aoussou – che dal 25 luglio, Festa della Repubblica, arrivano fino al nostro Ferragosto – durante i quali tutti sono al mare. “Vieni a Tunisi dopo metà agosto” mi raccomandavano negli anni della Tunisia pre-2011. “Da quel momento la gente pensa solo alla rentrée e le spiagge sono deserte.”

Poi le cose sono incominciate a succedere d’estate, nella capitale. Il 25 luglio 2013 c’è stato l’assassinio del deputato Brahmi, in pieno Ramadhan (altro periodo in cui tradizionalmente non succedeva niente), e invece di andare al mare molti hanno passato giorni e nottate sulla spianata del Bardo, a confrontarsi tra sostenitori e oppositori del governo. Il 25 luglio 2019 c’è stata la morte del presidente Béji Caid Essebsi e la gita al mare organizzata dal nostro corso di lingue è stata annullata per motivi di sicurezza, così io la mattinata l’ho passata a seguire in TV, nel caffè “Le Bosphore”, i funerali di stato che si svolgevano a due passi da lì. Poi c’è stato questo 25 luglio, quando il nuovo Presidente della Repubblica Kais Saied ha avocato a sé i pieni poteri che tuttora detiene, mettendo fuori gioco governo e parlamento: i tunisini, dopo essere scesi in strada di notte a festeggiare l’evento, sono andati al mare e hanno continuato ad andarci ben oltre la fine dei giorni di aoussou, complice il prolungamento dell’orario estivo negli uffici pubblici e l’allentamento del coprifuoco notturno decretati dal Presidente.

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Ai primi di settembre la popolare spiaggia di Kelibia nella regione del Cap Bon era ancora piena di gente dall’alba al tramonto. Nella capitale l’elegante sobborgo de La Marsa la sera rigurgitava di giovani e famiglie, assembrati sulla piazza prospiciente la grande moschea e sul lungomare, a divorare allegramente fricassée e brik, bambolouni e gelati, apparentemente dimentichi tanto della crisi politica in corso quanto del covid che ha devastato il paese. Dimentichi anche del carovita che non risparmia la fourniture e che i media come ogni anno denunciano (Bentornato, incubo dei genitori!” scrive Le Temps il 25-8-2021 o “Materiale scolastico. Una lunga e interminabile lista” lamenta La Presse del 7-9-2021). Eppure proprio l’ascesa irresistibile dei prezzi è stato uno dei moventi che ha determinato il vasto appoggio popolare a Kais Saied il 25 luglio 2021.

Dietro i costi sproporzionati della fourniture rispetto al potere d’acquisto delle famiglie troviamo i soliti punti dolenti che riguardano tanto l’economia quanto la società tunisina. Il primo è un sistema di libero mercato nel quale però lo stato interviene pesantemente, attraverso il meccanismo dei prodotti “sovvenzionati” tra cui libri e quaderni. Da anni l’inefficienza del sistema viene denunciata e si propone di liberalizzare i prezzi introducendo al contempo sostegni diretti al reddito delle sole famiglie bisognose. Il motivo per cui finora non se ne è fatto nulla sta anche nel timore della reazione popolare. Quest’anno invece – in linea con i ripetuti inviti del Presidente Kais Saied ad abbassare i prezzi – l’Associazione dei cartolai e librai, membro della Confindustria tunisina UTICA, ha invitato i suoi membri a ridurre del 5% il materiale scolastico, fatta eccezione per i prodotti sovvenzionati, nel periodo dal 25 agosto al 25 settembre.

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In secondo luogo vi è il problema del “mercato parallelo” che smercia prodotti (soprattutto cinesi) introdotti di contrabbando e venduti di straforo (à la sauvette). Così nelle settimane precedenti la rentrée l’avenue Charles de Gaulle, in pieno centro di Tunisi, è stata invasa da commercianti abusivi che offrono a prezzi stracciati quaderni e penne, matite e gomme di qualità stracciata. La gente non ha scelta: preferisce risparmiare oggi a costo di dover ricomprare domani. La componente psicologica è una parte importante del problema dell’economica informale: non c’è tunisino che non vi faccia ricorso, i poveri per le piccole spese, i ricchi per quelle più grandi anche se tutti si lamentano della mafia che la controlla e del fisco che viene evaso.

Il terzo problema è quello dei modelli di consumo. Se chiedi in giro perché i Tunisini impoveriti comprano prodotti importati più costosi di quelli locali ti rispondono candidamente: “Per via della pubblicità”. Così i figli di famiglie modestissime portano a scuola merendine preconfezionate e bibite in lattine mentre le famiglie di ceto medio sono ossessionate dal problema del “keeping up with the schoolmates”, ossia fare in modo che il proprio pargolo non sia da meno dei compagni di scuola in materia di consumi griffati. Saggiamente una signora tunisina, discutendo con un’amica che stava tentando di iscrivere il figlio in una scuola francese, concludeva: “Non ti preoccupare se non lo prendono. Meglio una buona scuola tunisina, in cui si senta a proprio agio, di una scuola straniera in cui si sentirà inferiore se non riesci a comperargli ciò che hanno gli altri.”

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