« Regarde moi » di Nejib Belkadhi porta sullo schermo l’autismo e il rapporto padre – figlio
La pellicola di Nejib Belkadhi, uscita nel 2019, porta sullo schermo un tema ancora tabù in Tunisia : quello della diversità e della disabilità. Il protagonista, interpretato da Nidhal Saadi, si ritrova improvvisamente a dover prendersi cura di Youssef, il figlio autistico che aveva abbandonato sette anni prima.
Lotfi sembra aver ottenuto tutto nella vita, nonostante il suo caratteraccio : vive a Marsiglia, ha un negozio di elettrodomestici che funziona bene, una compagna francese, Sophie e un figlio in arrivo. Ma una telefonata dalla Tunisia interrompe bruscamente la vita che si è costruito negli ultimi sette anni : sua moglie ha avuto un infarto, deve partire. Lotfi infatti nasconde un segreto . Senza dare troppe spiegazioni, ma parlando solo di un’urgenza famigliare, Lotfi parte. In Tunisia rischia di essere denunciato per abbandono di minore: il motivo della sua partenza improvvisa ha infatti un nome, Youssef.
Youssef è suo figlio, un bambino di nove anni, autistico, che ha visto il padre solo durante i primi due anni della sua vita. Poi, la scomparsa ed il silenzio. Youssef vive con la zia materna, ma la nonna materna non vuole che stia con lei poiché convive con un uomo cristiano. Lotfi va così a riprenderlo e lo porta con sé, nella sua vecchia casa coniugale, alla ricerca di una soluzione : impensabile portarlo con sé in Francia. Youssef non parla, distrugge tutti i giocattoli, accanendosi in particolar modo sugli occhi dei peluches, disegna sui muri, ha crisi di urla e pianti notturni, resta immobile a guardare la lavatrice fare il bucato, apre i sacchetti di zucchero mentre fanno spesa al supermercato, in casa gli armadi sono chiusi con i lucchetti per evitare che li apra e possa farsi male. La soluzione ? Pagare un centro specializzato che possa prenderlo in carico tutto l’anno, ma non è possibile.
Il film « Regarde moi » di Nejib Belkadhi tocca il tema dell’autismo, ma è incentrato soprattutto sul rapporto padre – figlio, che deve essere ricostruito da zero, e di come la genitorialità possa far cambiare le persone. Youssef per Lotfi è un perfetto sconosciuto : non conosce le sue abitudini, i suoi bisogni, ma soprattutto non riesce ad accettare il fatto che sia diverso. Come lui, le persone che incontra durante il suo soggiorno in Tunisia : dal vicino che gli dice « Normale che tu te ne sia andato con un bambino così : quando ha un attacco non riusciamo a dormire di notte », all’ex suocera : « Se non è matto, perché sei partito ? Starà meglio con altri bambini come lui », a un signore che gli regala un « amuleto magico » per « calmare gli spiriti cattivi del figlio ». « Tu vuoi che lui sia come te, è questo il problema », riferisce la cognata Khadija. Dal punto di vista narrativo l’autismo nel film è l’oggetto rivelatore che rende evidenti le contraddizioni della società tunisina: da un lato arretratezza e pensiero magico in una società che discrimina, divisa tra il moderno dell’altrove di chi è emigrato e il qui arretrato di quando si torna (si veda « la doppia assenza – dalle illusioni dell’immigrato alle sofferenze dell’immigrato » di Abdelmalek Sayad).
Ma è anche un film che mostra la crescita del protagonista: il Lotfi alla fine della pellicola non è più quello che abbiamo conosciuto all’inizio : il suo carattere rissoso si è addolcito, ha imparato – grazie al figlio – ad avere pazienza e ad apprezzare le piccole cose, i piccoli progressi. « Regarde – moi », « Guardami », che dà il titolo alla pellicola, è lo sguardo che caratterizza l’intero film, ma è anche un ordine ricorrente, prima brusco, « Guardami quando ti parlo ! », poi punto di partenza per coltivare questo rapporto : Lotfi chiede al figlio di guardarlo mentre lo filma, mettendosi due lucine sugli occhi – che tanto piacciono a Youssef e che hanno un effetto calmante su di lui – per farsi guardare, più un bisogno del padre di essere considerato tale che del figlio di stabilire un contatto. Come ha affermato il regista, « si parla di paternità e dello sguardo ». E infatti la stessa telecamera diventa un occhio che duplica lo sguardo del padre, che cerca spasmodicamente un modo per entrare in contatto con questo figlio a lui sconosciuto, per farsi vedere e riconoscere da quest’ultimo. La telecamera, come il film, è il medium che rende possibile l’incontro di sguardi.
« Nonostante l’autismo sia al centro del film – ha dichiarato il regista Nejib Belkadhi in un’intervista a Le Point -, credo che Regarde moi sia soprattutto un’ode alla diversità. Viviamo in società dove qualsiasi cosa che non rientra nei canoni è ancora malvisto. Dove una disabilità, un orientamento sessuale, un taglio di capelli può suscitare l’esclusione. La violenza. Credo che noi registi dobbiamo essere i primi ad attirare l’attenzione sull’intolleranza. Se un film non cambierà mai il mondo, spero che possa aiutarlo nello sviluppo di una coscienza più umana ». Per la scelta del tema Belkadhi si è ispirato alla serie « Echolila Series » del fotografo americano Thimothy Archibald, dove ritrae suo figlio autistico, ha frequentato per diversi mesi dei centri specializzati in Tunisia che si occupano di questi bambini, e proprio in uno di questi centri ha incontrato un bambino che non lo guardava mai negli occhi (una delle difficoltà delle persone autistiche è infatti sostenere lo sguardo dell’interlocutore, caratteristica che ha basi neurologiche, ndr), ma non aveva nessuna difficoltà a fissare la telecamera.
Il film ha il merito di portare sul grande schermo un tema tabù nella società tunisina, dove la diversità e la disabilità sono ancora qualcosa da nascondere. Ricordiamo che l’autismo non è una malattia, ma una neurodivergenza e che può, ma non necessariamente deve, coincidere con uno sviluppo del ritardo cognitivo. Il primo centro pubblico in Tunisia è stato inaugurato nel 2018 a Sidi Hassine Sejoumi, nel governatorato di Tunisi. Esistono diversi centri privati, ma con costi spesso insostenibili per le famiglie. Centri che nel 2019 avevano sollevato uno scandalo : si era scoperto che in uno di essi i bambini venivano picchiati.
Per quanto riguarda gli attori, Nidhal Saadi nel ruolo di Lotfi e Idryss Kharroubi in quello di Youssef, danno il meglio di sé in questa pellicola : Kharroubi ha ottenuto il premio speciale della giuria al Festival del film di Luxor a marzo 2019 per la sua interpretazione. Il film è visibile a questo link.
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