La vera Tunisia post-rivoluzionaria nel cinema di Erige Sehiri al Catania Film Fest: «Senza stereotipi, vittimismo o pietà»
Gli organizzatori del Catania Film Fest: "dopo Malta, la Tunisia è il paese più vicino all’Italia, ma siamo così poco consapevoli dei legami passati e della contemporaneità. Tra i tanti arrivi recenti in Italia, quello tunisino è tra i più alti, soprattutto se si parla di minori stranieri non accompagnati, che in Sicilia iniziano il loro percorso di vita italiano ed europeo».
Nella prima giornata dedicata al cinema della Tunisia post-rivoluzionaria, Catania Film Fest proietta “La voie normale” et “Sous les figues”, lavori cinematografici della regista franco-tunisina Erige Sehiri, ospite dell’evento, in collegamento da Parigi. Si è parlato di ferrovie, difficoltà economiche e sfruttamento.
Italia – Tunisia, poca consapevolezza dei legami passati
«Abbiamo fatto un lavoro di ricerca scoprendo una cinematografia importante, un grande fermento e tanti artisti giovani» ci spiega Aurelio Gambadoro, tra i curatori di Catania Mediterranea, sezione del Catania Film Fest (che si svolge dal 23 al 28 novembre) dedicata ai Paesi del Mediterraneo. Quest’anno, la rassegna dedica una due giorni alla Tunisia – iniziata ieri – con corti, lungometraggi e documentari in lingua originale che mostrano «la realtà contemporanea della Tunisia – prosegue Gambadoro – e riflettono sul post-rivoluzione».
La scelta muove dalla storia comune che lega i due Paesi della sponda del Mare Nostrum: «La Sicilia è al centro del Mediterraneo e, in questa edizione – dopo la Palestina lo scorso anno, ndr –, abbiamo voluto raccontare un Paese vicino». Doveroso parlare del Paese nordafricano, spiega Valentina Anastasi di Catania Mediterranea, perché «dopo Malta, la Tunisia è il paese più vicino all’Italia, ma siamo così poco consapevoli dei legami passati e della contemporaneità. Tra i tanti arrivi recenti in Italia, quello tunisino è tra i più alti, soprattutto se si parla di minori stranieri non accompagnati, che in Sicilia iniziano il loro percorso di vita italiano ed europeo».
“La voie normale” (2018) – Erige Sehiri
Ieri pomeriggio, la proiezione di due lavori della regista franco-tunisina Erige Sehiri, la quale, a fine visione e in collegamento dalla Francia, ha incontrato il pubblico presente da Zō Centro Culture Contemporanee.
“La voie normale”, è un documentario del 2018 sulla critica realtà della rete ferroviaria della Tunisia post-rivoluzionaria e sugli individui che tentano di assicurarsi un posto dignitoso nella società, dove nessuno sembra ascoltarli. «Senza stereotipi, vittimismo o pietà» – ha spiegato Sehiri-, i conducenti della “linea normale” – così viene chiamato il binario 1 – si raccontano, costretti a lavorare in condizioni critiche a causa di corruzione, disservizi e incompetenze”. Malgrado sia l’unica realizzata secondo gli standard internazionali, “la linea normale” è la più malmessa e viaggiarvi significa essere consapevoli che l’incidente è sempre dietro l’angolo. Il documentario è stato scelto da Catania Mediterranea per spiegare «la difficile situazione nella quale vivono le persone, che peggiora giorno dopo giorno con la corruzione, la disoccupazione alle stelle e il post-rivoluzione che non ha dato le risposte che le persone si aspettavano» chiarisce Anastasi.
“Sous les figues” (2022) – Erige Sehiri
A seguire, è stato proiettato “Sous les figues”, lungometraggio – candidato agli Oscar come miglior film straniero 2022 – che affresca il contesto rurale di Nabeul, dove si è obbligati a subire ingiustizie per avere paghe poco dignitose. Una scelta voluta, quella dei dialoghi in un dialetto difficile da comprendere in tutte le sue sfumature, parlato da attori amatoriali, «consapevoli del loro sfruttamento» ha chiarito Sehiri. Protagoniste in maggioranza sono le donne, fiduciose malgrado le «continue violenze» alle quali si oppongono, in una «sorta di rappresentazione teatrale» nella quale vengono riprese anche in momenti di spensieratezza, quali il make-up collettivo e il canto sulla macchina che le trasporta nei campi.
Tra drammi di vita e sfruttamento del lavoro, la storia si svolge interamente nelle campagne, dove un gruppo di donne e uomini è impegnato a raccogliere i fichi, seguiti nei loro movimenti per restituire fedeltà al reale. Si affronta anche il tema della difficoltà di studiare per i giovani: «Così, soprattutto se vengono da questo tipo di contesto, l’orizzonte Italia-Lampedusa diventa il più sostenibile, nonostante, purtroppo, le morti» afferma Anastasi.
La Tunisia di oggi, una realtà interdipendente alla nostra
Al di là delle notizie di cronaca sugli sbarchi, spesso non si racconta il contesto tunisino che costringe i propri cittadini ad abbandonare il Paese. Durante il dibattito, si è parlato della condizione opposta, vissuta da coloro che scelgono di trasferirsi nel Paese nordafricano: «Come detto da qualcuno tra il pubblico, quella vista stasera non è la Tunisia dei pensionati italiani che vanno dove ci sono risorse, godono di condizioni economiche vantaggiose, oltre che della vicinanza di costumi. Spaccati di vita di un universo che sembra parallelo al nostro: non sappiamo nulla delle proteste in Tunisia, che invece è assolutamente incrociato e interdipendente».
Domenica, dopo le proiezioni, all’interno del panel “Approdi mediterranei. Sognare e illudersi tra Sicilia e Tunisia” alcuni ospiti (Marta Bellingreri, giornalista, Rosario Sapienza, antropologo, Mohammed Challouf, regista, Giada Frana, direttrice de L’altra Tunisia) «che si occupano di Paesi arabi, Medio Oriente e Maghreb, guidati dalla giornalista Laura Silvia Battaglia discuteranno della vita in Tunisia oggi e dello scambio tra le due aree: ultimamente la Tunisia è terra di approdo di tantissimi italiani» conclude Giusi Sipala di Catania Mediterranea.
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