Baccar Gherim: “La rivoluzione del 2011 è fallita”
Intervista a Baccar Gherib, professore di Economia Politica all’Università di Tunis al Manar e sindacalista presso UGTT, sul suo ultimo saggio ‘’2011 au miroir de 1956 – Pourquoi avons-nous échoué là où ils ont réussi ? ‘’
Intervista a Baccar Gherib, professore di Economia Politica all’Università di Tunis al Manar e sindacalista presso UGTT, sul suo ultimo saggio ‘’2011 au miroir de 1956 – Pourquoi avons-nous échoué là où ils ont réussi ? ‘’
Da dove sono nati il desiderio e la necessità di produrre questo saggio?
“La necessità di scrivere questo saggio è nata dall’acuta consapevolezza di aver disatteso le richieste della Rivoluzione della Dignità. Il “noi” nel sottotitolo del libro si applica ai tunisini in generale, ma soprattutto alle loro élite politiche e intellettuali in particolare, principalmente quelle che si dichiarano democratiche e progressiste. Era quindi necessario, a mio avviso, prendere atto del fallimento e, soprattutto, cercare di capirne le ragioni di fondo. Da qui il confronto, nel 2011, con un altro momento di rottura nella nostra Storia recente, quello del 1956, che io – e non sono il solo – considero come un momento di svolta importante nella nostra storia, come un vero e proprio successo”.
Come giustifica la scelta della fotografia di copertina, che ritrael a prima riunione del Majles el Omma dopo le elezioni del 1959?
“La scelta ideale per la foto di copertina sarebbe stata quella di scegliere le foto di cinque o sei figure emblematiche del 1956 da un lato – preferibilmente in bianco e nero – e di cinque o sei figure rappresentative del 2011 – naturalmente a colori. Ma questo non sarebbe andato a genio agli attori politici contemporanei (e a i loro sostenitori), che si sarebbero visti associati al fallimento. Da qui l’idea, per evitare inutili polemiche, di limitarsi a una foto che mostrasse personalità del 1956. Ne ho consultate alcune, finché il mio editore mi ha suggerito questa foto inedita, che ho accettato subito. Mi piaceva perché mostra, in primo piano, alcune delle figure chiave di quel periodo: Ahmed Ben Salah, Mahmoud Messaadi, Chedly Klibi e Ahmed Tlili e, soprattutto, perché non si vede Bourguiba. Bourguiba è stato indubbiamente il grande leader del gruppo che si è messo al lavoro per costruire una nuova Tunisia, ma volevo evitare che il saggio si limitasse ad un’angolazione ristretta: quella dei pro e degli anti-Bourguiba…”
Può dirci, invertendo un po’ i termini del titolo del libro e del suo contenuto, quali elementi e quali aspetti della Rivoluzione devono essere salvati?
“Nel saggio cerco di dare un contenuto preciso alle nozioni di fallimento o di successo dell’impresa storica (indipendenza o rivoluzione). Essi dipendono dal fatto che i compiti definiti dal momento storico siano stati raggiunti o meno. È su questa base che considero che ci sia stato un successo nel 1956 e un fallimento nel 2011. Tuttavia, questo non significa che tutto è un successo per alcuni e tutto è un fallimento per altri. Per quanto riguarda il 1956, abbastanza rapidamente, nel 1962 per essere più precisi, il regime ha mostrato le sue inclinazioni autoritarie. Nel 2011, invece, ci sono stati sforzi lodevoli per costruire le istituzioni di un regime democratico”.
Durante il dibattito, lei ha detto che quando ha scritto questo saggio sapeva che a molti non sarebbe piaciuto. Perché? Un signore facente parte del pubblico, durante la presentazione, ha detto che questo libro non piacerà né ai liberali né agli estremisti di sinistra. Lei sembrava essere d’accordo con lui. Pensa che sia vero?
“Sì, sapevo che sarei stato doppiamente antipatico a chi mi circondava, alla mia famiglia ideologica e politica, la cosiddetta famiglia democratica e progressista. In primo luogo, perché stavo evidenziando il nostro fallimento. In secondo luogo, perché stavo evidenziando il successo di coloro contro i quali si era storicamente formata: le élite del neodestour. È questo secondo punto che scontenterà una certa sinistra radicale che ritiene che l’indipendenza non sia davvero tale e che Bourguiba fosse probabilmente un agente della Francia. I liberali non sono d’accordo nemmeno loro. Perché i liberali politici sembrano non avere altro progetto che dalla transizione alla democrazia; e i liberali economici sembrano essere incapaci di dare una risposta alla questione principale posta dalla Rivoluzione: la questione sociale”
Diverse persone tra il pubblico hanno affermato che la Rivoluzione dovrebbe essere essere vista più come una serie di regolamenti di conti? Cosa ne pensa ?
“No, quella che abbiamo vissuto non è stata una serie di regolamenti di conti, bensì una vera e propria rivoluzione che è riuscita a far crollare un regime di 55 anni che molti credevano indistruttibile. Non è colpa della rivoluzione se coloro che hanno preso il comando il 15 gennaio 2011 non sono stati all’altezza delle sue ambizioni. La rivoluzione ha portato rivendicazioni e compiti da realizzare che rimarranno la bussola di ogni serio politico”
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