Il fascicolo: viaggiare in Tunisia ai tempi del Covid
Viaggiare ai tempi del Covid è stressante ed ansioso, una trafila per cui basta un semplice errore per dover ricominciare tutto dacapo e magari rimandare il viaggio. Però magari aiuta a mettersi nella pelle di altri, per i quali la posta in gioco legata ad un fascicolo è molto più alta. E spesso rinunciano e ricorrono a un barcone.
Settembre 2021, aeroporto di Tunis – Carthage. Sono in fila al check-in del volo Tunisi – Roma. I viaggiatori sono pochi, ma la fila è lentissima. La gente aspetta, più paziente del solito. Rassegnata. Dietro di me una coppia tiene d’occhio il desk. “Fuori un altro” commenta lui. “Sono più quelli che scartano che quelli che accettano” osserva lei. Lui chiede: “Potrebbe succedere anche a noi?” Lei: “Certo”.
“Come se fossimo dei profughi che si chiedono se ce la faranno” messaggio a mia figlia per ingannare l’attesa. Ogni tanto qualcuno chiede ansiosamente – lo sguardo fisso sulla schiena del tizio fermo davanti al desk – “Lo hanno accettato?”. Se capiti nella fila sbagliata sei fregato. Fila sbagliata può voler dire che trovi davanti a te un caso particolarmente complesso, che richiederà l’intervento del caposcalo, o di un rappresentante della compagnia di volo: ecco allora che la tua fila si blocca a tempo indeterminato. Ma può anche voler dire che ti imbatti in un funzionario più rigido della media, il quale per un piccolo errore ti rifiuterà l’imbarco o, nella migliore delle ipotesi, ti rimanderà indietro a compilare un nuovo modulo, in cui dici esattamente le stesse cose che dichiari in un altro stampato incluso nel tuo fascicolo.
Già, il fascicolo, il dossier come lo chiamano qui, alla francese. Quello che hai preparato per espatriare. Giorni e giorni per raccogliere la documentazione. Ore spese a combattere su internet con formulari ostici. E poi la tempistica. Il tampone molecolare lo puoi fare al massimo 72 ore prima dell’imbarco. Bisogna stare attenti a calcolare bene i tempi – anzi a tenersi larghi. Basta un ritardo nel volo e il tuo tampone non è più valido. Però se largheggi troppo sui tempi, c’è il rischio che il risultato non arrivi in tempo. O che per qualche intoppo nel software del laboratorio tu non riesca a scaricarlo.
Adesso, per rientrare in Italia, ci siamo nuovamente muniti di dossier. Siamo quasi tutti italiani o residenti stabilmente in Italia. Per molti di noi il problema non consiste nel rischio di dover stare qualche giorno di più in Tunisia. Il nostro incubo è il dover ricominciare daccapo tutta la trafila. “Come chi è arrivato a Lampedusa rischiando la vita e viene rimandato indietro” messaggio ancora a mia figlia pensando ai cosiddetti “respingimenti”. E lei di rimando: “Ma scusa mamma a parte che tu non stai emigrando ma rimpatriando, non sei una profuga ma una ricca europea che torna nella parte giusta del mondo nel quale ha avuto la fortuna di nascere, ma poi per quale motivo dovrebbero rimandarti indietro? Nel senso, hai compilato, tamponato, certificato ecc.?” Ma il punto è proprio questo. Oggi i “ricchi” europei che tornano nella parte giusta del mondo – o semplicemente viaggiano – devono compilare, tamponare, certificare come tutti quelli che non hanno il passaporto giusto. E provano la stessa ansia.
Dall’entrata in vigore degli accordi di Schengen, a metà degli anni Novanta, agli Europei si è aperto uno spazio che, dal mare del Nord al Mediterraneo, dall’Oceano Atlantico ai Carpazi, non ha più frontiere. Per coloro che vivono ai margini di questo spazio, a Est e a Sud, si è invece alzato un muro. Lontani i tempi in cui dalla Tunisia venivano in Italia le future spose con le madri a comperare il corredo di nozze. Oggi per entrare in Europa occorre il “visto Schengen” per ottenere il quale i tunisini, come gli altri, devono sobbarcarsi pratiche lunghe e costose, presentando corposi dossier, senza rimborso in caso di rifiuto. Molti Tunisini rinunciano.
Poi è arrivato il covid e le elites europee cui la globalizzazione aveva aperto una libertà di movimento senza precedenti hanno conosciuto anche loro l’incubo del fascicolo. Il mondo è stato diviso in cinque liste: A, B, C, D, E. Ai paesi di ogni lista spetta un trattamento diverso. La Tunisia è nella lista E, quella con il trattamento peggiore. E’ vietato andarci per semplice turismo: oltre agli altri documenti è richiesto quello che attesti un buon motivo (lavoro, studio, famiglia). E se il rientro in patria alla fine non viene mai negato a chi possiede la cittadinanza europea tuttavia – come dimostra la fila ansiosa davanti al desk all’aeroporto di Tunisi – può essere punteggiato da imprevisti. E comporta comunque dieci giorni di quarantena come quando si emigrava in America.
Eppure i “ricchi” Europei si ostinano a voler uscire dalla fortezza. Preparano fascicoli e sopportano quarantene. E conoscono sia pur fuggevolmente l’ansia: di essere respinti, di dover rinunciare ad un viaggio, di dover rientrare con qualche giorno di ritardo rispetto a quanto programmato, di perdere il costo di un biglietto aereo. Poca roba in fin dei conti. Però magari aiuta a mettersi nella pelle di altri, per i quali la posta in gioco legata ad un fascicolo è molto più alta. Per non parlare di quelli che non possono nemmeno aggrapparsi alla speranza di un fascicolo e alla fine si aggrappano alla murata di un barcone.
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