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Lamia Salah: “Come donne abbiamo la capacità di trasformare le sfide in opportunità”

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Manager, mamma, donna. Senza annullarmi”: si descrive così sul suo profilo Instagram “lamia.workingmamaLamia Salah, direttrice di un hotel a cinque stelle a Tolosa. Nata e cresciuta a Lione, quinta di sette figli, ha avuto sin da subito le idee ben chiare sul suo futuro: lavorare nel settore del turismo. “Vivevamo nella banlieue di Lione, e abbiamo vissuto diverse discriminazioni. Volevo uscire da lì ed immergermi davvero nella realtà della città di Lione: a 18 anni sono uscita di casa e ho frequentato l’Università di Turismo, per poi svolgere un master a Nizza, il tutto grazie a borse di studio e vari lavoretti che svolgevo di sera e durante il week end”. Il percorso del master prevede alla fine uno stage di sei mesi: Lamia viene selezionata per uno stage in Sardegna, a Villasimius, in un resort di lusso. Inizia come assistente commerciale e Guest relations. Il suo profilo viene notato subito, tanto che le viene chiesto di restare e ricoprire ruoli sempre più importanti, passando ad assistente congressi e dal 2007 non più lavori stagionali, ma un posto fisso come assistente del direttore. 

Ma non si ferma qui. In un ambito ancora prevalentemente maschile, a livello di dirigenza, e in un periodo non decisamente semplice – quello della pandemia Covid – 19 -, Lamia decide di iscriversi a un percorso per diventare direttrice finanziaria: viene selezionata e per un anno, fa la spola tra la Sardegna e Milano districandosi tra la famiglia e corsi di finanza, leadership e risorse umane. Dopo il corso, l’inizio di questa nuova avventura: per sei mesi dirige un hotel a Cagliari, quando le viene proposto di ricoprire lo stesso posto in un hotel a 5 stelle a Tolosa. Lamia accetta, anche per riavvicinarsi alla famiglia. “Il mio è stato un percorso non semplice: il mondo alberghiero e turistico è ancora molto maschile a livello di dirigenza – sottolinea -: si cerca di privilegiare l’assunzione delle donne, ma ho dovuto lottare per essere inserita in un percorso simile. Inoltre in Italia vi è ancora una grande difficoltà ad accettare il ruolo delle donne al lavoro e la conciliazione tra quest’ultimo e la vita famigliare è ancora lunga. Soprattutto in Sardegna, dove mancano infrastrutture, e l’orario alberghiero non è esattamente ottimale per una gestione familiare, bisogna trovare il perfetto equilibrio”.

 
 
 
 
 
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In questo percorso, in questa mia volontà di crescere e arrivare a livelli di management alti, mi ha molto supportata mio marito, sardo: ci siamo conosciuti sul posto di lavoro, anche lui lavora in ambito alberghiero e ci dividiamo i compiti in casa. Non amo l’espressione ‘mio marito mi aiuta’: quando una donna dice così è come se si stesse già svalutando, come se il carico mentale della famiglia dovesse essere per forza solo della donna. Abbiamo due figli, di 7 e 10 anni. Quando si diventa madri, l’atteggiamento in ambito lavorativo cambia, e anche nel mio caso, non sarei potuta più essere disponibile come prima a svolgere tutte le mie mansioni, come gli spostamenti all’estero per le fiere. Ma bisogna affermarsi, bisogna chiedere e far valere i nostri diritti e il nostro valore. Ho avuto la fortuna di avere un capo molto empatico: ho spiegato che per alcuni mesi non avrei potuto svolgere le mansioni di prima, ma che poi avrei ripreso e così è stato. Si dice che una donna che torna al lavoro dopo la maternità sia più efficace a livello organizzativo: è come se si acquisissero nuove competenze”. Proprio per questo motivo Lamia nel 2019 ha creato il profilo Instagram “lamia.workinmama”, “per mostrare che si può arrivare a livelli alti di management senza annullarsi”. Tra post e reel su maternità e lavoro, cerca di raccontare, anche con ironia, come concilia lavoro e famiglia e rompere stereotipi e tabù. 

Lamia non solo ha dovuto lottare contro gli stereotipi in ambito lavorativo, ma anche riguardo la sua identità: “Quando mi presentavo, si sentiva l’accento francese, e quando dicevo che ero tunisina, soprattutto in Italia, vi era grande stupore, come se le donne tunisine potessero ricoprire solo ruoli umili, ma allo stesso tempo assieme allo stupore vi era anche il riconoscimento e la percezione di avere di fronte a sé una donna che ha lottato tantissimo. L’accettazione di un’altra cultura in Italia non è semplice, ma ho sempre spiegato ai curiosi dettagli sulla mia religione, sul Ramadan, sul perché non portassi il velo. Raccontavo le somiglianze della Tunisia con il sud della Sardegna. A Milano una volta, saputo che ero tunisina, mi hanno chiesto dove fossi sbarcata, come se dalla Tunisia si arrivasse solo sui dei barconi, irregolarmente. In Francia ormai si è alla quarta generazione dei figli dei migranti, mentre in Italia ancora alla seconda generazione: all’inizio mi è sembrato di rivivere i pregiudizi e gli sguardi subiti negli anni ’80 nella banlieu di Lione. Io sono fiera di essere tunisina, e fiera dei miei studi e del mio percorso che mi ha portata a raggiungere i miei obiettivi”.

Lamia e suo marito durante i festeggiamenti in Tunisia

Il legame con la Tunisia è molto forte: “Ogni anno da piccoli trascorrevamo i due mesi estivi con la famiglia: i nostri genitori, come quasi tutti migranti, avevano costruito una casa lì, con il sogno di ritornarci a vivere dopo la pensione. Andare in Tunisia è proprio una necessità che sento nella pelle e nel cuore: ritrovare gli affetti, i profumi, i sapori, il calore delle persone. Cerco di tornarci una o due volta all’anno. Lì mi ricarico, attraverso la grinta di un popolo che ha lottato e che continua a farlo”. Per quanto riguarda la condizione della donna, aggiunge: “A mio avviso in Tunisia la donna ha una grande libertà. Vedo le mie sorelle e cugine, hanno sempre studiato e anche a livello lavorativo ricoprono ruoli importanti. Sin dai tempi del Codice dello statuto personale di Bourguiba, la donna tunisina ha sempre avuto la volontà di crescita e affermarsi”. E tra le donne tunisine che per lei sono state una fonte di ispirazione, la sua bisnonna paterna, a cui hanno dedicato una strada in centro a Tunisi: salvò Bourguiba mentre si nascondeva dai francesi, durante la lotta del Paese per l’indipendenza: “Si chiamava Hum el Saad el Yahia, è nata nel 1898 e deceduta nel 1972. Bourguiba stava scappando dai soldati francesi, ed è entrato a casa sua. Lei ha avuto l’idea di mettergli un velo in testa e metterlo a lavare i piatti e ha evitato che lo prendessero. Hanno scritto diversi articoli su di lei e noi tutti in famiglia traiamo ispirazione dalla sua storia”.

Spero che il mio messaggio per le donne possa essere capito e portare gioia e coraggio a tutte quelle che lo leggeranno. Non dovete sottovalutarvi mai: né rispetto a un uomo, né rispetto a un’altra donna. Fatevi valere, andate contro i pregiudizi, senza nessuna vergogna della vostra identità, qualunque essa sia. Ho sempre ammirato il fatto che in Tunisia la festa della donna sia un vero e proprio giorno festivo, e non solo simbolico. Le donne tunisine hanno una forza, un coraggio e una resilienza che ci contraddistinguono. Come donne, abbiamo la capacità di trasformare le sfide in opportunità”.

© Riproduzione riservata

Lamia con sua nonna Kmar Attig, che l’ha sempre ispirata

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