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Otto aprile 2014 : è questa la data che ha segnato un punto di svolta nella mia vita. E’ il giorno in cui arrivai a Tunisi, con due valige e un biglietto di sola andata. Non sapevo quanto sarei rimasta, ma soprattutto non sapevo quanto questo Paese mi avrebbe rubato il cuore, al punto di diventare la mia seconda casa. Nelle valige, oltre ad aver riassunto in pochi oggetti 26 anni di vita, avevo con me soprattutto la speranza di realizzare un sogno : diventare una corrispondente. Un sogno che però si è andato ad infrangere con la realtà : la Tunisia, seppur così vicina al’Italia, interessava poco alla stampa italiana. E quando i media mainstream puntavano il loro occhio su di lei, le richieste – a parte rare eccezioni – erano le stesse : terrorismo, estremismo, condizione della donna, immigrazione illegale. Mail di proposte in cui cercavo di mostrare altri aspetti di questo Paese, o rimanevano senza risposta, o ricevevano una risposta negativa.

Eppure la Tunisia non è solo questo : è un enorme laboratorio sociale, ha una popolazione giovanissima, una società civile molto attiva, è composta da tante realtà poco conosciute.

Dopo le numerose porte sbattute in faccia e i no ricevuti, mi sono detta : perchè non creare io stessa un progetto editoriale che racconti questa Tunisia ?Spesso mi sono chiesta se davvero i lettori non potessero essere interessati a notizie del genere. Giungendo a una conclusione : compito del giornalismo è non solo raccontare, ma anche riuscire a incuriosire i lettori su argomenti a cui non avrebbero mai pensato prima. D’altra parte, io stessa in Tunisia sono arrivata per caso, per amore, e questo Paese l’ho scoperto vivendoci. Perchè i lettori non possono fare altrettanto ? Scoprire, leggendoci, una Tunisia che non avrebbero mai immaginato.

Per questo, con il team del settimanale, abbiamo deciso di raccontare L’Altra Tunisia, quella Tunisia che non viene narrata solitamente, che non trova spazio nei media mainstream italiani. Vogliamo fornire una chiave di interpretazione diversa su questo Paese, con uno sguardo non solo alle criticità – come ogni Paese, ci sono pro e contro -, ma anche agli esempi positivi, e allo stesso tempo far conoscere l’altra Tunisia che si trova in Italia : quei figli della diaspora tunisina, le cosiddette seconde generazioni, gli italo tunisini nati e/o cresciuti in Italia da genitori migranti o frutto di matrimoni “misti”. Raccontare le loro storie, i loro progetti, le loro vite, per andare oltre i pregiudizi che li vede coinvolti. Rimettere al centro della narrazione le persone. E raccontare la comunità italiana che in Tunisia ha scelto di viverci, per un motivo o per l’altro, e quella comunità, i cosiddetti « italiani di Tunisia », che in questo Paese nordafricano sono nati, ma hanno dovuto abbandonarlo dopo l’indipendenza. Una Storia, anche questa, di cui pochi sono a conoscenza.

Lo devo al Paese che mi ha accolto per due anni, all’ospitalità della sua gente, e che continua a farlo ogni volta che ci ritorno per nuovi reportage. La Tunisia inoltre è anche una parte delle radici delle mie figlie, della loro Storia. E mi sento responsabile nel fargliela conoscere, nel cercare di spiegare loro quanto sia bella pur nelle sue mille contraddizioni.

Nel nostro settimanale troverete articoli di approfondimento, interviste, articoli culturali e sportivi, diverse rubriche, ma non solo, anche consigli per chi in Tunisia vuole trasferirsi, per lavoro, famiglia, o motivi di studio. Articoli più impegnativi e articoli « leggeri ». Sempre alla portata di tutti, così come dovrebbe essere l’informazione.

Con una grande ambizione : quella di diventare un punto di riferimento sulla Tunisia e di avvicinare sempre più le due sponde del Mediterraneo.

Giada Frana, fondatrice e direttrice de L’Altra Tunisia

“Il più delle volte definirei la mia professione come quella di un traduttore. Traduttore non da una lingua all’altra, ma da una cultura a un’altra.

Già nel 1912 Bronislaw Malinowski osservava che il mondo della cultura non è un mondo gerarchico (cosa che all’epoca suonava blasfema per i fautori dell’eurocentrismo), che non esistevano culture alte e culture basse, che erano tutte ugualmente valide ma solo diverse.

Ciò è tanto più vero oggi, nel nostro mondo multiculturale così differenziato, ma nel quale le singole culture sono sempre più strettamente legate e mescolate tra loro.

L’importante sarebbe fare in modo che tra le culture si creassero rapporti non di dipendenza e subordinazione, ma di intesa e collaborazione.

Solo così può esserci una speranza che, nella nostra famiglia umana, l’intesa e la benevolenza prendano il sopravvento sulle ostilità e i conflitti.

Anch’io, nel mio piccolo, vorrei contribuirvi ed è questa la ragione per cui scrivo”

[Ryszard Kapyściński, “Autoritratto di un reporter”]

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