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Il mortaio di Gaspare: un libro di memorie familiari (e collettive) sulla migrazione italiana in Tunisia

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Ho voluto scrivere un brano della mia vita per rendere omaggio ai miei nonni, genitori e famigliari sbarcati in Tunisia dalla Sicilia alla fine dell’Ottocento così come altre persone anche esse venute a cercare lavoro verso questa sponda. È la testimonianza di gente semplice, del loro vissuto fatto di sofferenze, di sacrifici, le due guerre, le difficoltà economiche, la lontananza e i momenti di solitudine. Loro ci hanno tramandato la forza e i mezzi per affrontare la vita che adesso noi figli viviamo con più tranquillità. Affinché questa memoria non vada persa, sprecata ma conservata preziosamente.”

Il mortaio di Gaspare. Storie di una famiglia italiana di Tunisi 1893-1973” è il libro di Maria Bianca Pinco, pubblicato postumo, e presentato venerdì 15 novembre presso la Società Dante Alighieri di Tunisi da Tiziana Travani, figlia dell’autrice, Sonia Gallico e Silvia Finzi, entrambe amiche di Maria Bianca Pinco nonché grandi conoscitrici della migrazione italiana in Tunisia, di cui loro stesse sono figlie. Il mortaio di Gaspare è il mortaio del bisnonno di Maria Bianca e che, tramandato di generazione in generazione, diventa il simbolo della continuità famigliare e soprattutto della sua memoria. Rappresenta, infatti, il simbolo che permette all’autrice di far ordine nei suoi ricordi che lei stessa definisce un po’ alla baballa, ossia alla rinfusa, in un modo di dire italo-tunisino.

La presentazione del libro “Il mortaio di Gaspare” di Maria Bianca Pinco alla Dante Alighieri di Tunisi – photo credits Noemi Verducci

Parte dalla storia dei suoi nonni, Gaspare e Brigida, che lasciano la Sicilia a fine Ottocento per ragioni socio-economiche svantaggiate e giungono in Tunisia con un peschereccio in cerca di fortuna ed attraversa la storia familiare che, inevitabilmente, si intreccia con le tappe storiche della Tunisia: il protettorato francese, le grandi guerre, il periodo fascista e il rapporto della comunità italiana all’estero, il dopoguerra, la liberazione italiana e l’indipendenza della Tunisia. Ma è anche una panoramica sul folklore tunisino attraverso figure come lo jerbino, abitante dell’isola di Djerba, ma che diventa un termine usato per indicare il droghiere di quartiere, sempre aperto e da cui si può trovare tutto; il boussadia, danzatore ambulante mascherato che danza e suona lo shqashiq; la degueza, una donna che, girovagando per le strade della città, legge i palmi delle mani e i fondi del caffè presagendo la buona o la cattiva sorte. Ma è anche una storia di luoghi, soprattutto quelli legati alla comunità italiana, come il Circolo Italiano in Avenue de la Liberté, il Teatro Rossini, centrale nella vita di Maria Bianca così come la musica, il Magasin Naracci, la Goulette e la Madonna di Trapani.

Il mortaio di Gaspare è un libro sulla memoria di Maria Bianca Pinco, scritto in tarda età dopo un grande lavoro di ricerca autonoma, accompagnata nella scrittura tardiva dalla figlia Tiziana, che ha curato la sua pubblicazione e i cui ricordi sono raccontati nella seconda parte del libro. È una storia familiare, privata ma che si fa pubblica e diventa la storia di tutta la comunità italiana in Tunisia, andando a contribuire al “progetto della memoria” (Memorie Italiane di Tunisia), archivio curato da Silvia Finzi, professoressa presso la Facoltà di Lettere e Scienze Umane di Tunisi ed esperta di migrazione italiana in Tunisia.  Sono memorie complesse e contraddittorie, che contengono tante realtà e collettività, tante identità che costituiscono la ricchezza del processo migratorio ma che provocano anche dolore e smarrimento, “non sappiamo cosa siamo veramente”, si legge ad un certo punto nel libro, riferendosi ai tanti italiani di Tunisi, alcuni ritornati in Patria dopo anni. Arricchito da foto di archivio, il libro restituisce, in forma semplice e quotidiana, uno spaccato importante della vita dei migranti italiani in Tunisia nella storia recente.

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