Tunisia: alla ricerca di una signora delle pulizie
Per la serie “attenzione a chi vi mettete in casa“, vi parlerò oggi delle mie esperienze con le femmes de menage, le donne delle pulizie: negli anni vissuti a Tunisi ne ho già cambiate parecchie, con il risultato che adesso, e felicemente, le pulizie me le faccio io. Allora: come vi dicevo a proposito delle massaggiatrici, estetiste, parrucchieri, tutti coloro che vengono a contatto con noi portano delle energie. E vale anche il contrario, ovviamente: se siamo lamentosi, depressi, verbosi, o semplicemente tristi, scarichiamo tutto il nostro disagio su chi ci ascolta o ci sta vicino: è come buttargli addosso la nostra spazzatura. Chi ha a che fare con il pubblico dovrebbe stare bene, perché il suo umore si riflette sugli altri. Stesso discorso, se non amplificato, è valido per chi ci entra in casa, tocca le nostre cose, penetra nella nostra sfera più intima. Quello della femme de menage è stato sempre sottovalutato, mentre è invece un mestiere delicatissimo e che pochi sanno fare.
In Tunisia non sempre si lascia il personale entrare nella propria camera, ci sono spazi che devono essere preservati, e questo conferma quello che dicevo poc’anzi. Io poi ho dei gatti, quindi non voglio vengano disturbati da presenze moleste. Ma andiamo con ordine: a parte alcune meteore di cui non ho ricordi, il primo che mi colpì, un paio d’anni fa, fu un ragazzo ivoriano che chiameremo Philippe. Scrupoloso, grande lavoratore, i primi mesi andava tutto bene. Era stato “adottato” da un nucleo di famiglie tutte legate tra loro, tra cui la mia, che oltre a dargli un mestiere, lo sfamavano, vegliavano su di lui, lo pagavano bene. Comprensibile che quello non fosse il lavoro dei suoi sogni, ma ogni mese tirava su uno stipendio più che decoroso ed era molto ben considerato. A un certo punto, il tipo iniziò a presentarsi da me vestendo dei pantaloncini striminziti tipo calciatori anni ’80 (anche in pieno inverno) e a farmi gli occhi dolci. Pensai: Ohibò! cosa succede? il giovanotto era evidentemente in cerca di un passaggio per l’Europa e una moglie italiana sarebbe stato un viatico perfetto. Comprensibile. Il problema è che, visto che con le movenze sexy non attaccava, forse per frustrazione, iniziò a rompere tutto. Le prime volte era un: “Madame, ho fatto una cosa terribile”! oddio, cosa sarà successo? “ho rotto un bicchiere“, e pazienza! ma alla quinta rottura gli ho detto che avrebbe dovuto ricomprarmelo. Furbescamente, ma ammetto che mi fece piacere, arrivò con un recipiente in ceramica con un cuore rosso stampigliato: “Always with you“; speriamo si riferisca al bicchiere, pensai, che rimanga intero il più a lungo possibile. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il fatto che lasciato da solo, ed essendo pagato a giornata, dopo tre ore se ne andava. E quindi è stato spedito definitivamente. Il tipo si sarebbe imbarcato clandestinamente per l’Europa, sbarcato poi in Italia e da lì arrivato sano e salvo in Inghilterra.
Dopo di lui è arrivata una tunisina, Latifa, che il padrone di casa mi ha perfidamente rifilato. Il primo giorno si è applicata bene, con grande impegno. La seconda volta si è portato il bambino e ha iniziato a dirmi che il marito beveva, era disoccupato, se per favore le davo di più e a orari ridotti; poi ha iniziato a mancare agli appuntamenti adducendo come scusa il padre o la madre in ospedale, il fratello incidentato, insomma non c’era mai. Dopo, ha continuato a telefonare piangendo miseria, chiedendo soldi, ma senza venire a lavorare. Poi c’è stata Rafiqa, una signora di mezza età, che all’inizio sembrava assai volenterosa. Primo giorno: ma la casa è sporchissima, Madame, chi c’era prima non puliva? sottolineò subito provocatoriamente. “Faccio tutto io, non si preoccupi“. I primi mesi sono andati bene, poi anche qui si è manifestata qualche crepa. La tipa, quando giravo l’occhio, faceva poco, scambiava la mia gentilezza per debolezza, aveva sempre qualche malanno che le impediva di rispettare gli impegni e in più sembrava essersi impadronita della casa. Il punto culminante, ovvero la goutte d’eau, è stata la doccia. Infatti, un giorno d’estate, finito il suo turno, mi chiede di potersi dare una rinfrescata. Niente di male, certo, usi pure il bagno degli ospiti. “No no, questo” e si infila nel mio, dove già si era organizzata le volte precedenti con asciugamani, shampoo e addirittura l’asciugacapelli (tutta roba mia). E si fa la doccia! completa, standoci pure e parecchio. Finita la toilette, l’ho salutata per l’ultima volta.
Poi c’è stata una ragazza, che mi ha lasciato il corpicino di un passerotto mummificato (preda dei gatti) per giorni sotto il divano del salotto, un’altra che mi metteva tutto in disordine, un’altra che “faceva il decor“, si arredava casa mia come fosse la sua. Infine, una signora marocchina. “E’ lenta, ma è brava, e molto onesta” mi si disse come referenza. Perfetto. Le chiedo come prima cosa di venire presto, e invece lei si presenta a metà mattina, e arriverà, piano piano, sempre più tardi. In più, si lamenta subito dei miei gatti. “Uno è sufficiente Madame“, e che deve dirmelo lei? “Ma lei ha tanti gatti, perché non ha figli?”, una mancanza di tatto inaccettabile, ma è un argomento che su di me non ha presa, quindi se tiene bene il menage, va bene così. In realtà non è andata affatto bene; intanto, per il discorso che dicevo all’inizio, la cattiva energia: dopo il suo passaggio la villa aveva sempre qualcosa che non funzionava, (piante in sofferenza; gatti nervosi, lampadine saltate, robe rotte) ma infine, e soprattutto, mi sembrava di avere un nemico in casa. La donna non mi amava, era evidente fin dall’inizio dai suoi commenti sulla mia vita privata, lavorava in modo svogliato, e quando, dopo diversi mesi, le dissi di non venire più, fu un sollievo per entrambe.
Ed eccomi qua. Una mia amica, quando le raccontavo di volere una collaboratrice domestica aveva commentato “Bourgeois“. Borghese, e forse aveva ragione. Ora mi sento piuttosto aristocratica, perché a parte un grand ménage mensile, la quotidianità me la smazzo da sola. Come quel miliardario, Jean Paul Getty, che si lavava lui i calzini. E’ un impegno, ma non sono l’unica: so di un’attrice di Roma piuttosto nota, che per i miei stessi motivi, ha deciso di prendersi un giorno di ferie alla settimana per dedicarsi alla propria casa. Ho fatto dunque un patto con me stessa: per le corvè (in tunisino corfi) mi pago pure, e i soldi risparmiati per la donna e “guadagnati” da me per le ore che faccio in casa, me li spendo allegramente, perché sono una sorta di stipendio e me li merito tutti!
Rubrica “Chez Rosità – scene di quotidianità tunisina”
Vivo in Tunisia da qualche anno ormai, e non smetto mai di stupirmi. Come ovunque, c’è il bene e c’è il male, ma per certi aspetti qui sono davvero speciali. In questa rubrica racconto il particolare nel quotidiano, le storie, ciò che magari qui è normale, ma per un’italiana non lo è. Il mio amore grande per questo Paese, nonostante le sue bizzarrie e le inevitabili delusioni.
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