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« À peine j’ouvre les yeux » : tentativi di ritratti della gioventù tunisina

Il film « À peine j'ouvre les yeux » di Leyla Bouzid, uscito nel 2015, porta sullo schermo una gioventù tunisina non troppo diversa da quella europea. Affrontando diverse tematiche del pre Rivoluzione. E con una colonna sonora davvero molto bella.

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Ha ricevuto 24 premi, tra cui il Tanit di Bronzo alla 26esima edizione delle JCC, le Giornate Cinematografiche di Cartagine, il Gran Premio del Festival Internazionale del Film di Dubai, il premio “Europa Cinema” alla Mostra di Venezia e un altro premio al Festival Internazionale del Film Francofono a Namur (Belgio). Acclamato come “il ritratto della gioventù tunisina” descritta nell’estate del 2010, pochi mesi prima che il popolo si ribellasse al dittatore Zine El Abidine Ben Alì dando vita alla cosiddetta “Rivoluzione della dignità”, il film “Appena apro gli occhi” (“à peine j’ouvre les yeux”) di Leyla Bouzid, porta sugli schermi la storia della 18enne Farah, cantante in una giovane band, in un periodo, l’estate del 2010, in cui censura e corruzione soffocavano il Paese.

Vai a vedere il film, poi mi dirai che ne pensi: a me non é piaciuto. È come se la rivoluzione tunisina l’avessero fatta dei giovani musicisti della Marsa (quartiere borghese di Tunisi, ndr)”: incuriosita da queste parole di un amico tunisino, sono andata a vedere il film con un’amica anch’essa tunisina, per avere un altro punto di vista “dall’interno” sulla pellicola. Protagonista di quest’ultima la giovane Farah, che ha appena superato la maturità con il massimo dei voti. Hayet, la madre, vorrebbe che studiasse per diventare un brillante medico, ma lei vorrebbe seguire la sua passione, il canto. Farah fa parte infatti di una band, in cui interpreta i brani di Borhène, di cui é innamorata, nonostante la madre la metta in guardia dei pericoli a cui potrebbe andare incontro. Basterebbe infatti una parola di troppo, una critica velata al Presidente e alla sua famiglia, per cacciarsi nei guai e finire in prigione.

Farah e Borhène in una scena del fil, foto dalla pagina facebook ufficiale

Ma Farah é ribelle, non ascolta né le parole della madre, né i consigli degli altri membri della band, é determinata e desiderosa di scoprire il mondo, l’amore e la libertà. E cosí una sera, presa dalla gelosia, recita un testo di una canzone inedita in cui si critica la Tunisia e si augura la caduta del palazzo di Cartagine, il luogo in cui risiede il presidente. Le conseguenze si ripercuoteranno su tutta la band: Borhène viene preso, picchiato ed interrogato dalla polizia, a causa di un video della serata fatto circolare proprio da un altro ragazzo della band e la stessa Farah sarà portata in prigione per diversi giorni. La situazione poi si risolverà solo grazie ad alcune conoscenze della madre.

Per il resto il film mostra i primi amori, mostra una gioventù che beve birra e fuma canne di nascosto, che si ribella alla famiglia cercando di inseguire i propri sogni e definire la propria identità. Non mi ha convinto, mi é sembrato più un film costruito ad hoc per compiacere l’occidente, ha commentato Nada, l’amica tunisina che ha assistito con me alla proiezione. Il film in realtà é molto carino, e la colonna sonora decisamente interessante. Diversi i temi che propone agli spettatori: la mancanza di libertà di espressione e di parola, soprattutto nei confronti del Presidente e della sua famiglia, il fatto di non poter fare avanzamenti di carriera se non si era iscritti al partito del Presidente (il padre di Farah lavora a Gafsa, città simbolo delle prime proteste soffocate nel 2008, e non é iscritto al partito), la polizia che controlla perennemente i suoi cittadini ed é pronta a metterli a tacere, la tortura, il rapporto conflittuale con i genitori, il problema – ancora attuale – della corruzione e del nepotismo.

Il trailer del film

Mi é sembrato un po’ azzardato presentarlo come un film che descrive la gioventù tunisina”, in quanto ne descrive solo una parte: quella gioventù borghese, che nonostante tutto sta sicuramente meglio della gioventù delle regioni interne da cui poi ha preso il via la rivoluzione. Ma é anche vero che forse, come mi ha fatto notare Clara, un’amica italiana che vive a Tunisi e la Tunisia la conosce molto bene, “se non altro mostra che i giovani tunisini non sono poi così diversi dai loro coetanei europei”.

Il film lo potete guardare qui

© Riproduzione riservata

L’articolo è stato originariamente pubblicato qui

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