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Erasmus a Tunisi: per fare l’università serve un grande spirito di adattamento

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Quando il giorno prima sei andato a Carthage, poi a Sidi Bou Said e poi ancora a La Marsa a piedi, percorrendo decine di chilometri, è perfettamente normale avere problemi ad alzarsi dal divano  e non avere la forza di fare chissà quale sforzo. È proprio quello che è successo a me l’altro giorno: è stata una gran bella passeggiata attraverso posti bellissimi e di una boccata d’aria avevamo un gran bisogno. Ieri, tra l’altro, ho avuto l’opportunità di assaggiare il fricassé, un “panino” fritto ripieno che, se ben fatto, è un gran bel concentrato di sapori tipici.

Oggi, però, è domenica e le forze sono poche per andare chissà dove, e quando non si ha la forza di andare lontano c’è sempre il Bar Trend, una specie di seconda casa ormai, che è sempre una garanzia: si beve un direct e si scrive di quello che succederà nella settimana che inizia domani, perché sarà l’ultima settimana di lezioni. L’ultima settimana di lezioni, probabilmente, di tutta la mia vita, siccome sono al secondo anno di magistrale e conto di laurearmi il prima possibile. 

Carlo Forziati in un cafè al Bardo a studiare

Frequentare l’ultimo semestre della mia vita (si spera) qui a Tunisi è stata un’esperienza singolare: come ho già accennato, l’università qui è totalmente diversa (almeno quella che ho frequentato io), il sistema di insegnamento è lontano anni luce dal nostro e serve un grande spirito d’adattamento. Se la mia testa torna a quei primi giorni di febbraio, riesco ancora a percepire lo shock culturale che ho provato, il senso di sfiducia e di spaesamento di fronte a flussi di parole interminabili che faticavo a capire. Come ogni università, è frequentata da tanti ragazzi e ragazze del posto con cui, sarò sincero, il nostro rapporto non è stato sempre dei migliori. 

Qui all’università, infatti, ci siamo imbattuti in ragazze e ragazzi tunisini disponibili, socievoli ed aperti a farci da guida in questo turbine di novità. Altre invece no, altre sembravano vederci quasi come alieni (forse posso immaginare il perché) e qualcun’altra ci è stata apertamente ostile. Essere studenti italiani a Tunisi può voler dire anche questo: non per forza si sta sempre simpatici agli studenti del luogo, non è un qualunque Erasmus in Europa e, quindi, i ragazzi e le ragazze del posto talvolta possono percepire una certa “diffidenza culturale”. Se a torto o a ragione, poi, sono punti di vista.

La nostra università fornisce un servizio mensa a prezzi veramente risibili (con un dinaro solo si possono acquistare sei ticket) ma le porzioni sono ahimé, ridottissime e, pertanto, non la consiglierei. (Non che in Italia, in mensa, si mangi caviale accompagnato a vino bianco invecchiato di sessant’anni, ovviamente). La nostra grande fortuna è stata il nostro referente: una persona disponibile, leggera, squisita che trasmette una grande serenità d’animo. È stato sempre pronto a risolvere i nostri dubbi, a farci sentire integrati, a placare le nostre ansie e a cercare di agevolarci per quanto possibile: il professor Fethi Nagga, per noi “Ductur Nagga”, è stato una delle note più belle di questa esperienza.

Nonostante i suoi lati positivi, l’università non mi mancherà e non mi sento di includerla tra gli aspetti positivi della mia esperienza a Tunisi, tanto per il metodo d’insegnamento impiegato, tanto per l’attitudine di una particolare insegnante a non tenere minimamente conto di regole, programmi e delle esigenze di noi studenti (in Erasmus, tra l’altro). Il modo di insegnare è stata la cosa che meno ho apprezzato: le lezioni sono praticamente dei dettati, non c’è spazio a discussioni e riflessioni critiche e, i ragazzi e le ragazze del posto, per “exposé” intendono delle slides piene di scritte che loro si limitano a leggere. Fermo restando la superficialità della maggior parte dei programmi di studio. 

Credo che Tunisi sia un ottimo contesto per fare uno stage, conoscere una nuova cultura e, magari, studiare arabo alla Bourghiba School, ma l’università, almeno quella frequentata da me, non la consiglierei. O, quantomeno, consiglierei di andarci il meno possibile e di concentrarsi su altro. Domani inizierà un’altra settimana, l’ultima di lezioni, poi sarà il momento degli esami e di respirare un po’ di sana e meritata libertà prima che anche questo capitolo giunga a conclusione.

© Riproduzione riservata 


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