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Ida e Mahmoud, 26 anni di matrimonio : « La riuscita di una coppia mista prevede rispetto e il trovarsi a metà strada »

Ida e Mahmoud si sono conosciuti a Monastir, dove lei era in vacanza con un'amica, nel 1993. Dopo un anno di frequentazione, il matrimonio : «  Abbiamo avuto alti e bassi come in ogni coppia, ma li abbiamo superati. Forse merito della sua mentalità quasi europea e del fatto che entrambi siamo credenti ma non praticanti »

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Ventisei: sono gli anni di matrimonio di Ida, 63 anni, e Mahmoud, 57 anni, di Fiorenzuola (Piacenza). « Ci siamo conosciuti nel 1993, mi trovavo in vacanza a Monastir. Mahmoud lavorava come animatore turistico nel villaggio dove alloggiavo. Per un anno ho fatto avanti e indietro tra Tunisia ed Italia per poterci conoscere meglio, scendevo ogni tre mesi circa. Dopo diverse peripezie, a dicembre del 1994 sono riuscita a farlo venire in Italia con un visto turistico. Ricordo che al consolato mi avevano trattato quasi con ironia : ‘Lui viene lì e cosa fa ?’. Aveva un visto di tre mesi. Ci siamo detti ‘proviamoci’, non avevamo nulla da perdere, nessun vincolo. Abbiamo visto che in questo anno di prova stavamo bene e quindi a marzo 1995 abbiamo deciso di sposarci. Anche lì abbiamo dovuto fare diverse trafile per ottenere i documenti necessari ».

A settembre del 1995 nasce Marco Nabil e due anni più tardi, ad agosto del 1997, Sonia : « Abbiamo avuto alti e bassi come in ogni matrimonio, ma li abbiamo superati e non abbiamo mai avuto grossi problemi. Forse anche perché mio marito ha una mentalità molto europea ed entrambi siamo credenti ma non praticanti. Ad ogni modo, appena arrivato qui, eravamo al centro dell’attenzione : il paese è piccolo, molti si aspettavano un ragazzo nero. Non c’erano grandi flussi di stranieri all’epoca, eravamo tra le prime coppie miste e dunque abbiamo suscitato un po’ di interesse. C’erano altre coppie miste, ma non sono durate. A volte lo hanno chiamato ‘marocchino’, è scappata qualche punzecchiatura, anche con i miei figli, ma sono cresciuti tranquilli, si sono saputi difendere. Davanti alle frecciatine e battute ho sempre detto che bisogna essere superiori di fronte a chi spara veleno ed andare avanti. Lui inizialmente ha svolto lavori anche pesanti, poi ha trovato lavoro come imballatore in una ditta, mansione che svolge attualmente».

Ida e Mahmoud con i figli Marco Nabil e Sonia

Per quanto riguarda la religione dei figli, la coppia decide di battezzarli : « Ci siamo consultati ed abbiamo pensato al fatto che vivendo in Italia avrebbero potuto sentirsi esclusi se avessimo fatto una scelta diversa. Sono stati entrambi battezzati e hanno ricevuto i vari sacramenti, ma abbiamo lasciato loro la libertà di scelta una volta cresciuti, anche di scegliere l’Islam, ma non hanno manifestato nessun interesse al riguardo. Attualmente si sono allontanati anche dalla religione cattolica. Marco lo abbiamo anche circonciso in Tunisia. Possiamo dire di aver fatto i riti minimi indispensabili per accontentare tutti. La famiglia di mio marito è della Goulette, non ci han fatto nessun problema sulla scelta di battezzare i figli. Anche altri suoi fratelli hanno preso strade diverse, senza essere mai criticati dalla famiglia : sulle scelte individuali hanno sempre avuto una libertà assoluta. Forse sono stata agevolata da questa mentalità più aperta rispetto ad altre realtà ».

Sul legame con la Tunisia  continua: « Non andavamo ogni estate, a volte scendeva lui da solo. Spesso sono i famigliari che vengono a trovarci, dato che diversi fratelli abitano in più Paesi europei. Ora manchiamo da qualche anno ma appena possibile torneremo. Per quanto riguarda i nostri figli, Marco è più legato alla Tunisia rispetto a Sonia ».

La coppia e i figli attualmente

« La riuscita di una coppia mista dipende dalla mentalità individuale : bisogna trovarsi a metà strada, che ci sia rispetto innanzitutto il rispetto. Siamo sempre riusciti a trovare un punto d’incontro su tutto. Noi stiamo ancora bene insieme : diciamo che il collaudo lo abbiamo superato. Per quanto riguarda la nostra coppia, penso che molto l’abbia messo lui : è stato mio marito a venir qua, ad adeguarsi al mio Paese : diceva che sarebbe stato più semplice per lui vivere qui che viceversa. Lui era già stato in Italia e a Parigi, da suo fratello e per lavoro aveva a che fare spesso con gli italiani, era già predisposto di suo. Inoltre io avevo casa di proprietà, un lavoro sicuro come impiegata in un’assicurazione, la scelta di vivere in Italia era quella più semplice e più logica ».

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