Io argentina e cristiana, lui tunisino e musulmano: «Per un matrimonio che duri la prima regola è il rispetto»
Valeria e Mohamed si sono conosciuti su un aereo ed è stato amore a prima vista. In Tunisia dal 1989, Valeria racconta il vivere in una coppia interreligiosa.
« Ciascuno ha rispettato la fede dell’altro sin dall’inizio, festeggiando le festività di tutte e due le religioni”. Valeria Zdanchos, di Buenos Aires, cristiana, vive in Tunisia dal 1989. A portarla nella terra dei gelsomini è stato l’amore per suo marito Mohamed, tunisino, un amore a prima vista nato sul volo Roma – Madrid, quando lei stava rientrando da una vacanza in Europa. A Roma Valeria stava visitando parte della sua famiglia: la madre infatti è figlia di italiani immigrati in Argentina. “Sull’aereo ho incontrato il mio attuale marito – racconta -. Abbiamo chiacchierato del più e del meno per tutta la durata del volo e quando ci siamo lasciati, ci siamo scambiati i numeri di telefono. Sin da subito ho pensato che fosse l’uomo della mia vita, ma non credevo che si facesse davvero vivo”.
Dal colpo di fulmine al matrimonio in Chiesa
Invece il destino ha deciso diversamente. Una settimana dopo quest’incontro, riceve una telefonata: è lui. Si sentono al telefono tutti i giorni, passano i mesi e Valeria decide di andare in Tunisia per conoscere la sua famiglia. “I miei familiari mi hanno lasciato fare: hanno avuto fiducia in me. E’ stato tutto molto spontaneo. La famiglia di mio marito mi ha accolto a braccia aperte e mi ha subito accettata. Spesso ci sono anche qui dei pregiudizi verso gli stranieri, ma non è stato il mio caso”. Questo viaggio rinforza il loro amore, tanto che decidono di sposarsi. Valeria allora lavorava come traduttrice in lingua inglese e insegnava inglese ai funzionari delle ditte, mentre Mohamed lavorava in una ditta di import-export.
Una nuova vita insieme, prima in Argentina e poi in Tunisia
Decidono di iniziare la loro vita insieme in Argentina, dove si sposano in Chiesa a marzo del 1988 con una licenza canonica speciale. Ma le cose non vanno come sperano: Mohamed non riesce a trovare un lavoro fisso, così un anno dopo decidono di tentare la sorte in Tunisia. “All’inizio è stato difficile adattarsi alla diversa cultura e al cibo. Il primo anno abbiamo abitato con la sua famiglia e questo mi ha aiutata. Mia figlia è nata lo stesso anno, il giorno di Natale: un segno del cielo, dato che sentivo molto la mancanza della mia famiglia”.
La scelta sull’educazione dei figli
Per quanto riguarda l’educazione dei figli, Valeria e il marito li hanno educati alla religione musulmana: “Avevamo deciso che i figli avrebbero seguito la religione del Paese in cui avremmo vissuto, non avevamo un’idea precisa. Penso che i bambini non debbano sentirsi diversi dal gruppo, per non avere problemi”. Una scelta non semplice e sofferta: “All’inizio è stato difficile per me, ero triste perché non potevo trasmettere la mia religione, ma con il passare del tempo mi sono resa conto che è stata la scelta giusta. I miei figli sono cresciuti in una doppia cultura, sono musulmani e fieri di esserlo. A mia figlia, che ha paura che io vada all’inferno, dico che ciascuno si salverà nella propria religione”.
Le difficoltà matrimoniali
Fino alla nascita del secondo figlio il matrimonio va a gonfie vele, poi subentrano dei problemi – non legati ai diversi credi religiosi – e Valeria si separa dal marito per sette anni. Un periodo difficile, “ero nelle mani di Dio”, che riesce a superare grazie all’incontro con padre Fulvio e un gruppo di donne sposate a tunisini. “Una suora mi ha detto che Dio si serve di noi nel matrimonio misto come strumento di tolleranza tra i popoli: questa frase profonda mi ha dato la forza di continuare. In quel periodo io sola mi occupavo dell’educazione dei figli e spesso venivano anche loro a messa, partecipando sia alle feste cristiane che musulmane. Mio marito, da cui non mi ero separata ufficialmente, li vedeva ogni domenica. Piano piano ho capito che aveva superato il suo periodo problematico e siamo tornati insieme. In quegli anni per me sarebbe stato più semplice tornare in Argentina, ma non potevo (all’epoca i figli dovevano avere l’autorizzazione del padre per poter lasciare il territorio tunisino, ndr). Ora penso che sia stato un segno di Dio: il nostro matrimonio ne è uscito rinforzato”.
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