La dar al arbi: il modello abitativo della Medina di Tunisi
C’è una signora a Tunisi, ormai una donna matura negli anni, che è ancora giovanissima in quanto a passione per il suo lavoro. Si chiama Jamila, che in arabo vuol dire “bella”, Jamila Binous, nata nel cuore della Medina di questa luminosa capitale del Nord Africa. Dalla Medina di Tunisi, suo spazio ancestrale, sua culla, suo luogo familiare e del cuore, la Professoressa Binous non si è mai staccata diventando negli anni una delle massime esperte della sua urbanistica. Storica, geografa, urbanista, la Binous ha studiato prima in Tunisia, poi in Francia. In seguito ha lavorato per le più importanti organizzazioni internazionali per la salvaguardia delle bellezze architetturali del mondo, come l’Unesco e ha insegnato per anni in diverse università, fra cui quella di Tunisi, materie legate all’urbanistica, all’architettura, all’uso degli spazi come elementi che assolvono a diverse funzioni sociali. Come spesso ancora avviene, la professoressa ha raccontato, giovedì 31 ottobre, nell’affascinante scenario della sala ricevimenti di una fra le più belle case della Medina, Dar Ben Gacem, a un pubblico di giornalisti tunisini e stranieri, le specificità della “Dar Arbi”, la casa che risponde al modello abitativo islamico.
Si tratta di una casa costruita secondo delle regole precise che ruotano tutte attorno al concetto di “salvaguardia dell’intimità della famiglia”. È sulla base di questo principio che, sin dall’VIII secolo, quando vengono costruite le prime abitazioni modeste intorno alla centrale Moschea dell’Ulivo, e poi dal XV secolo in avanti, quando invece si realizzano i grandi palazzi, si costruiscono le centinaia di dar e qsar che formano il paesaggio urbano della Medina di Tunisi. Sono tutte case e palazzi che devono rispondere a quella principale esigenza di distinguere la vita privata dalla vita pubblica, lo spazio familiare da quello comunitario. “La casa islamica – spiega ampiamente Binous – non è uno spazio pubblico, è uno spazio privato, al quale si accede dalla strada attraversando una serie di ambienti che devono fare da barriera, soprattutto alla vista dall’esterno”. Ecco allora che le magnifiche dar della Medina di Tunisi vengono costruite con delle driba e delle skifa, ampi ingressi e corridori, inseriti uno nell’altro a formare degli angoli, che poi portano al patio centrale o ai più patii delle dar e degli qsar principeschi, cui affacciano le varie stanze.
Quasi tutte sono poi dotate di un makzem, un magazzino, dove i fornitori lasciavano i prodotti e dove avveniva lo stoccaggio del cibo, delle conserve, dell’olio e di tutto ciò che serviva a nutrire gli abitanti della casa. Altro elemento tipico della Dar Arbi descritta dalla professoressa tunisina è costituito dai passaggi sopraelevati fra una casa e l’altra, nel solco del concetto del “possesso dell’aria”. Si tratta dei cosiddetti sabat, che formano dei sottopassi ad arco spesso decorati da mattoncini che seguono la forma delle foglie di palma. Sotto questi passaggi si trovano i borchiati portoni di ingresso alle case, incastonati in decorati cornici di khadel, la locale pietra color ocra, poi nei secoli successivi, nel XVIII e XIX, sostituita a volte dai marmi italiani. Ancora, l’attenzione dei presenti è attirata dalla professoressa sulle qubbet al-haua, le bellissime cupole interne ad alcune delle stanze delle dar che assolvevano alla funzione di tenere gli ambienti freschi, rispondendo alla regola scientifica che l’aria calda tende a salire. Decorate con stucchi maghrebini o in stile andaluso e moresco e da scritte in arabo che riproducono versetti del Corano o gli asma al-usna, i 99 nomi di Allah, come nella sala in cui avviene la presentazione della Binous, queste cupole sono un vero gioiello.
La professoressa menziona poi le ricche decorazioni interne delle case, rifinite con ceramiche floreali, marmi, boiserie, specchi, lampadari di cristallo, fuciliere in legno decorato, soffitti a cassettoni. Fra le dar che menziona ci sono la splendida Dar Romdane Bey con i suoi iconici balconi in stile parigino e Dar Bach Amba. Nel lasciare la conferenza non si può non notare la bellezza della Dar che ci ospita, oggi un boutique hotel, formato dall’unione di due dar vicine, Dar Ben Gachem Pacha e Dar Ben Gachem Kahia, costruite l’una nel XV secolo e l’altra nel XVII. Usciti dall’ampio portone dell’Hotel, la Medina è avvolta nel silenzio e nel buio della sera. Al passaggio dei pochi abitanti che si affrettano verso le case, le loro ombre si allungano dagli archi dei sabat, gli unici punti illuminati di alcune viuzze della città vecchia. Poi qualche gatto miagola stancamente in cerca di rimasugli di cibo dei passanti del giorno. Ancora, qualche venditore si attarda nelle operazioni di chiusura della bottega. Le risate di un gruppo di ragazzi seduti nell’ultimo caffè rimasto aperto, mentre sorseggiano tè alla mente e citronnade. La Medina di Tunisi, un luogo da non perdere!
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