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“La rivoluzione dei gelsomini” di Takoua Ben Mohamed, una storia familiare

Ricordi d’infanzia, legami che sopravvivono alla dittatura, rabbia e frustrazione che infiammano la società, ricerca dell’identità, memorie personali e collettive, nella graphic novel pubblicata da Becco Giallo

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Quell’ultimo giorno d’estate, nel 1991, sono nata io. Nel periodo più difficile per la mia famiglia. Nel momento più buio per il mio Paese” . “La rivoluzione dei gelsomini”, edito da Becco Giallo nel 2018, è un racconto autobiografico a fumetti che ripercorre la storia familiare della sua autrice, la graphic journalist italo-tunisina, Takoua Ben Mohamed. Una storia familiare, ricostruita attraverso racconti, lettere, foto, notizie d’archivio e vecchi giornali, che si intreccia inevitabilmente con quella della Tunisia dagli anni ’90 al post-rivoluzione, passando per gli eventi del 17 dicembre 2010 e del 14 gennaio 2011.

Disegnare la dittatura – La graphic novel, divisa in sette capitoli, descrive con semplicità e un pizzico di umorismo l’infanzia della giovane protagonista, che osserva il mondo degli adulti con curiosità, preoccupazione e talvolta con impotenza, accompagnata dall’inseparabile gatto Miao. Ad ogni ricordo felice della vita a Douz, nel sud del Paese alle porte del deserto, se ne affianca uno più cupo, con un costante riferimento al contesto politico dell’epoca. Così, la partenza improvvisa del padre, che poi troverà asilo politico in Italia, l’arresto dello zio sottoposto a torture in carcere e tutte le altre vicende familiari quotidiane diventano lo strumento narrativo per raccontare gli anni bui della dittatura di Ben Ali.. In questo senso, la scelta cromatica non è casuale. Le tavole a colori si alternano, infatti, con quelle a sfondo nero, funzionali a mettere in evidenza tutti i lati oscuri del regime, tra repressione, arresti arbitrari, censura, interrogatori, violenze ripetute e abusi da parte della polizia.

"La rivoluzione dei gelsomini" di Takoua Ben Mohamed, pagine 54 - 55

Un ritratto di famiglia – Violenze e soprusi che in quegli anni fanno parte della “normalità” e non risparmiano nemmeno le donne, indipendentemente da età e professione. “Come sempre, chi viene arrestato viene portato via in manette davanti alla sua famiglia, agli amici e ai vicini. E a chi porta il velo, glielo strappano via dalla testa davanti a tutti. Donne di ogni tipo, dalle professoresse alle mamme casalinghe, alle magistrate, alle dottoresse, contadine e giornaliste” (pagine 115-119). Proprio le donne sono le protagoniste indiscusse di questa graphic novel. Le figure femminili accompagnano la protagonista nella sua crescita e sembrano diventare modelli di riferimento a cui ispirarsi: c’è la nonna, di cui ricorda i tatuaggi tipici della tradizione berbera del sud; la zia, una donna solare, curiosa e istruita, un’attivista che per anni ha preso parte ai movimenti studenteschi e che “ha scelto di portare il velo liberamente”.

C’è la madre, ritratta come una donna sempre presente e premurosa nei confronti dei sei figli. Una donna lavoratrice che la giovane ammira per i suoi sacrifici e la sua forza nel sopportare il peso delle responsabilità e della solitudine, in assenza del marito. A questo fardello si aggiungono le minacce da parte della polizia, i pedinamenti nella medina e le continue irruzioni in casa nel cuore della notte. Dal racconto a fumetti, emerge il profilo di una donna, madre e moglie coraggiosa, che non si lascia intimidire e fa di tutto per mantenere un clima sereno in famiglia, che cerca sempre di risparmiare ai figli ulteriori sofferenze, mentre custodisce la preziosa memoria familiare sotto la sabbia del deserto. Emerge con forza anche un racconto collettivo, fatto di donne che resistono e si sostengono a vicenda, in segreto, all’interno della comunità. Accanto alle figure femminili, non mancano quelle maschili. Lo zio, il nonno e il padre, con cui la madre rimane sempre in contatto, sfidando i controlli del regime, ma di cui la protagonista non ha alcun ricordo, perché il destino li ha separati troppo presto. “Non conosco nulla di lui. Non la forma del suo volto…Né il suono della sua voce” (pag. 87).

"La rivoluzione dei gelsomini" - pagine180 - 181

Partenze – I capitoli finali del volume sono un susseguirsi di nuove esperienze di vita. La prima volta a Tunisi, che l’autrice descrive come “una città grande, caotica e trafficata”, ma soprattutto come “la sede del potere corrotto” e come un luogo pericoloso per “persone come mia madre” in cui “le spie sono dappertutto” (capitolo 6). Il primo viaggio in nave con regolare visto. Infine, la prima volta in Italia, per il ricongiungimento familiare con il padre, dopo otto anni di lontananza. Dopo aver mostrato quanto dolore può procurare la dittatura nella vita di una singola famiglia, la graphic novel racconta quindi un viaggio fisico verso l’altra sponda del Mediterraneo, ma anche l’inizio di un viaggio interiore alla ricerca della propria identità.

L’Italia è il Paese in cui quella bambina, nata e cresciuta a Douz, diventa una giovane donna, un’attivista impegnata socialmente, che sceglierà di indossare il velo “come gesto di ribellione al forte clima di pregiudizi e razzismo nei confronti dei musulmani nel mondo” (pag. 190). Ma l’Italia è anche il luogo in cui la protagonista, all’età di 8 anni, lascia in sospeso una parte di sé, in un processo di rimozione. “Da un certo punto di vista ho cancellato la Tunisia dalla mia cartina geografica mentale. Ho dimenticato quasi tutto e quasi tutti. Tranne i ricordi più brutti, che non si cancellano mai”. “…Non parlo mai con nessuno dei parenti al telefono. Ormai ho tagliato ogni legame vivo con l’altra mia metà” (pag. 192-193).

"La rivoluzione dei gelsomini" - pagine 210 - 211

Ritorni – Nonostante ciò, l’autrice continua a seguire con interesse quello che accade nel suo Paese di origine, soprattutto negli anni che precedono la rivoluzione. Le tavole testimoniano l’aumento della censura, della corruzione e della criminalità, descrivono un Paese in declino e un popolo abbandonato a sé stesso, tra disoccupazione e povertà. “Nessuno crede più in nulla. Le persone sono come dei gelsomini che si sono appassiti prima ancora di sbocciare”, scrive l’autrice. Ma poi qualcosa lentamente cambia. I giovani iniziano a sfidare il regime attraverso i social network e il popolo tunisino inizia a rivendicare lavoro e dignità, diritti e libertà. Nella graphic novel, trova spazio la cronaca dei fatti di Sidi Bouzid, torna lo sfondo nero a rappresentare l’umiliazione subita dal giovane venditore a cui la polizia confisca ingiustamente la merce, il 17 dicembre 2010. Compaiono il rosso e il giallo delle fiamme che avvolgono Mohamed Bouazizi. Fiamme che raffigurano anche la rabbia collettiva che esplode dopo la morte del giovane. Arrivano i giorni delle proteste, delle manifestazioni e delle repressioni violente, fino alla fuga di Ben Ali il 14 gennaio 2011. Una data storica che segna “l’inizio del cambiamento, l’inizio del percorso verso la democrazia. Un percorso certamente lungo e difficile” (pag. 220).

E con l’avvio della transizione democratica, la giovane protagonista e la sua famiglia compiono il loro viaggio al contrario, dall’Italia alla Tunisia. Tornano così, sul finale, i temi dell’identità e del senso di appartenenza, presenti in tutta la graphic novel fin dalle prime pagine, in cui l’autrice scriveva: “Chi sono, io?”, “Casa mia non so dov’è”. Il romanzo a fumetti si chiude con la postfazione di Renata Pepicelli e un intervento di Leila El Houssi, docenti di Storia dei Paesi islamici, rispettivamente presso l’Università degli Studi di Pisa e l’Università degli studi di Padova. I due testi che accompagnano le tavole di Takoua Ben Mohamed offrono un’analisi del contesto storico con uno sguardo al futuro della Tunisia. Impossibile, rileggendo oggi quelle pagine, non pensare all’attuale situazione di incertezza, in cui il processo di transizione democratica è sospeso e il Presidente della Repubblica, Kais Saied, sembra voler cambiare le date e perfino il corso della Storia.

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