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Tunisia : a Kairouan Rap, un progetto per scoraggiare la migrazione irregolare a ritmo di musica

Il progetto è stato finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e dalla Regione Emilia Romagna, in partenariato con altre associazioni locali e con la ONG italiana Overseas.

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« Ho visto troppa gente soffrire: madri, padri, fratelli, sorelle, fidanzate, mogli, figli. Ho ascoltato grida strazianti ogni volta che una salma viene riportata in una cassa e magari non si può neppure aprire per vedere chi  c’é dentro un’ultima volta. Ho visto madri che non troveranno mai la pace finché non troveranno almeno un osso del figlio che hanno amato. Dietro ogni affogato nel  Mediterraneo ci sono famiglie in lutto. Dietro ogni vittima della violenza, del freddo, della droga, delle condizioni di marginalità sulle strade d’Europa, c’é  lo strazio del dolore. Più che un problema securitario, è un problema umanitario». Paola Bruna Kenani, vicepresidente dell’associazione Monologue, di Kairouan, il dramma della migrazione irregolare lo conosce da vicino. Tanto da decidere, nel 2020, di lanciare un progetto di sensibilizzazione rivolto ai giovani tunisini sui rischi di una migrazione irregolare. Il progetto è stato finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e dalla Regione Emilia Romagna, in partenariato con altre associazioni locali e con la ONG italiana Overseas.

« Il nostro obiettivo è stato sensibilizzare i giovani sui pericoli della migrazione irregolare e parlare loro della dura realtà che si incontra in Europa. Per parlare di questi temi, c’è bisogno di un linguaggio più semplice e quale più della musica Rap ? La musica delle periferie, che esprime ribellione, libertà, speranza. Da qui ha preso il nome il nostro progetto : Rap, che indica sia questo genere musicale, ma è anche l’acronimo di Réfléchir avant de partir, riflettere prima di partire ». E prosegue : « Tanti giovani lasciano gli studi e spesso si ritrovano in una gabbia di lavori precari che non permettono loro di costruirsi un futuro, ma la mera sopravvivenza. E molti qui sono già degli irregolari, perché magari fanno lavori in nero. Per questo motivo da qui l’Europa è vista come un mito ». Il progetto Rap ha formato una decina di ragazzi e ragazze alle arti sceniche per esprimere attraverso la musica e le parole i sogni dei migranti, ma anche i fallimenti, il viaggio e la morte, la lontananza, la solitudine,  la  violenza, le espulsioni, l’esperienza del carcere o della droga, per dare un po’ più di consapevolezza alle loro scelte. « Abbiamo anche cercato di trovare insieme dei canali di migrazione regolare, anche stagionali, perché il loro desiderio d’Europa non si trasformi in una tragedia per loro e i loro cari. E abbiamo anche cercato di restituire la fiducia di questi giovani nel loro Paese e nella possibilità di fare qualcosa per migliorare e uscire dal pessimismo, dalla povertà  e dalla marginalizzazione che li confina nell’apatia e nella disperazione ».

Canzone Mansit'ha di SIKIMI

« I giovani che hanno preso parte al progetto ne erano entusiasti . Un rapper, già conosciuto, ci ha detto invece di no : lui stesso voleva partire irregolarmente, quindi non poteva cantare contro questo fenomeno. Le canzoni che hanno scritto i ragazzi raccontano anche la tragedia di chi resta e sopravvive a chi muore in mare. Ci sono famiglie che soffrono per sempre : abbiamo intervistato diverse madri dei dispersi in mare, e qui la tragedia è ancora maggiore di chi è riuscita a trovare una salma. Una volta una madre ha detto a un’altra : « Tu almeno hai una tomba su cui piangere ». Queste donne vivono in una continua schizofrenia, tra momenti di disperazione, e momenti di speranza, in cui credono di poter trovare il proprio caro ». Le canzoni sono anche una sorta di denuncia alle autorità europee : « Queste morti in mare non sono tragedie, ma la conseguenza di una certa politica. In Tunisia un viaggio simile costa dai 5 mila ai 13 mila dinari (circa 1566 euro e 4072 euro), 20 volte più di un viaggio regolare, cifre non indifferenti considerando che il salario minimo si aggira sui 450 dinari (circa 141 euro). Ciò significa che per qualche anno si deve lavorare per arrivare a mettere da parte questi soldi. E’ una disperazione mentale dovuta in parte al mito dell’Europa. Se ci fosse una migrazione regolare puù semplice, queste situazioni tragiche si eviterebbero. Bisogna che l’Europa si faccia un esame di coscienza ».

« Tanti giovani hanno idee bellissime, ma mancano i fondi per realizzarle. Anche per le canzoni : registrare una canzone e girarne il video ha un determinato costo. Progetti come il nostro riescono a far breccia negli indecisi, tra chi ha remore sulla partenza, mentre ci sono persone che dicono che qui sono già morte, e rifiutano totalmente la vita in Tunisia, tanto da rischiarla in mare ». Seif, 16 anni, lavora da quando ne ha 12. Con il progetto Rap ha realizzato il sogno di registrare la sua prima canzone e realizzare un videoclip ed è ritornato a studiare. Sikimi, 21 anni, lavora in nero nei mercati di Kairouan e ha provato più volte la migrazione irregolare, perdendo degli amici. Ora ha messo da parte l’idea di partire di nuovo in questo modo.

QasmaLallah di Saif Laben

Il prossimo passo per fare sì che il progetto continui nel suo obiettivo di sensibilizzazione, è un Festival internazionale, sostenuto dal Ministero della cultura :  organizzato dall’associazione Monologue, si terrà a Kairouan a fine novembre sulla sofferenza della migrazione clandestina (maaset al harka), una competizione aperta ad attori; che sarà preceduta da un meeting di apertura con i musicisti del progetto RAP, ma anche altri provenienti dalla diaspora africana e dall’Europa, le cui canzoni vorranno sottolineare la tragedia della migrazione irregolare e la necessità di un cambiamento della politica dei visti. « Far capire che sono persone e non numeri, fare in modo che si crei un dialogo e che si svolga un evento sul tema da dove tutto ha origine. Che l’Europa capisca da dove provengono questi migrante. E che si rifletta sulla politica dei visti ».

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