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Weldek rajel : il documentario tunisino che dà voce all’immigrazione irregolare

Un docufilm che porta sullo schermo, senza filtri e giudizi, la vita di alcuni giovani tunisini irregolari in Francia. Tra sogni, speranze e disillusioni.

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Arbi, Radhouane, Bouali, Boubaker, Saif, Malek : sono loro, giovani tunisini emigrati in Europa irregolarmente, i protagonisti del documentario tunisino « Weldek rajel », « Tuo figlio è un uomo ».

Un punto di vista originale – le produzioni tunisine avevano finora raccontato il pre partenza, e mai il dopo -, ma soprattutto senza filtri o giudizi. Si entra nelle vite di questi giovani, che vivono in Francia, il cui sogno di una vita in Europa si è scontrato con una realtà che è ben diversa da quella che avevano immaginato. E si ritrovano a doversi districare in una quotidianità precaria, in cui il proprio destino è appeso a un filo, tra sfruttamento, nostalgia di casa, fughe dalla polizia. Il docufilm, uscito nel 2016 dalla casa di produzione Iris, è un’idea del fotografo e realizzatore Heifel Ben Youssef ed è stato diretto da Souhaila Mansour.

Attraverso i loro racconti, emergono le loro aspettative, la nostalgia di casa e della famiglia, la voglia di regolarizzarsi e poter lavorare dignitosamente. Ci sono critiche all’Europa, che li sfrutta sapendo del loro bisogno di lavorare, ma anche alla Tunisia, dove non possono tornare a mani vuote, perché sarebbero bollati come dei falliti. Non mancano neppure i messaggi ai compaesani che vorrebbero partire verso l’Europa, nella consapevolezza che le loro voci potranno rimanere inascoltate, perché loro stessi non credevano a chi li dissuadeva nel partire. C’è chi è arrivato in Europa irregolarmente, chi tramite un visto turistico e poi è rimasto oltre i tre mesi concessi, restando così senza documenti.

Boubaker, tra i protagonisti del docufilm Weldek rajel

Il film si apre con Arbi: « Penso alla ragione che mi ha fatto venire qui. Ti ritrovi in un Paese che non è come ti eri immaginato. La Francia non è più come prima, sopravvivere è diventato troppo difficile. La società tunisina non ha pietà : una volta che vai all’estero, o rientri con le tasche piene, o non rientri ». E aggiunge : « Vorrei dire a mio padre, weldek rajel (da qui il titolo del docufilm, ndr), in qualche modo ne uscirò ». Saif, arrivato in Francia con un visto turistico, e fermatosi più del tempo previsto, che ha trovato lavoro – in nero – grazie a una ragazza colombiana : « Non si ha lo stesso sguardo sull’Europa, quando ci si vive : dalla Tunisia la trovi interessante perchè ti fissi sulle apparenze, per i migranti che durante l’estate tornano per le vacanze da lì con le belle macchine, ma non è la stessa cosa quando sei sul posto ». Lui in Europa ci era già stato, da piccolo, con la squadra calcistica dell’Esperance. « L’Europa non è più il posto dove cercare fortuna : vorrei che i miei amici potessero venir qui per una settimana e vederlo con i propri occhi. Ho rivalutato la Tunisia : per conoscere il valore di qualcosa, a volte bisogna separarsene ».

Radhouane è arrivato in Francia dal 2008 : lavorava ad Hammamet, dove seduceva le turiste straniere, ed ha seguito una ragazza francese. Ora ha un furgone dove vende panini. Bouali invece è un’artista di strada . Parla della polizia, e della differenza con quella tunisina : « Qui non picchiano, non offendono tua madre, al massimo ti confiscano il materiale o ti danno una multa ». Boubaker viene da Zarzis, è arrivato in Europa nel 2011, durante la Rivoluzione : « Non ho fatto nulla di quello che volevo fare, ma ho imparato tante cose. La migrazione ha aspetti positivi e negativi, bisogna parlarne. Io non voglio la cittadinanza francese, ma solo avere dei documenti regolari ». C’è anche uno spacciatore tra i tunisini intervistati, volto coperto e voce contraffatta : «Ho cercato di lavorare onestamente, ma mi davano 1000 euro al mese per lavorare sette giorni su sette. Se potessi, smetterei , se trovassi un lavoro come si deve. Ma quando sei senza documenti, ti sfruttano e basta ». Malek lancia un messaggio a giovani : « Se vieni qui, il Paese consumerà te stesso e il tuo tempo e se non riesci sarai lo zimbello di tutta la Tunisia ».

Un docufilm piacevole, che alterna anche momenti in cui si sorride – perché l’ironia non manca a molti di questi giovani -, da guardare per avere uno sguardo diverso su chi emigra irregolarmente, spesso bollato ingiustamente come criminale tout court.

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