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Tunisini al voto in Italia per il Referendum : alle urne il 4% degli elettori

Dalle interviste raccolte tra i tunisini residenti a Mazara del Vallo, dove è presente una massiccia comunità di cittadini nordafricani, l'impressione è quella di un voto di "pancia", risultato della disaffezione nei confronti dei partiti islamisti e del momento di crisi che sta affrontando il partito Ennadha, oltre alla poca conoscenza del nuovo testo.

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Poca gente in fila presso il seggio allestito all’interno di Casa Tunisia, nel cuore della Kasbah di Mazara del Vallo. Alla chiusura dei seggi, ieri, su 1301 tunisini residenti nella cittadina in provincia di Trapani, il dato dei votanti si è fermato a poco più del cinque per cento degli aventi diritto. Un trend in linea con la bassa partecipazione in Italia, dove si è recato alle urne appena il quattro per cento degli elettori. E mentre sull’altra sponda del Mediterraneo, i tunisini contrari al presidente Kais Saied hanno fatto sentire la propria voce, con diverse manifestazioni nella capitale, sui residenti all’estero pare abbia funzionato la propaganda pro sì. In ballo l’approvazione della nuova Costituzione, la seconda dalla caduta del regime di Ben Ali. Una nuova carta costituzionale che rischia di cancellare con un colpo di spugna quanto di buono era stato fatto subito dopo la primavera araba. Dalle interviste raccolte tra i tunisini residenti a Mazara del Vallo, dove è presente una massiccia comunità di cittadini nordafricani, l’impressione è quella di un voto di “pancia”, risultato della disaffezione nei confronti dei partiti islamisti e del momento di crisi che sta affrontando il partito Ennadha, oltre alla poca conoscenza del nuovo testo.

La democrazia è importante – ci dice Noureddine, appena fuori dal seggio -, ma molti non conoscono il significato di democrazia. Per questo oggi è importante andare a votare. Speriamo che venga approvata questa nuova Costituzione perchè in tutti questi anni non abbiamo visto nessun miglioramento, solo promesse. Sono dalla parte del presidente  – conclude – sta facendo la cosa giusta“. Il riferimento è alla decisione, lo scorso anno, del presidente di congelare l’attività del parlamento, per assumere poi tutti i poteri. Perfettamente d’accordo con il pensiero di Nouredinne, anche Mahdy: “Per me è meglio per tutti. Perchè il Paese è in rovina, speriamo che adesso le cose si possono sistemare. Io da tre anni non vado in Tunisia, ho abbandonato tutto, la mia casa, le mie campagne. Io sono figlio di Bourghiba, dopo è arrivata la rovina per il mio Paese, mi auguro che tutto si possa sistemare“.

L'ingresso della sezione elettorale a Casa Tunisia, Mazara del Vallo - photo credits Pamela Giacomarro

Tra i punti più controversi del nuovo testo della Carta Costituzionale promossa da Saied, l’articolo 5 che asserisce “la Tunisia fa parte della Umma-nazione islamica” e che preoccupa i movimenti femministi tunisini. Non la pensano così Yusraa e Fawziya che abbiamo incontrato proprio all’uscita di Casa Tunisia. “Io ho letto qualcosa e secondo me è arrivato il momento di guardare avanti, al futuro, per nostro bene e quello dei nostri figli  – afferma Yusraa – sto dalla parte del presidente e non  credo siano in pericolo i diritti delle donne“. “Sono perfettamente d’accordo con questa nuova Costituzione – gli fa eco Fawziya – speriamo che davvero possa migliorare, perchè in questo momento la Tunisia sta cadendo a pezzi e da anni“.

 

Unica voce fuori dal coro è quella di Mahmoud Korbi : “Sono sicuro della vittoria del sì. La maggior parte del popolo è dalla parte del presidente e questo, più che un referendum sulla Costituzione – sottolinea –  è un voto sul gradimento di Kais Saied. Io non sono affatto d’accordo, ritengo già sia il colmo votare un referendum sulla Costituzione, di fatto incostituzionale. Questo è il primo punto. Secondo, questa nuova Carta costituzionale, mina quelle che sono le basi della democrazia, ovvero la divisione dei poteri. Tutto torna in mano ad un uomo solo al potere. In pratica è un ritorno al regime, al pre rivoluzione. Leggendo bene il testo poi, non fa riferimento alle tante minoranze presenti in Tunisia, così come non si affrontano in maniera chiara i temi legati ai diritti umani, solo qualche accenno. Ma la cosa che più mi preoccupa – conclude Mahmoud – è la negazione del diritto allo sciopero per diverse categorie, compresi i magistrati“.

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