Tunisia: risveglio a Chenini
Cronaca di un risveglio piovoso, nel villaggio berbero di Chenini, che ha cambiato per sempre il mio modo di viaggiare e di intendere la Tunisia
Ero sotto le pesanti coperte di lana del Kenza Hotel a Chenini, quando, come dentro un sogno mellifluo, sentì un melodioso canto provenire dall’esterno. Ci misi una decina di secondi per riprendere pienamente conoscenza e capire che quel canto che sbucava fuori dal nulla era l’adhan, il richiamo alla preghiera, e che io mi ero svegliato all’alba. La vecchia Chenini è così solitaria e silenziosa che sono riuscito a svegliarmi a causa del richiamo della preghiera di una moschea che distava almeno duecento metri. Il richiamo era melodioso, e si percepiva nitidamente malgrado il portone in legno e ferro battuto che chiudeva la mia stanza, e malgrado le pareti scavate nella nuda roccia di questo meraviglioso e unico hotel.
Ero andato a dormire relativamente presto, in quanto la sera precedente ero arrivato attorno alle dieci di sera, ma dopo una veloce passeggiata fino alla moschea (proprio quella, di colore bianco, da cui stava partendo il richiamo alla preghiera dei fedeli) ero rientrato subito per una doccia e la nanna, il vento era troppo forte e la temperatura probabilmente attorno ai 3-4 gradi. Non mi sono fatto troppi problemi, e sebbene non fossero neanche le sei del mattino, presi i vestiti e uscì fuori per ammirare il chiarore dell’aurora scendere su questo scorcio di Tunisia del Sud. Aprì la porta e subito venni inondato dagli odori della natura, intensi da permeare l’intero aere: l’odore degli animali, specie quello di capra, si mescolava perfettamente a quello della polvere e della sabbia del deserto, creando un’aroma che mai avrei dimenticato, e che ancora oggi definisco “odor Sud Tunisia”. Presi i biscotti e il caffè che mi era rimasto dal giorno prima (me l’ero preparato a casa prima di partire) e feci colazione, ammirando in silenzio tutte le fasi di albeggio, constatando però che il cielo era ancora una volta completamente nuvoloso, anzi, più la notte diventava giorno, più mi resi conto che era cielo da pioggia.
Sul finire della colazione incontro il tipo che mi aveva fatto il check-in, perfettamente incappucciato all’interno di un vestito che mi ricorda quello da jedi indossato da Obi Wan Kenobi nel film “Una Nuova Speranza” che, dopo avermi chiesto quando sarei andato via e se avessi avuto bisogno di una guida per girare la cittadina, mi comunica che oggi avrebbe piovuto tutto il giorno. Non c’era un attimo da perdere: presi il giaccone, la macchina fotografica e scesi per la “via principale” di Chenini, con l’obiettivo di arrivare in cima al villaggio prima dell’inizio della pioggia (guardai il radar e mi resi conto che era questione di minuti). Consapevole che non ce l’avrei mai fatta, visto che avrei avuto bisogno di una ventina di minuti per districarmi tra le stradine e i sentieri, che circondano le abitazioni scavate nella montagna, prima di arrivare in cima, decisi di fare una seconda colazione nell’unica sala da the davanti alla moschea del villaggio. Non c’era nessuno, ero solo io, il custode della moschea intento a fare un riposino su una seduta in cemento e il proprietario della sala da the, di cui sarei presto diventato cliente abituale. Fu proprio in questa sala da the che nell’ottobre del 2022, durante una mia permanenza a Chenini di ben quattro giorni, iniziai a scrivere il mio libro.
Caffè preso, chiesi dove fosse il bagno. Indicandomi a caso una zona fuori dalla sala da the, mi mossi in quella direzione, ammirando per la prima volta la Nouvelle Chenini, le campagne, la Moschea dei Sette Dormienti (forse l’attrazione principale oltre al villaggio in sé) e la famosa roccia a forma di dromedario che svetta dall’altra parte della collina. Restai ad ammirare il panorama per una ventina di minuti abbondanti, terminando il mio cafè direct, fino all’arrivo delle prime gocce di pioggia. Decisi allora di salire fino a raggiungere la sommità del villaggio, considerando che al momento la pioggia era ancora debole, ma sarebbe aumentata con il passare dei minuti assieme alle forti raffiche di vento che sferzavano qualsiasi cosa, aprendo e chiudendo gli infissi delle minuscole abitazioni e i depositi di grano che sorgevano qua e la, creando un effetto un po’ sinistro.
Il silenzio era surreale, rotto di tanto in tanto da queste raffiche di vento. Il Sole era sicuramente sorto da un pezzo quando raggiunsi, a fatica, la sommità del villaggio, arrivando ad ammirare in un colpo solo sia la vallata dove sorgevano i depositi di grano, le abitazioni e le fattorie con capre, cavalli e buoi, sia il Kenza Hotel, sia la moschea bianca che la Nouvelle Chenini e la Moschea dei Sette Dormienti, con il suo minareto un po’ sbilenco. Sotto una pioggia scrosciante, così forte da creare dei fiumiciattoli di fango che scendevano dalla sommità del villaggio, decisi di scendere, rientrare in hotel e prendere le mie cose. Chiesi al custode il modo migliore per raggiungere la Moschea dei Sette Dormienti, ma non colsi al volo le sue indicazioni metà in francese e metà in arabo, e decisi quindi di scendere seguendo la strada principale, quella asfaltata da cui ero venuto la sera precedente. Nello scendere lanciai gli ultimi sguardi a questa località che, in breve tempo, aveva preso un posto in primo piano nel mio cuore. Mi sono recato tante volte a Chenini negli anni, vedendola con la pioggia, il Sole estivo, all’alba e al tramonto. Ogni momento, ogni periodo, fu una sorpresa continua, un gioco di luci, odori e colori che a parer mio, gli danno il premio di “posto più bello dell’intera Tunisia”.
Raggiunsi la Moschea dei Sette Dormienti dopo una cinquantina di minuti a piedi. Capì subito di aver preso la strada più lunga (sarei dovuto scendere proprio dal posto dove, poco prima, mi ero fermato una ventina di minuti ad ammirare il panorama e le Rose del Deserto), comunque mi fermai varie volte per fare foto e video. Quando entrai nel cancello della Moschea dei Sette Dormienti, pioveva a dirotto, così come prima cosa decisi di rintanarmi dentro una caverna-fonte d’acqua potabile distante un centinaio di metri, sotto lo sguardo attento di un custode che avrebbe sicuramente (e lo fece) richiesto una lauta mancia, solo per avermi accompagnato su un sentiero di cento metri che era per altro facilissimo da percorrere da solo. Smesso di piovere, decisi di entrare nella moschea e sgranchire un po’ le gambe. La Moschea è molto piccola, senza ornamenti o colori particolari, ma è veramente un luogo da vedere per le sensazioni che un posto così isolato nel deserto ti sa dare. Dopo feci una visita al cimitero dei Sette Dormienti, sette figure storiche che secondo la credenza popolare, erano alti dai 4 ai 5 metri, e a testimonianza di ciò è possibile vedere i tumuli lunghi circa cinque metri, venerati dalla comunità locale e meta di pellegrinaggio di fedeli da tutto il Paese e da altri Paesi del mondo arabo.
Una nota finale a descrizione di ciò: era una mattina di metà dicembre, e complice il cielo nuvoloso e la sabbia trascinata a grandi distanze dal deserto, il cielo era plumbeo e dalle colorazioni ocra. Fu uno spettacolo incredibile, perché ebbi la sensazione di trovarmi in un luogo il cui tempo era fermo a quasi un secolo fa. Dalle usanze, le movenze, gli abiti e i modi di fare degli abitanti, mi resi conto che Chenini era ancora un luogo sconosciuto al turismo di massa, e tutt’ora oggi è visitato esclusivamente da qualche turista che fa la gita di un giorno da Djerba, visitando Chenini, Matmata e Ksar Ouled Soultane. Chenini è uno di quei luoghi che cambiano completamente la prospettiva di un viaggiatore, e non soltanto per la Tunisia, parlo proprio del modo di viaggiare in sé. Quante volte avete sentito la frase “un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato” e poi magari arrivate in un posto pieno zeppo di turisti e catene di ristorazione commerciale? Chenini è fortunatamente uno di quei luoghi dove il tempo è effettivamente fermo. Per sempre dirò che un viaggio in Tunisia senza visitare Kairouan e Chenini non sarà mai la stessa cosa.
L’altra importante considerazione è la seguente: Chenini si trova sui Monti degli Ksour, tra Djerba e Ksar Ghilane, che si trova ai limiti del grande Erg, il deserto di sabbia. Bellissimo il villaggio troglodita (abitanti delle grotte) di Chenini e la sua storia, ma io volevo vedere anche il deserto vero e proprio, fatto di dune e sabbia. Questo sarà oggetto del prossimo articolo, quello in cui da Chenini troverò il modo, un po’ rocambolesco, di raggiungere la città di Douz e la porta del deserto.
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