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David Sagramola : « In Tunisia discriminato perché mio padre è italiano »

David Sagramola, 27 anni, analista geopolitico, ha mamma tunisina e papà italiano. « Per questo motivo ho vissuto diversi episodi di razzismo in Tunisia, che mi han fatto molto male. Ma il legame con questa terra è comunque forte , tanto che sto pensando di trasferirmi ».

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« Se un uomo tunisino sposa una donna straniera è un figo, se una donna tunisina sposa un uomo straniero, sappiamo come viene considerata. Ora per fortuna la società sta cambiando e spero ci siano miglioramenti, sia in Tunisia che in Italia. Molti rimangono straniti quando racconto degli episodi di razzismo subiti in Tunisia per il fatto che mia madre, tunisina, abbia sposato un uomo italiano. Eppure sono successi » . David Sagramola, 27 anni, di Perugia, una laurea triennale in Scienze politiche e relazioni intenrazionali e una magistrale in Conflitti, sicurezza internazionale e studi strategici, ora analista geopolitico, racconta la sua esperienza di figlio di « coppia mista  italo – tunisina». « Il fatto che mia mamma, professoressa all’università per stranieri, fosse tunisina, era quasi un vanto. A parte pochi casi, più verso l’adolescenza, non ho mai subito discriminazioni od offese. Cosa che invece non è avvenuta in Tunisia : ci si aspetterebbe l’esatto contrario. Mio padre per sposare mia madre non si è convertito, ma il matrimonio è stato riconosciuto in maniera effettiva solo poco tempo fa (una circolare vietava i matrimoni delle donne tunisine con non musulmani, abolita nel 2017, ndr). Ma le persone  in Tunisia non mi considerano tunisino : ‘Guardati, con gli occhi azzurri non si direbbe’, o ancora ‘Ti chiami David, sei ebreo’, ‘Ma sei una spia, come mai studi l’arabo’. Episodi che mi hanno fatto molto male. La situazione diventava pesante, perché avveniva di frequente con le forze dell’ordine : ‘tu non sei tunisino, perché mi mostri la carta d’identità tunisina ?’, ‘sei musulmano ? Dimmi la prima sura del Corano’, poi mi chiedevano se sono circonciso, mi prendevano in giro per come il mio cognome viene tradotto in arabo. Episodi molto brutti, soprattutto quando avvengono mentre viaggi, in aeroporto, alla dogana, con altre persone tunisine accanto che invece di intervenire, ridono anche loro ».

Questi episodi non hanno però minato il suo rapporto con la Tunisia : «« Crescendo mi sono sentito sempre più tunisino, ho cominciato a scoprire di più questa mia identità e dall’età di quindici anni ho iniziato a frequentare la Bourguiba School a Tunisi per imparare la lingua araba.  Mi sono imposto di non frequentare europei al di fuori per praticare meglio la lingua. Mentre studiavo, facevo qualche lavoretto, ad esempio come aiuto pizza, proprio perchè mi imponevo di dover capire immediatamente ciò che mi veniva detto, senza la comodità del francese di mezzo. Poi con le varie manifestazioni che ci sono state nel 2013 a seguito della morte di Brahmi, ho cominciato a frequentare la piazza e ho conosciuto dei ragazzi con cui sono diventato molto amico e ho cominciato a vedere la Tunisia da un’altra prospettiva, che immaginavo ma non conoscevo. Me ne sono appassionato a livello storico e sociale, in questo caso non tanto per una questione legata alle mie origini, ma proprio perché volevo capire meglio il percorso democratico che il Paese aveva intrapreso. Mi sono appassionato alla vicenda di istanza democratica che ha accompagnato la nazione dal periodo post coloniale alla rivoluzione ».

Photo by Juan Ordonez on Unsplash

Il rapporto con la Tunisia continua anche in Italia : « Con le prime elezioni libere ho deciso di impegnarmi : nel 2014 sono stato un membro del seggio tramite l’Isie e nel 2019 coordinatore dell’Italia centrale per il seggio estero. E’ stato un bell’impegno, ma ero fiero di poter dare una mano e fare qualcosa per la Tunisia in Italia, dove è più particolare riuscire a seguire le dinamiche politiche. All’estero trovo che ci sia più coinvolgimento rispetto a chi vive sul posto, che il dibattito sia più acceso, la gente più interessata ». Ma che significa essere italo – tunisino ? « Da piccolo conoscevo solo qualche parola in tunisino, qualche piatto tipico, era come quando ti portavano nella stessa località. Solo crescendo, soprattutto durante l’adolescenza, ho sentito sempre di più la mia identità tunisina. Sento intrisicamente sia l’identità italiana che tunisina, ma se dovessi spiegare ciò che significa essere italo – tunisino, direi che è tutto un mix, in come si ragiona, nel cibo, non si riesce a fare una scelta e a definirsi in maniera netta. E’ un equilibrio tra due cose, tanto simili e tanto diverse allo stesso tempo ». E continua : « Le domande più strane che mi sono state fatte ? Quando viene fuori il discorso della doppia cittadinanza mi chiedono ‘in che senso tunisino, sei sicuro?’ oppure sulla religione : ‘preghi cinque volte al giorno?’. Fatte più che altro da persone che hanno una certa confidenza, chi mi conosce da poco all’inizio rimane più scettico sulle mie origini. Devo dire che in Italia ciò affascina, mentre in Tunisia c’è più diffidenza : si penserebbe l’esatto contrario ».

« Ho pensato di andare a vivere in Tunisia, ma poi è arrivato il Covid che ha bloccato i miei programmi, è da due anni che manco. Ma è un’opzione molto probabile : se da qui a qualche mese non ci saranno occasioni lavorative e la pandemia permetterà gli spostamenti, sarà un passo che farò ».

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