Dimmi come parli e ti dirò chi sei: modi di dire tunisini sul verbo mangiare e la parola muro
Se è vero che “negli interstizi delle lingue si nascondono i significativi segreti della cultura” come afferma la poetessa americana Adrienne Rich, proviamo ad addentrarci insieme nei segreti della cultura tunisina partendo da alcuni modi di dire.
Se è vero che “negli interstizi delle lingue si nascondono i significativi segreti della cultura”, come afferma la poetessa americana Adrienne Rich, proviamo ad addentrarci insieme nei segreti della cultura tunisina partendo da alcuni modi di dire.
Le prime espressioni che mi hanno colpito in tunisino sono quelle legate all’uso del verbo kle-yekel “mangiare”, che nell’immaginario di un tunisofono dilettante, appartiene, in tutti i sensi, al mondo dei mezzi di sopravvivenza. Ben presto però, ho scoperto che i tunisini mangiano altre cose oltre al cibo. In una rissa o una lite rischi di tekel triha, letteralmente “mangi una botta”, cioè di farti malmenare. Figuratamente, si può dire klitha 3ala rasi “ l’ho mangiata sulla mia testa” che vorrebbe dire che ho pagato fortemente le conseguenze di qualcosa, me le hanno suonate.
Un giorno, vedendo i miei colleghi in riunione a porte chiuse, ho domandato al guardiano cosa stessero facendo. Con mia grande sorpresa ho scoperto che stavano mangiando la luce! ovvero yeklu fi edh-dhaw, per poi scoprire che, secondo lui, stavano dicendo bugie. Un’immagine che rende bene quest’idea è anche yeklek bi el-kalem oppure bi lheff, ovvero “ti mangia con il parlare” usata anche per indicare una persona che con la sola parlantina riesce a convincerti di quello che vuole. Inoltre se noi italiani ci mangiamo le mani, i tunisini fanno più o meno uguale, ma risparmiano i palmi, infatti si dice nekel fi sweb3i “ mi mangio le dita” per rammaricarsi di una cosa non fatta o di un’occasione persa.
Non solo i verbi, ma anche alcuni nomi tornano frequentemente in espressioni che tradotte ci fanno sorridere. Per esempio mi ha sempre incuriosito l’interesse che i tunisini hanno per il hit “muro”, protagonista di espressioni spesso esilaranti, ma un po’ depressive, come dkhalt fi hit “sono entrato/a dentro il muro” che si usa per dire che si è arrivati a un punto critico dove non si sa più che fare. In Tunisia il muro si può anche “tenere”. Infatti alcuni “tengono il muro” shaddin el-hit, nel senso che non fanno assolutamente niente, non lavorano. Probabilmente l’espressione deriva dal fatto che può infatti capitare di vedere varie persone, in maggioranza gruppi di uomini giovani e adulti, che spendono un sacco di tempo in piedi, con la schiena appoggiata al muro, senza far niente. Questo è il fenomeno che il comico algerino Fellag chiama, con amara ironia, hitisme “murismo”*, figlio dell’alto tasso di disoccupazione.
Una cosa 3a l-hit “sul muro” è malfatta, brutta, mentre una storia o qualcosa che “viene dal muro” min el-hit viene dal nulla, ed è quindi probabilmente inventata. Chiudiamo con qualcosa di un po’ più positivo, ovvero l’espressione che indica i vicini di casa, proprio la casa accanto alla nostra. Questo può essere definito jar/a el-hit bi el-hit “vicino/a muro a muro”.
Qui di seguito l’audio con il lessico tunisino.
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