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Eid al – adha: la Festa del sacrificio spiegata ai bambini in un Paese non musulmano

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Oggi in Tunisia, e nei Paesi musulmani, si festeggia l’eid el adha, detto anche eid el kebir, che in italiano viene tradotto come “festa del sacrificio”. Sul significato di questa festa religiosa, la più importante per i musulmani, rimando a questo articolo di Gemma Baccini, dove potete trovare anche diversi termini tunisini e la loro pronuncia. 

Da mamma di due bambine italo – tunisine, che vivono in un Paese non musulmano, mi chiedo sempre come poter far vivere loro determinate tradizioni. Le mie figlie crescono imparando le tradizioni cristiane e musulmane, poi saranno loro che decideranno quale strada scegliere. Ma ovviamente abitando in Italia, per loro le tradizioni cristiane sono maggiormente sentite al momento, perché sono quelle che vivono come una festa vera e propria. 

Oggi infatti in Italia per noi è una giornata come tutte le altre: Leyla al nido, Elyssa al Cre.  Se fossimo in Tunisia, saremmo a casa dei nonni paterni: nei giorni scorsi al telefono con la nonna paterna sentivamo in sottofondo l’allouche belare, probabilmente l’avrebbero decorato e ci avrebbero giocato. Stamattina sarebbe venuto il macellaio e avrebbe provveduto all’uccisione del montone, alcune donne si sarebbero occupate del lavaggio dell’interiora e della preparazione dell’osban, l’intestino ripieno. E poi avremmo grigliato alcuni pezzi di carne, mangiandola tutti assieme. La carne ovviamente non si mangia tutta in una giornata: una parte viene donata ai poveri, e una parte viene congelata per le settimane a venire. 

Per ora le mie figlie, di tre e sei anni e mezzo, non hanno mai partecipato alla Festa del Sacrificio in Tunisia: a parte Elyssa, nel 2019, ma aveva due anni e mezzo: non si ricorda nulla di questa giornata in famiglia. Io ricordo che faceva caldo e lei e i cuginetti erano nella piscina gonfiabile e mangiavano un po’ di carne. Un clima di condivisione dove si stava tutti assieme. 

Per i bambini nati e cresciuti in Tunisia è normale giocare con l’agnello, portato a casa qualche giorno prima, prendersene cura per qualche giorno, lavarlo, decorarlo, e poi mangiarlo il giorno successivo. Per me è qualcosa di strano, molto probabilmente perché so che mi affezionerei, ma ho imparato negli anni a cercare di non giudicare, ma capire ciò che succede attorno a me, pur non condividendo sempre tutto quanto (ad esempio non ho mai amato le foto su Facebook esibendo il montone appena sgozzato).

Prima o poi porterò le bimbe in Tunisia in questa occasione, per stare con i famigliari e per vivere questa giornata. Non so come la vivranno: una figlia di conoscenti da quel giorno non vuole più mangiare l’agnello, e non è la sola ad avere avuto una simile reazione. Al momento Elyssa mi dice che lei non mangerà l’agnello, ma solo perché non le piace, e che festeggerà mangiando solo del cous cous. 

Nei miei due anni a Tunisi, non uscivo di casa finché l’agnello non era pronto, non aiutavo a pulire interiora o a preparare l’osban perché non ho mai amato maneggiare la carne e anzi, anche quando lavoravo in un rifugio e vedevo la cuoca spelare le galline, scappavo lontana. 

Ma per me è comunque importante spiegare le tradizioni sin da piccoli: così nei giorni scorsi abbiamo comprato questo libricino: “Scoprendo Eid al adha – libro delle storie e delle attività”. Un libro breve, semplice, che spiega la storia del profeta Ibrahim, in cosa consiste la festa, gli insegnamenti che si possono trarre, e poi ci sono cruciverba, labirinti, pagine da colorare, stickers da ritagliare ed incollare. E’ consigliato dai sei anni in su, essendo attività che i bambini devono svolgere in autonomia. Un modo carino per cominciare ad avvicinarsi a questa tradizione. 

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