Le attiviste tunisine lanciano un trattato mondiale per mettere fine alla violenza contro le donne
Dopo otto anni di lavoro, il progetto del trattato è pronto per essere finalizzato e ratificato dagli Stati membri dell'Onu. Un trattato mondiale lanciato dagli attivisti dei diritti delle donne in Tunisia, Marocco e altri 126 Paesi.
COMUNICATO STAMPA
Le attiviste dei diritti delle donne provenienti da 128 Paesi, compresi la Tunisia e il Marocco, lanciano la diffusione del primo progetto riguardante un trattato mondiale per mettere fine alla violenza nei confronti delle donne e delle bambine, dopo otto anni di ricerche intensive e consultazioni con degli esperti. Il trattato sarà deposto presso gli Stati membri delle Nazioni Unite, le quali sono incoraggiate a finalizzare e a ratificare questa importante convenzione internazionale.
« Abbiamo dei trattati internazionali anti – tabacco, anti – mine e contro la tortura – ha dichiarato Marina Pisklakova-Parker, una delle confondatrici di Every Woman Treaty, e che ha lanciato la prima linea verde per la violenza coniugale, e lancia un appello per delle riforme di legge in Russia -. Abbiamo bisogno di un trattato mondiale per proteggere le donne e le bambine contro la violenza ».
Secondo l’organizzazione mondiale della sanità, la violenza nei confronti delle donne « resta terribilmente onnipresente ». Una donna su tre nel mondo è vittima di violenza, le giovani donne sono le più a rischio. L’Onu chiama questo fenomeno « la pandemia nascosta », che è stata innescata dall’epidemia Covid – 19. 57% delle donne in Marocco e 48% in Tunisia dichiarano di aver subito almeno una forma di violenza basata sul genere.
« Questo progetto di trattato mondiale sarà il primo ad avere l’approccio olistico della ‘mano intera’ « ha dichiarato Saida Kouzzi, associata fondatrice di MRA Mobilising for Rights Associates a Rabat (Marocco), organizzazione internazionale nel Maghreb che fa parte del gruppo di lavoro mondiale e del comitato di esperti di Every Woman Treaty. « Mette insieme le leggi, le formazioni degli attori pubblici, l’educazione, un budget e i dati ».
Il presidente della Nigeria, il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Uniti, l’ex ministro degli affari femminili in Afghanistan e quattro vincitrici del premio Nobel si sono già pronunciate in favore di questo trattato mondiale . « La violenza nei confronti delle donne e delle bambine può essere evitata – ha dichiarato la giudice juge Najla Ayoubi, tra le cofondatrici di Every Woman Treaty -: le leggi e le politiche stanno facendo passi avanti”. A titolo di esempio, i Paesi con delle leggi sulla violenza coniugale hanno il 32% in meno di mortalità femminile. Il tasso di violenza tra partner intimi in otto comunità in Uganda si è ridotto del 52% dopo delle formazioni sulla prevenzione della violenza. Negli Stati Uniti, quindici anni dopo l’adozione della legge sulla violenza contro le donne, la violenza tra partner intimi ha conosciuto una diminuzione del 53%.
Il primo progetto del trattato mondiale per mettere fine alla violenza nei confronti delle donne e delle bambine è stato redatto in consultazione non solo con delle attiviste in prima linea, ma anche con le sopravvissute, dei medici esperti, degli accademici, degli avvocati in diritti dell’uomo, dei ricercatori giuridici, dei diplomatici e dei decisori politici. E’ considerato un « primo progetto », poiché sono alla fine gli Stati membri dell’Onu che dovranno ratificarlo e dagli la forma finale.
« Abbiamo lavorato senza tregua per creare questo primo progetto valido. Speriamo che possa dare il via alle negoziazioni » ha dichiarato Lisa Shannon, direttrice generale di Every Woman Treaty. Secondo Mounira Balgouthi, portavoce di Marsadnissa Tunisie, « Non si tratta di un Paese che dice a un altro quello che si deve fare. Si tratta di intere nazioni che si sono messe assieme per mettere fine, una volta per tutte, alla violenza nei confronti delle donne e delle bambine ».
Il diritto internazionale attuale non offre una protezione sufficiente. Attualmente esistono dei trattati regionali, come la Convenzione di Belem do Parà in America latina, il Protocollo di Maputo in Africa e la Convenzione di Istanbul in Europa, che si sono tutte dimostrate efficaci, ma mettono da parte tre quarti della popolazione mondiale. In più, gli sforzi messi in campo per modificare la CEDAW (Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne) affinché venga interpretata tenendo conto della violenza, non sono andati a buon fine.
Un trattato mondiale fornirà delle risorse e una formazione essenziale per mettere fine alla violenza nei confronti delle donne e delle bambine. Concretamente :
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chiarire le leggi per prevenire, proteggere, eliminiare e condannare la violenza nei confronti delle donne e delle bambine ;
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fornire un report specifico sulla base di dati ;
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creare un organo di controllo internazionale ;
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esigere una formazione e una responsabilizzazione dei poliziotti, dei giudici e dei professionisti della salute ;
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aumentare i finanziamenti previsti per i servizi forniti alle sopravvissute come i centri di accoglienza per le donne, assistenza telefonica e aiuto giuridico ;
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dare la priorità alla sensibilizzazione sulla prevenzione della violenza.
Gli incontri con i militanti dei diritti delle donne in tutto il mondo sono disponibili in questo primo progetto del trattato. Qui il progetto completo e il riassunto di tre pagine in lingua francese.
Traduzione dal francese di Giada Frana
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