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Matabbia: il patrimonio delle dimore italiane a Tunisi, un métissage esistenziale

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Le dimore italiane a Tunisi sono un patrimonio culturale importante: testimoniano un luogo di incontro e métissage esistenziale, piuttosto che culturale. Il mio è un invito alla memoria: purtroppo questo patrimonio è in grave pericolo, poiché trascurato, se non già distrutto”: sono le parole di Rosy Candiani, dell’AMIT, Archivio delle Memorie Italiane di Tunisia, che ha posto l’accento, nel suo intervento durante l’evento “Matabbia – Siciliani di Tunisia: architettura, stampa, arte” sullo stile dell’architettura edilizia italiana all’epoca del Protettorato. 

Tra la fine dell’Ottocento e gli anni 30 del Novecento, si assiste a una grande vitalità nella comunità italiana: quest’ultima è infatti protagonista dell’espansione edilizia della capitale, sia come maestranze, che come committenti ed abitanti. Gli stili si susseguono rapidi sull’onda delle mode imperanti in Europa e soprattutto in Sicilia, sia che scelgano Tunisi per un periodo della loro carriera, che definitivamente”. 

Rapidamente il processo di edificazione di queste dimore ad abitazione multipla cerca di differenziarsi ed acquisire un’originalità nelle facciate, nei balconi, nelle decorazioni ornamentali, nelle decorazioni in ferro battuto. “Le decorazioni in stufo e gesso sono un aspetto meno studiato, ma di grandi interesse, con elementi prefabbricati sovrapposti a motivi orientali e principi decorativi siciliani. Vi era il desiderio, da parte del committente o del decoratore, di lasciare una traccia del proprio gusto, della persona, della propria identità. Il progettista diventa interprete dei desideri dei clienti e di una condivisione della medesima cultura”. 

Se dovessimo sintetizzare la chiave di queste decorazioni astratte, potremmo utilizzare la parola sinuosità: si tratta raramente di decorazioni puramente geometriche. In genere nello stile ornamentale prevalgono la linea a spirale o a schiocco di frusta. Per quanto riguarda invece i dettagli attorno alle finestre troviamo spighe, foglie di quercia, margherite, a volte in cornici. Questo percorso floreale breve si conclude davanti a un edificio situati in Avenue de Madrid, risalente al 1925, per il quale le due placche all’angolo hanno lasciato i nomi di due italiani. Invece la ricognizione di decorazioni con soggetti animali trova tra i temi consueti il leone e l’aquila, ma anche un cigno attorniato da nudi femminili poco decifrabili, due dragoni simmetrici in un immobile di Rue de Londres. Le facciate dei palazzi dell’Ottocento sono un repertorio di presenze antropomorfe che ancora oggi ci osservano: miti classici o moderni, maschere con i volti rimangono come decoro di dimore che hanno perso memorie del loro significato o della loro identità. Un esempio? I puttini in giocosa posizione o in tenere effusioni con una ninfa o una venere dai lineamenti popolari, giovani ninfe o divinità attorniate da ghirlande. 

Poi ci sono i volti, l’aspetto più interessante di tutto l’apparato decorativo. Se si confrontano alcuni mascheroni tunisini con i mascheroni della città di artemisia, vediamo da un lato l’aderenza ai canonici classici e dall’altra la personalizzazione attraverso canoni minimi, come la lunga barba e i baffi nettuniani”.

© Riproduzione riservata 


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