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Mohamed Ali Ragoubi, Fnut : « Chiediamo la creazione di un ministero della Città per uno sviluppo urbano sostenibile »

Mohamed Ali Ragoubi, portavoce della Federazione nazionale degli urbanisti tunisini, sottolinea l'importanza della creazione di una legge che regolamenti l'accesso alla professione e di un ministero della Città per evitare l'anarchia nello spazio pubblico »

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Hanno partecipato ai movimenti di protesta organizzati dall’Oit, l’Ordine degli Ingegneri Tunisini, che da aprile manifestava per rivedere un accordo inerente gli ingegneri nel settore pubblico. Ma gli urbanisti tunisini non vogliono smettere di far sentire la loro voce, per chiedere la creazione di un ministero della Città. Ne abbiamo parlato con Mohamed Ali Ragoubi, portavoce della Federazione nazionale degli urbanisti tunisini (Fnut) che rientra nell’Unione dei lavoratori tunisini.

« Stiamo portando avanti queste rivendicazioni sociali da mesi : abbiamo partecipato alle varie manifestazione tra la Kasbah e Cartagine, davanti al Palazzo presidenziale nei mesi di maggio e giugno ed ora continuiamo a far sentire la nostra voce nello spazio mediatico e internazionale. Il problema è che non viene riconosciuta l’importanza di questa professione, non vi è una visione d’insieme della città che permetterebbe di rispondere ai bisogni reali della popolazione urbana nell’ambito di uno sviluppo durevole. Eppure, soprattutto in momenti di crisi come quelli che stiamo vivendo, dovrebbe essere un mestiere protetto, a cui lo Stato, dal post rivoluzione, avrebbe dovuto far ricorso per tracciare degli equilibri nello sviluppo sia dei quartieri popolari, che delle città e delle regioni. In questo contesto abbiamo deciso di creare, lo scorso maggio, un sindacato che possa aiutarci a portare avanti le nostre richieste in modo ufficiale. Il nostro è un movimento nato sul terreno, attraverso tutte le attività svolte e le varie manifestazioni negli spazi pubblici, fisici e politici, che è stato poi riconosciuto in modo istituzionale ».

Uno dei sit in di protesta

Per Ragoubi, il sintomo della crisi in Tunisia è la questione territoriale : « Le nostre città non sono urbane : non sono né belle, né organizzate, né sicure e non rispettano l’ambiente. Più che dele città, abbiamo dei frammenti di città : i ricchi abitano in ghetti, i poveri sono esclusi dalla città e privati del’accesso ai servizi base. Un fenomeno che si manifesta nei quartieri : ad esempio lo si vede dalla crisi sociale con gli scontri nei quartieri soprattutto popolari. Non dimentichiamo che l‘accesso alla città è una parte integrante della cittadinanza. Vogliamo fare sentire la nostra voce al riguardo. Sappiamo che la crisi ambientale, territoriale, la precarietà del lavoro, il settore informale, le problematiche territoriali sono dei problemi a livello mondiale, ma pensiamo che abbiano delle origini e delle soluzioni che oltrepassano il territorio nazionale. La Tunisia è un Paese che ha enormi potenzialità, ma manca la volontà : il passaggio a una città più organizzata, ecologicamente responsabile non è da attribuire a una mancanza di mezzi, ma di volontà da parte dei responsabili. Abbiamo delle ottime leggi a livello di pertecipazione dei cittadini, ma la volontà reale sul terreno è insufficiente. Inoltre, quando si realizzano dei lavori, si pone un altro problema : manca il monitoraggio post lavori ».

Per quanto riguarda le rivendicazioni, oltre alla creazione di un ministero ad hoc per la Città e delle agenzie regionali dedicate all’urbanismo, la federazione chiede una migliore organizzazione del lavoro : « Ci sono leggi del 1979 e del 1999 che regolamentano il lavoro dell’urbanista nel settore pubblico, ma non in quello privato e presentano delle lacune : e la maggior parte della nostra attività si svolge proprio in quest’ultimo. Inoltre manca un organo professionale : ad esempio un architetto che va a fare uno stage, deposita la sua tesi di laurea e si iscrive all’ordine degli architetti, può lavorare senza problemi ; invece per un urbanista, dopo lo stage e la laurea, non c’è una struttura professionale, a parte l’associazione degli urbanisti, che non può né dare autorizzazioni per esercitare il mestiere né altro. La legge permette di esercitare negli studi privati, che funzionano come una società: si invia la propria candidatura o si apre un proprio studio privato, ma per fare quest’ultima cosa serve un budget non indifferente. Senza contare che il mercato è monopolizzato da qualcuno di questi studi privati e non permette l’accesso ai giovani. L’assenza di una legge che organizza l’accesso a questo mestiere ha complicato le cose. Vorremmo che la professione dell’urbanista fosse organizzata per accedere al mercato senza problemi e avere una nostra identità ben definita ».

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