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Olfa Belhassine: “In Tunisia è la società civile che lotta per i diritti delle donne”

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Non era facile lavorare in quel periodo: c’era molta censura ed autocensura. E’ come se il lavoro di giornalismo vero e proprio sia cominciato solo dopo la Rivoluzione: in quel momento la sensazione è stata che avevamo davvero la libertà di lavorare come giornalisti, sul campo, di affrontare tematiche prima proibite”. Olfa Belhassine, giornalista ed attivista femminista, ha cominciato la sua carriera giornalistica a La Presse nel 1988, durante i primi anni della presa di potere di Ben Ali, dopo un percorso di studi multidisciplinare tra traduzione, giornalismo e sociologia. “Non si potevano trattare determinate tematiche, era impossibile parlare di politica. All’inizio ho lavorato molto sulla memoria, collaborando con una rivista di architettura, Archibat  racconta -: raccontavo i vari stili architettonici che si potevano trovare a Tunisi, ad esempio nella medina. Ci sono stili che non possiamo nemmeno immaginare dall’esterno, ma spesso le porte celano diverse meraviglie. Si trova ad esempio l’architettura arabo musulmana con influssi andalusi, o lo stile siciliano, come quello che si vede nella facciata del Teatro municipale: la comunità italiana in Tunisia ha contribuito molto all’urbanistica. Ho imparato molto sul campo, attraverso i vari stage e anche leggendo gli articoli di diversi colleghi, soprattutto francofoni. E’ un mestiere dove non si smette mai di imparare, la formazione è continua. E negli ultimi anni sono diventata anche formatrice in ambito comunicazione. Il mio percorso si è adattato di volta in volta al contesto attorno a me”.  

Dopo la Rivoluzione, con la legge del 2013 sulla giustizia transizionale, si sono rivelate le ingiustizie del passato, dalle torture, agli stupri, alle morti. Un tema che interessa molto Belhassine, che comincia a seguire le varie audizioni pubbliche diventando corrispondente per justiceinfo.net, un webmagazine specializzato in giustizia internazionale. “Ho seguito tutto il lavoro dell’IVD, l’Istanza per la Verità e la Dignità. Per la prima volta in Tunisia le vittime dell’autoritarismo e della dittatura raccontavano quanto avevano subito, la violenza economica, psicologica, fisica, poliziesca, sia durante la Presidenza di Bourguiba che con Ben Ali. Purtroppo il processo oggi è fermo: era stato redatto un rapporto di più di 2 mila pagine in cui si erano fatte anche delle proposte e dei suggerimenti di riforma, ma è tutto bloccato”.

Olfa Belhassine giornalista tunisina

Dal 2019 Belhassine si è unita al progetto di Medfeminiswiya, un network che raggruppa giornaliste del Mediterraneo e che affronta tematiche femministe: “Vogliamo raccontare le storie di chi non ha voce. Il nome riassume la linea editoriale del progetto: med come Mediterraneo e Media, feminis come femminismo, mentre swiya significa femminismo in arabo. Da gennaio di quest’anno sono diventata capo redattrice. Siamo trentuno giornaliste, tra Spagna, Francia, Italia, Marocco, Algeria, Tunisia. E’ una dinamica di gruppo molto bella, siamo giornaliste che apparteniamo a generazioni diverse, ma che ci aiutiamo e sosteniamo reciprocamente: ad esempio, durante una delle nostre ultime riunioni, le giornaliste ‘senior’ hanno fatto una formazione alle più giovani sulle tecniche di reportage, mentre queste ultime hanno insegnato a noi come realizzare dei podcast e dei video. E’ un bel progetto, anche se essendo indipendente, non mancano le difficoltà economiche, soprattutto legate all’accesso ai finanziamenti. E nonostante le nostre inchieste e reportage affrontino diverse tematiche e contesti, da più prospettive, ci manca avere una visibilità più grande. Ma continuiamo il nostro lavoro, raccontando storie di donne scritte da donne, contro il patriarcato, per cercare un’uguaglianza che sia totale tra uomini e donne”. 

Per quanto riguarda la situazione delle donne in Tunisia, Belhassine aggiunge: “La donna in Tunisia ha diversi diritti, acquisiti a partire dal codice dello statuto personale, introdotto nel 1956 da Bourguiba, che tra le altre cose, ha vietato la poligamia, dato accesso all’educazione e alla salute e il diritto all’aborto, ancora prima della Francia o della Svizzera. Ma ora il contesto è cambiato: il numero delle donne laureate è più alto di quello degli uomini e spesso sono le stesse donne che prendono in carico le spese famigliari, soprattutto se i padri, per un motivo o un altro, non ci sono più. Ma ci sono ancora diverse ineguaglianze, soprattutto per quanto riguarda la questione dell’eredità. Inoltre la Tunisia possiede diverse leggi favorevoli per le donne, tra cui quella di luglio 2017 contro le violenze fatte alla donne, ma purtroppo queste leggi non vengono spesso messe in atto. In particolare modo, per quanto riguarda la protezione delle donne vittime di violenza, sono le associazioni che sono in prima linea. E’ più la società civile che lavora per proteggere queste donne che le stesse autorità, nonostante siano queste ultime che hanno redatto queste stesse leggi”. 

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