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Ramadan in Tunisia, nove anni dopo, tra consumismo e solidarietà

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Il mio primo Ramadan in un Paese musulmano è stato in Tunisia, nel 2014. Mi ero trasferita da pochi mesi nel Paese, avevo appena terminato tre mesi di corso intensivo di arabo alla Bourguiba School, non lavoravo perché avevo dei soldi da parte e potevo permettermi di stare a casa tranquilla. E’ stata un’esperienza molto bella: preparare assieme all’allora mia suocera i piatti per l’iftar, il momento della rottura del digiuno, mangiare finalmente tutti assieme, e non a seconda dei propri ritmi lavorativi o di studio. Finito di cenare, si guardavano insieme le mulsasalat, le serie tv del momento, anche se io non capivo granché. A volte dopo cena si usciva con qualche amico, per bersi qualcosa assieme – ovviamente non alcolico -, o giocare a carte. E poi immancabile tappa al panificio – pasticceria di quartiere, per comprare le brioche appena sfornate per il sohor, prima di ricominciare il digiuno. 

L’ultimo mio Ramadan in Tunisia risale a nove anni fa, al 2015 ed è stato del tutto diverso dal precedente. Di giorno lavoravo in una società francese, che non faceva orari ridotti, ma che aveva anticipato solo di mezz’ora l’uscita dei suoi dipendenti. Arrivavo a casa abbastanza stanca, nei giorni in cui praticavo il digiuno, con mia suocera che già aveva preparato la maggior parte dei piatti per l’iftar. Riposavo un’oretta e poi la aiutavo a cucinare i Brik. L’atmosfera dell’anno precedente, complice la stanchezza dovuta al lavoro, si faceva sentire parecchio e non avevo più molta voglia di uscire la sera.

Quest’anno, ho passato nove giorni a Tunisi, che hanno coinciso con il periodo di Ramadan. Ma questa volta non ero in famiglia, per cui l’atmosfera è stata decisamente diversa. Avevo ad ogni modo grandi aspettative, vedendo i vari video su Instagram e pensavo di passare delle serate post iftar memorabili. Ma non è proprio andata così…..

Innanzitutto, la difficoltà iniziale è stata adeguarmi ai ritmi diversi di negozi, attività e anche mezzi di trasporto pubblici. Kyra Ferrari in questo articolo vi ha raccontato la sua esperienza, e da lei quasi non si sentiva aria di Ramadan, mentre dove ho soggiornato io, nel centro di La Marsa, di giorno non sempre trovavo ciò di cui avevo bisogno, complice anche il fatto che dovendo lavorare, mi spostavo parecchio e non sempre gli orari coincidevano con le mie esigenze. Gli hattar (i negozietti che vendono di tutto, paragonabili alle nostre drogherie di un tempo) di giorno erano chiusi, e aprivano solo dopo le 20; il Monoprix presente nel centro commerciale alle 17.30 chiudeva (il primo giorno, sono riuscita a fare appena in tempo una piccola spesa, perché ci stavano mandando gentilmente fuori…), locali aperti dove mangiare ce n’erano, ma non conoscendo bene il quartiere mi sono trovata un po’ spaesata. Anche gli uffici sono aperti solo mezza giornata: se avete della burocrazia da sbrigare, tenetene conto. Altro punto, i mezzi di trasporto: una sera volevo andare a fare l’iftar a La Goulette, prendendo il Tgm: mancava mezz’ora al momento della rottura del digiuno, ma il mezzo già non funzionava più e il bigliettaio ci ha detto di tornare più tardi. In questo frangente, l’unico mezzo di trasporto rimane il taxi, ma bisogna essere fortunati, perché molti giustamente in questo momento rientrano a casa a mangiare, anche se qualche eccezione si trova. Insomma, tutto si ferma.

Un iftar in famiglia: la tavola imbandita

Un altro aspetto che mi ha colpita, è stato l’aspetto commerciale e consumistico del periodo. Nei vari ristoranti e locali, è impossibile cenare à la carte: tutti propongono un menù iftar, che solitamente comprende chorba, Brik, varie insalate, un piatto principale e  a volte frutta o dolce, le bevande sono a parte. Si va dai prezzi abbordabili dei ristoranti popolari (18 – 19 dinari a persona), fino a prezzi medi (25 – 30 – 45 dinari), per arrivare anche a più di 100 dinari a testa. L’acqua viene venduta da quasi tutti a 4 dinari! Ho mangiato quasi sempre bene e con porzioni abbondanti, a parte la prima sera, e mi è capitato di rimanere anche fregata una volta: ero alla Goulette, non trovavamo posto nella via centrale, così ci siamo poi accomodati nel primo ristorante che si è liberato, dove il cameriere non ci ha spiegato che in realtà lì non c’era un menù fisso, ma si pagava in base ai piatti che si prendevano. Abbiamo speso 70 dinari in 2, che in dinari non è poco. Più che altro, è stata la mancanza di trasparenza che mi ha infastidita

Guardandomi attorno, i piatti dei vari tavoli non erano del tutto vuoti, e noi siamo stati gli unici che abbiamo chiesto di poter portare a casa gli avanzi: non tanto per un fattore economico, quanto più che altro perché non amo gli sprechi, soprattutto sul cibo. I ristoratori sono sempre stati disponibili, però mi ha è spiaciuto vedere i resti di cibo che poi sarebbero stati gettati nella spazzatura, considerando che ci sono comunque persone che fanno fatica a mettere un pasto a tavola. D’altra parte, le statistiche parlano chiaro: a Ramadan si consuma – e si spreca – di più. 

Un aspetto invece molto bello è stato quello solidale: in questo periodo non mancano le iniziative di solidarietà, con associazioni che distribuiscono pacchi alimentari pre Ramadan, o anche che distribuiscono per tutto il mese l’iftar per le famiglie bisognose. E’ il caso, ad esempio, della Mezzaluna Rossa sezione di Boumhel: per il terzo anno consecutivo hanno fatto quest’azione, preparando ogni giorno i pasti per 180 famiglie, e un pomeriggio siamo stati con loro. E’ stato bello vedere questi volontari, giovanissimi, spesso ancora studenti universitari, mettersi al servizio del prossimo. Il primo anno le famiglie aiutate erano 50, e piano piano sono riusciti ad ingrandire il proprio raggio di azione. Ci sono anche famiglie che però hanno troppa vergogna per chiedere aiuto….

La solidarietà è uno dei pilastri del mese di Ramadan: e qui viene un aspetto meno bello, l’aumento delle persone che elemosinano per strada. Senza fissa dimora, donne che si trascinano bimbi piccoli con sé, persone con disabilità messe su una sedia a rotelle e piazzate sul ciglio della strada per muovere a pietà i passanti. E qui la domanda sorge spontanea: saranno persone davvero bisognose, o ci sarà un racket dietro? E come fare per aiutarli davvero? E’ successo anche che un giorno, mentre stavo andando in stazione a Tunisi a prendere il treno, un ragazzino che vendeva i suoi fazzoletti è svenuto di fronte a me. Caduto a terra, non si muoveva più, nell’indifferenza dei passanti che non hanno mosso un dito, ma continuavano imperterriti a camminare. Chiedevo a una signora di chiamare qualcuno, quale fosse il numero di emergenza, e finalmente qualcuno si è avvicinato a lui, lo ha sollevato, gli ha bagnato la faccia, e lui ha piano piano ripreso forze; lo hanno fatto bere nonostante lui dicesse che era a digiuno e non poteva…. Raccontava di avere 16 anni, la madre malata, la famiglia senza soldi… un ginocchio e una mano fasciata, in lacrime. Ovviamente si trovano sempre i bambini che vendono i gelsomini, il machmoum, a qualche dinaro per aiutare la famiglia. Il lavoro minorile è una piaga di cui poco si parla….

 
 
 
 
 
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Eppure, nonostante questi problemi, e nonostante i problemi economici del Paese in questo periodo non siano diminuiti – e continuano le mancanze di generi di prima necessità, a settimane alterne: al supermercato Aziza nei giorni in cui ero in Tunisia, era arrivato un furgone che portava, tra le altre cose, lo zucchero, e subito si era creata la fila; nel quartiere della nonna delle mie figlie mancava il riso -, Ramadan è il mese in cui, oltre alla spiritualità, si cerca un po’ di spensieratezza. E quella famosa atmosfera che si vede nei video su Instagram, le “Ramadan vibes”, si incontrano, ma quest’anno dopo le 22.00: perché dopo l’iftar, i ristoratori tirano su le sedie e sistemano i tavoli, le famiglie guardano le mulsasalat ed escono più tardi. La Medina è sicuramente uno dei posti dove questa atmosfera si respira maggiormente, tra i café con la musica, anche live, persone che fumano shisha o giocano a carte…. Ma anche per strada si vede gente che canta e balla al ritmo della darbouka… Inoltre in Medina, quest’anno, per il Terzo anno consecutivo, si è svolto l’evento culturale Medina des lumieres: un evento che si pone l’obiettivo di valorizzare il cuore pulsante di Tunisi, attraverso l’illuminazione di Bab el bahr, teatro, musica, danza, laboratori che mettono in primo piano il savoir faire degli artigiani tunisini. 

Consiglierei di venire in Tunisia durante Ramadan? Se il/la vostro/a partner è tunisino/a e musulmano/a, sicuramente è un’esperienza da fare assieme. O anche se siete studenti di arabo, vivere in un Paese musulmano in questo periodo è sicuramente utile. Ma diversamente, se dovete lavorare nel Paese, adattarsi a questi diversi ritmi alla lunga diventa stancante, anche se non si digiuna…. E per un turista questo periodo rischia di essere limitante e di non fare vivere appieno il Paese….

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