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Tunisia, la politica fiscale rischia di far sprofondare il Paese in un circolo vizioso di debiti

L'alleanza per la sicurezza e le libertà pubblica un nuovo rapporto, di circa venti pagine, a 200 giorni dopo il colpo di mano del presidente Kais Saied del 25 luglio 2021. Attraverso un'analisi quantitativa e qualitativa, il rapporto presenta una visione globale e concreta degli eventi dal 25 luglio, concentrandosi in particolar modo sul periodo dal 3 novembre 2021 al 6 febbraio 2022. Seconda parte

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L’alleanza per la sicurezza e le libertà pubblica un nuovo rapporto, di circa venti pagine, a 200 giorni dopo il colpo di mano del presidente Kais Saied del 25 luglio 2021. Attraverso un’analisi quantitativa e qualitativa, il rapporto presenta una visione globale e concreta degli eventi dal 25 luglio, concentrandosi in particolar modo sul periodo dal 3 novembre 2021 al 6 febbraio 2022. Vi riportiamo, tradotti dal francese, i concetti principali tratti da questo rapporto.

Situazione finanziaria e negoziazioni con il Fondo Monetario Internazionale

Nonostante la gravità della situazione economica e sociale e le ripercussioni della crisi del Covid – 19, le riforme politiche continuano ad avere la preminenza. Per quanto riguarda l’aspetto economico, il governo Bouden non sembra rompere con le pratiche dei mandati precedenti, adottando un approcio unilaterale e tecnocratico. Questo si conferma attraverso l’adozione, per via di un decreto legge, della legge di finanza 2022 senza che vi sia stata una delibera o un dibattito sul suo progetto, e senza che essa apporti delle risposte alle urgenze economiche, budgetarie e sociali. In effetti, questa legge non prevede nessun budget per gli investimenti pubblici tra gli strumenti potenziali per il rilancio economico nonostante l’imperativo vitale di fronteggiare una recessione dovuta alla pandemia. Al contrario, aggrava una politica di austerità di bilancio, soprattutto nei settori vitali per i Tunisini.

La decrescita del 16% nel budget della sanità e il togliere progressivamente le sovvenzioni degli idrocarburi non sono che degli esempi sintomatici del disimpegno dello Stato e di una politica antisociale, in contraddizione totale con il discorso del Presidente della Repubblica. La legge di finanza accentua allo stesso tempo le ineguaglianze sociali attraverso una fiscalità regressiva che sovrattassa i più demuniti, privilegiando i più benestanti. Gli sgravi fiscali ingiustificati, concessi attraverso le leggi di finanza precedenti attraverso l’acquisizione politica del Parlamento dai gruppi di interessi privati, e denunciata a giusto titolo dal Presidente della Repubblica, sono stati tuttavia integralmente rinnovati. Allo stesso modo, i discorsi di quest’ultimo sull’imperativo della lotta contro la frode fiscale sono in contraddizione con una legge di finanza che mantiene in vigore un fisco senza risorse umane e materiali per la lotta contro questo flagello.

Questa politica fiscale, che indebolisce eccessivamente la capacità del Paese a mobilitare le proprie risorse, in un contesto dove queste ultime sono diventate vitali rispetto soprattutto a un deficit di budget che si avvicina ai 9 miliardi di dinari e un indebitamento che si avvicina al 90% del PIL, avvia una crisi senza precedenti delle finanze pubbliche. Parallelamente, il governo ha ripreso le discussioni tecniche con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e le negoziazioni per un nuovo programma con quest’ultimo. Il governo di Bouden ha ripreso il piano di « riforme » preparate dal governo Mechichi come base per queste negoziazioni, allineandosi sulle raccomandazioni del FMI. Si tratta in particolare di una « cura » d’austerità senza precedenti, attraverso la diminuzione della massa salariale, la soppressione degli aiuti sociali e delle sovvenzioni, così come la ristrutturazione e la privatizzazione delle imprese pubbliche. Queste riforme chiedono una posta in gioco economica e sociale di un’estrema importanza. Rischiano di far sprofondare il Paese in un circolo vizioso di debiti e rischierebbero di sfociare nel mantenimento di un modello economico improduttivo, incapace di creare ricchezze, generatore di ineguaglianze sociali e quindi di conflitti sociali. Queste negoziazioni chiedono una posta in gioco democratica maggiore nell’ambito dello Stato di diritto : questo governo non dispone di un mandato del popolo per avviare tali riforme, che andranno a condizionare le generazioni future, ancora di più in assenza totale di un contropotere e di un organo di controllo.

La scena politica e istituzionale

La scena politica e istituzionale tunisina è stata caratterizzata da diversi eventi, nei 100 ultimi giorni. Il 27 gennaio 2022, il Parlamento ha tenuto un’assemblea virtuale in presenza di 83 deputati, appartenenti perlopiù ai blocchi della coalizione parlamentare composta da Ennahda, Al Karama e Qalb Tounes. Questa plenaria aveva lo scopo di commemorare la promulgazione della Costituzione del 2014, ma ha nutrito numerose critiche. Ghazi Chaouachi, segretario generale del partito Attayar ha dichiarato che questa plenaria era illegale, e il partito l’ha boicottata. D’altra parte, la responsabile del gabinetto presidenziale Nadia Akacha, ritenuta essere la più vicina e la più influente collaboratrice del Presidente, ha dato le sue dimissioni e comunicato questa decisione attraverso i social media lunedì 24 gennaio 2022. Ha citato delle « divergenze fondamentali di punti di vista » come motivazione, cosa che ha dato il via a numerose speculazioni sul tenore di queste divergenze. La destituzione di Nadia Akacha (secondo il JORT) e le sue dimissioni (secondo lei), non sono un primo caso nell’entourage del Presidente dal debutto del suo mandato nell’ottobre 2019. Tredici persone hanno lasciato la Presidenza dall’accesso al potere di Saied.

L’altro evento fare è l’annuncio effettuato durante la notte tra il 5 e il 6 aprile dal Presidente della Repubblica sulla sua volontà di dissolvere il Consiglio superiore della Magistratura. Oltre al fatto che questo attacco contro l’indipendenza del potere giudiziario avviene con la conclusione dei 200 giorni dall’attivazione dell’articolo 80, quest’annuncio è stato fatto dalla sede del ministero dell’Interno, un luogo carico di simbolismo. Il Presidente aveva già a più riprese preso di mira la magistratura nei suoi discorsi, usando una « narrazione al vetriolo » e rivolgendosi ai magistrati dicendo loro di eliminare dall’interno gli elementi corrotti. Tuttavia, anche se previsto, soprattutto in seguito alla sopressione dei premi e dei vantaggi dei membri del Consiglio, era la prima volta che Saied esprimeva esplicitamente il suo intento di dissolvere il Consiglio Superiore della Magistratura, che secondo lui, dovrebbe « considerarsi un fatto del passato ». Questo scioglimento, denunciato dalla società civile, dalle associazioni dei Magistrati così come dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite ai Diritti dell’Uomo e i partner internazionali della Tunisia è stato sancito dall’annuncio della creazione di un Consiglio Superiore Provvisorio della magistratura, in virtù del decreto legge presidenziale n° 11/2022 pubblicato sul Jort, in sostituzione del Consiglio Superiore della Magistratura.

Il decreto legge accorda la possibilità da parte del Presidente della Repubblica di nominare tre magistrati in ogni consiglio (tre totali : finanziario, amministrativo e giudiziario), di opporsi alla loro nomina, alla promozione o al cambiamento di ogni giudice sulla base di un rapporto motivato dal Capo del governo o dal ministro della Giustizia, e impedisce ai magistrati di scioperare. Si tratta di un’ingerenza senza precedenti del potere esecutivo nel potere giudiziario e di una nuova tappa nella concentrazione dei poteri intrapresa dal 25 luglio dal Presidente Saied.

Qui la prima parte di questo rapporto

Traduzione dal francese a cura di Giada Frana

La terza parte del rapporto verrà pubblicata settimana prossima

© Riproduzione riservata

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