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Maccarruni : nel docufilm di Massimo Ferrara la storia dei siciliani di Tunisia

Il docufilm racconta le cause dell'emigrazione siciliana in Tunisia, dando la parola alla memoria di questi migranti al contrario. Migranti che, dovendo lasciare la Tunisia a causa della legge promulgata da Bourguiba sulla nazionalizzazione delle terre, provano per il Paese nordafricano un sentimento di nostalgia struggente.

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Una storia minore, ma di certo non meno importante, quella dell’emigrazione siciliana in Tunisia. Una storia che Massimo Ferrara, regista e documentarista, ha voluto raccontare da un’altra prospettiva, narrando non gli effetti, bensì le cause di questo fenomeno : « Ho cercato di fare vedere come era la vita per quel nucleo di siciliani – racconta il regista a L’altra Tunisia -, raccogliendo diverse testimonianze al riguardo ». L’idea per questo documentario è nata quasi per caso, intervenendo sui social network in una polemica tra siciliani tunisini che vivono in Italia e intellettuali italiani che vivono in Tunisia : Ferrara dà la sua opinione da esterno, da persona che non conosce (ancora) questo fenomeno, venendo così contattato da Antonio Farruggia, che gli chiede se sia interessato a realizzare un documentario sui siciliani tunisini che abitano a Latina. Un’occasione che Ferrara non si lascia sfuggire : « Ho raccolto nove storie, sei di siciliani di Tunisia di Latina, due di siciliani di Tunisia francesi e una di un’ebrea tunisina la cui bisononna era ebrea siciliana di Trapani . Il mio bisnonno era un armatore e commerciava con Sfax per via delle spugne : per questo motivo ho un legame affettivo con la Tunisia e ne conoscevo a grande linee la storia ».

Per Ferrara la narrazione di questa emigrazione presenta un problema : « A volte si incontrano persone che non conoscono bene la propria storia, di come i loro avi siano arrivati in Tunisia, oppure c’è la tendenza a decontestualizzare il fenomeno, paragonando l’immigrazione italiana in Tunisia a quella inversa a cui si assiste attualmente. Ci sono ovviamente dei tratti similari : chi dopo il 1861 partiva per la Tunisia, soprattutto contadini, lo faceva per un’ingiustizia sociale, la stessa motivazione che spinge i tunisini di oggi a partire, ma in realtà dai miei studi attraverso i documenti ufficiali possiamo parlare di sei forme di emigrazione italiana verso la Tunisia : cercherò di fare una panoramica generale.

Una piccola orchestra jazz siciliana in Tunisia, 1925

La prima forma risale al 1834, con un trattato stipulato tra il bey della Tunisia e il Regno delle due Sicilie, il Granducato di Toscana, il Regno di Sardegna, che permetteva ai sudditi del suddetto Regno e ai tunisini uno scambio commerciale, a parità di trattamento, e consentì una delocalizzazione di alcune attività siciliane in Tunisia, in particolare alla Goulette. Alla Goulette all’epoca c’era una fortezza dove stavano i militari, data in concessione a dei nobili militari siciliani. Lì installarono le prime ‘fabbriche’ di ‘conservazioni ittiche’ : il porto di Tunisi era un porto franco per le navi del Regno delle due Sicilie. Le navi tunisine che commerciavano con la Sicilia, e viceversa, non pagavano le tasse. Di conseguenza si ebbe la prima forma di emigrazione per la manodopera siciliana, una forma di lavoro stagionale. Con gli anni questa forma di emigrazione diventò stabile. Se si nota, vicino al castello della Goulette, il modo in cui le case sono state costruite è equivalente al modello delle costruzioni in Sicilia ».

Le altre emigrazioni siciliane in Tunisia : dal trattato del 1868 al trattato del Bardo del 1881

« Dal 1868 in poi ci fu un’emigrazione consistente, non più legata al settore della pesca, ma a quello del commercio. Vi era la possibilità, per chi emigrava in Tunisia, di poter avere in concessione la terra per un periodo di tempo rinnovabile. In questo periodo in Italia nasce il fenomeno degli agenti dell’emigrazione, che anticipavano le spese di viaggio: all’inizio agivano secondo i trattati bileterali firmati tra i diversi Stati : Italia, Tunisia, Stati Uniti, Messico, Sudamerica, poi agirono al di fuori della legge, lavorando per le società anonime ‘multinazionali’ con partecipazione anche di capitale italiano. I francesi sono costretti a fare un accordo trilaterale Italia – Tunisia – Francia, che conferma alcuni accordi presi in precedenza, ma l’Italia è costretta a rinunciare ad alcuni monopoli in terra tunisina, come quello della posta e del treno della Goulette.

Con l’arrivo dei francesi, nel 1881, cambia la giurisprudenza : i colonizzatori cercheranno di escludere gli avvocati italiani nei tribunali. Da questo momento si apre un altro capitolo dell’emigrazione italiana in Tunisia. I francesi attraverso una legge truffa si appropriano di diverse terre : dichiarano che chi va ad abitare in un territorio, ne diventa in automatico il proprietario e chi viene leso da questa occupazione ‘abusiva’ ha trenta giorni di tempo per denunciare il fatto. Ma essendo la popolazione perdipiù analfabeta e che non parlava l’arabo, gli abitanti di queste terre si ritrovarono vittime di un esproprio legalizzato : i berberi persero le terre di Allah (terre di cui nessuno era proprietario ma che tutti potevano utilizzare, ndr) e da qui nacquero i latifondi. Agli italiani invece veniva raccontato che questi latifondi dovevano essere coltivati : qui intervengono gli agenti dell’emigrazione, che cercano di stimolare le persone che vivono in Sicilia nel portarle a lavorare in Tunisia. Dobbiamo pensare che chi emigrava in Tunisia in quel periodo non partiva da una condizione di povertà, confrontata al periodo storico in cui vivevano : erano modelli di vita che costituivano la norma.

Una locandina sulle terre in vendita in Tunisia

Per agevolare l’arrivo della manodopera avviene la svolta : chi lavorava le terre per conto dei francesi aveva un tipo di contratto enfiteusi , ossia coltivava la terra e dopo vent’anni ne diventava il proprietario, pagando una somma minima, mentre con il tipo di contratto ‘enzel’, che rese più appetibile il trasferimento in Tunisia, si coltivava la terra con un salario minimo e dopo cinque anni la si poteva riscattare, senza superare la superficie di dieci ettari. La gente fu così spinta dal desiderio di riscattare la terra e diventarne proprietaria. Inoltre in questo periodo, nel 1880/86, in Italia fu promulgata una legge secondo la quale chi emigrava in alcuni Stati, tra cui la Tunisia, era esonerato dalla leva militare. La maggior parte dei contadini siciliani arrivati in Tunisia riuscì a riscattare la terre e diventarne proprietario. Un’emigrazione che era diventata sempre più numerosa : nel 1918 la rivista L’Afrique française denuncia che il popolo italiano presente in Tunisia era il doppio rispetto ai francesi : 100 mila persone contro 50 mila ».

Italiani di origine, ma tunisini di fatto: così si sentivano queste persone, traditi dalle politiche di Bourguiba e anche dallo stato italiano : « Hanno subito un’ingiustizia : Bourguiba dopo l’indipendenza della Tunisia ha di fatto portato avanti le politiche francesi iniziali. Dopo l’8 settembre del 1943, quando De Gaulle straccia gli accordi unilaterali del 1896, chi non era cittadino francese o tunisino non aveva più diritti. In quell’occasione De Gaulle chiuse le scuole italiane. Poi arrivarono le varie espulsioni ».

Il documentario : tra nostalgia e straniamento per la Tunisia, considerata la propria patria

Tornando al documentario « Maccarruni » (il nome richiama una pasta tipica siciliana e, tra l’altro, in Tunisia la pasta viene chiamata maqaruna), Ferrara ha intervistato questa ultima generazione di italiani di Tunisia, che ha raccontato al regista le sue vicende personali e famigliari : « Si narra la vicenda umana di queste persone che sono state strappate dalla Tunisia, che consideravano la loro patria e che sono ri-emigrate in Italia, una ri-emigrazione che le ha fortemente traumatizzate. Si tratta generalmente di persone nate dopo il 1943, che hanno assorbito la cultura francese, mentre i genitori erano maggiormente legati alla cultura italiana. Raccontano la loro quotidianità, le loro viccisitudini, fino al 1964, anno in cui abbandonano la Tunisia a causa della nazionalizzazione delle terre ».

Il regista e documentarista Massimo Ferrara durante uno spettacolo

Il documentario, autoprodotto, è stato selezionato in undici Festival del cinema, arrivando in finale al Festival Pellegrinando (Roma) e in un Festival negli Stati Uniti. Il progetto nasce da un’idea di Isabella La Bruna e Antonio Farruggia, con musiche originali di Roberta Cauli e Giuseppe Laudanna. « E’ una storia ancora sconosciuta ai più – sottolinea Ferrara –, di cui si è cominciato a parlare solo negli ultimi anni. Diverse persone stanno tenendo vivo il dibattito attorno a questo tema, su questa comunità che uscendo dalla Tunisia si è diluita in diversi Paesi. Ci tengo a sottolineare che gli italiani che erano rimasti in Tunisia avevano visto di buon occhio la scelta di Bourguiba in funzione antifrancese, ma negli ultimi anni tra il sequestro dei terreni e diversi impedimenti, tra cui il levare le licenze per l’esercizio pubblico (bar, taxi, barbiere e così via) e l’accesso alla cittadinanza, alla fine si sono ritrovati emigranti e di nuovo poveri. Nel 1962 l’ambasciatore italiano rassicurava i connazionali, dicendo che la legge della nazionalizzazione delle terre riguardava solo i colonizzatori, ma non fu così. Nelle memorie di Ubaldo Alberto Mellini Ponce De León, diplomatico e politico italiano, si accenna all’impressione che la comunità dei proprietari terrieri fu colpita per una sorta di ripicca a causa delle ambiguità dell’Italia nei confronti dei rapporti con la Tunisia. E queste persone non ebbero nessun sostegno dal governo italiano, una volta rientrate in Italia : si fece solo una legge secondo la quale una piccola percentuale di aziende doveva assorbire gli ‘emigrati africani’, gli italiani rientrati da Tunisia, Algeria, Egitto. Solo ultimamente la senatrice Marinella Pacifico ha presentato un disegno di legge affinché le persone a cui fu espropriato il terreno possano avere un rimborso ».

E continua : « Una parte di questi siciliani di Tunisia finirono in Sardegna : quando ne ebbero la possibilità, fecero arrivare i loro amici tunisini per farli lavorare nelle loro proprietà : un esempio di integrazione e affinità delle componenti nazionali della stessa comunità. La Tunisia ad ogni modo, fino alle leggi discriminatorie emanate da Bourguiba, è stata il più grande esperimento sociale di Stati in cui le varie componenti si siano amalgamate e integrate in modo perfetto ed equilibrato. Ad esempio a Tunisi, in rue de Marseille, nella stessa palazzina abitavano tunisini, maltesi, siciliani, non era una cosa sorprendente, ma la normalità. In quel periodo la questione religiosa non era predominante, non c’erano forme di discriminazione legate alla religione o alla nazionalità ».

Se qualcuno fosse interessato a una proiezione del film  può scrivere a : consolatodisicilia@gmail.com o contattare il regista tramite questo gruppo facebook.

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Maccarruni - Siciliani di Tunisia - un estratto

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