Pubblichiamo un altro racconto di Andrea Negri sulla Tunisia.
Il caldo è feroce, l’aria immobile. Di camminare non se ne parla! Meglio aspettare il bus. Sono poche fermate dalla Medina a casa, ma proprio non ce la fa. La pensilina dell’attesa è infuocata, finalmente il bus si ferma. È già molto pieno di gente, i finestrini non fanno entrare un po’ d’aria per tutti. Reggersi in piedi è una fatica, aggrappata alle maniglie. Il bus sobbalza continuamente sull’asfalto pieno di buche. La vertigine sale lentamente, la vista si appanna. Non c’è un posto libero. Non conosce una parola. Prova a chiedere ad un ragazzone di cedergli il posto, ma quello non capisce che sta per perdere conoscenza, cadendogli inevitabilmente addosso.
Una vecchietta finalmente intuisce quel che sta per accadere e con voce stridula si rivolge al ragazzone seduto. Appena in tempo! Scivola mollemente. E subito scatta la solidarietà. Una signora con il cappello di paglia prende a sventolarla. Un’altra estrae da un borsone una bottiglia di acqua fresca e comincia a spruzzargliela in faccia. Il ragazzone le tiene la mano. Lentamente si riprende e mormora il nome della sua fermata. Il bigliettaio la solleva e fa fermare il bus proprio davanti alla panchina. Scende sorreggendola e la accompagna a sedersi.
Lei sta già molto meglio. Mentre il bus riparte, lei rivede la pagina del giornale di Milano di qualche mese prima, che racconta di un anziano morto su di un tram nell’indifferenza totale degli altri viaggiatori. Solo al capolinea, l’autista, non vedendolo scendere, gli si era avvicinato, ma era già quasi freddo. Lei invece, cammina verso la sua nuova casa, contenta di vivere in Tunisia.
© Riproduzione riservata