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Tunisia: la scuola Coranica è una buona idea?

Una mamma in Tunisia si interroga: giusto iscrivere la propria figlia alla scuola coranica? E cosa si impara in questa scuola?

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Ho sempre pensato che iscrivere Yasmine alla scuola coranica non fosse una buona idea. Il primo asilo in cui l’avevo iscritta, mi era stato consigliato da diverse mamme del quartiere ed era improntato come i “Koteb”, ovvero gli asili coranici, che oggi non ci sono più. Ho trovato un ambiente ostile, buio e chiuso. Lasciavano che Yasmine guardasse il tablet (cosa che a casa non faceva) per quelle 2 ore che la lasciavo lì (e pagavo tutta la giornata di 8 ore). Già non mi convinceva dall’inizio, figuriamoci dopo quell’esperienza così negativa: la mia opinione era addirittura peggiorata.

Ma succede che i suoi cugini iniziano a frequentare la scuola coranica e non so come, esce l’argomento. Sabato dalle 14.00 alle 15.00 e domenica dalle 10.00 alle 12.00. Io già me la rido sotto ai baffi perché di solito Yasmine non vuole essere impegnata 7 giorni su 7 e andando a scuola fino a sabato alle 12 la vedo una remota possibilità il fatto che ci voglia andare. Invece, tutta entusiasta mi chiede il permesso di iscriversi anche lei. Non me la sento di dirle di no, anche perché non ho un argomento valido per negarglielo, solo una brutta esperienza in passato e la sensazione personale che sia una scuola troppo rigida, ma senza prove concrete. Facciamo il patto che prima di iscriversi va al sabato un’ora a vedere com’è e se le può piacere.

I bambini durante Ramadan fanno una gara di recita Corano e alla fine ricevono il diploma – photo credits Kyra Ferrari Fitouri

Quando torna a casa è entusiasta, si vuole iscrivere. Resto perplessa e poi rifletto sul fatto che  l’Islam a scuola conta doppio, è a tutti gli effetti una materia da studiare. Ma cosa fanno esattamente alla scuola coranica? Mi informo e scopro che la cosa più importante che insegnano è l’esatta pronuncia dell’arabo classico, poi lo studio e comprensione delle Sura, i versetti del Corano ed inoltre le storie dei profeti. Facendo un’analisi logica della situazione, penso che possa essere una buona idea. La cosa che accomuna i Paesi arabi è l’arabo classico, poi che ognuno abbia il suo dialetto parlato è un dato di fatto, ma i testi che siano di studio, religiosi, o di legge sono scritti in arabo classico. Altra considerazione è che la scuola viene frequentata da quasi tutti i bambini del quartiere, per cui è anche un’occasione di integrazione e socializzazione maggiore.

Chiaramente non so dove il destino porterà mia figlia da adulta, ma avere una buona lettura e pronuncia le potrà aprire molte porte in futuro, ancora più in Europa che qui. In ogni caso comincio a cambiare opinione e la vedo come una crescita ed un valore aggiunto.

Scorcio della moschea di Hammam lif – photo credits Giada Frana

Molte di queste scuole sono state chiuse perché hanno scoperto attività collaterali terroristiche e questo non posso non riportarlo per dovere d’informazione: pertanto meglio comunque controllare cosa studino in effetti. Ogni moschea ha la sua scuola inclusa.

Questa esperienza mi ha ricordato quando non avevo preso in considerazione il fatto che anche Yasmine potesse desiderare il montone dell’Aid.  Concludo chiarendo che non ero contro alla scuola islamica in termine religioso, anche perché avendo scelto di vivere in un paese al 98% musulmano non avrei fatto una scelta coerente, ma sono da sempre contro tutto ciò che è estremo, in tutti i temi, persino i gruppi vegani dove le persone che seguono un altro tipo di alimentazione vengono chiamati “mangia cadaveri” e non c’è apertura mentale non li seguo, giusto per fare un esempio al di fuori della religione.

I miei articoli parlano di vita quotidiana, di esperienze vissute in prima persona e mi piace dare spunti di riflessione al di fuori dei soliti canoni. Io ho cambiato idea, su questo tema: ciò che comunque istruisce e migliora merita di avere una chance. Vi leggo nei commenti se avete avuto esperienze o pensieri simili ai miei, le condivisioni arricchiscono le persone.

Una mamma Green in Tunisia, che cambia idea.

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