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A Tunisi la prima tappa del progetto italo – tunisino “Beyond borders”

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Il confine non è dove finisce qualcosa, ma dove comincia qualcos’altro”. Scriveva Josè Saramago nel suo “Viaggio in Portogallo”.  Cos’è il confine? È un limite o una possibilità? È quello a cui hanno cercato di rispondere i dodici performer, attori e ballerini, all’interno del progetto “Beyond Borders” diretto dalla compagnia italiana Instabili Vaganti e sostenuto dal Ministero della Cultura nell’ambito del programma Boarding Pass Plus 2022-2024. Nicola Pianzola, attore e drammaturgo, e Anna Dora Dorno, regista e attrice, sono i fondatori della compagnia Instabili Vaganti e hanno diretto la residenza artistica che si è svolta a Tunisi dal 5 all’8 settembre e che ha coinvolto dodici artisti tunisini, danzatori e attori.

La prima tappa di questo progetto multidisciplinare di ricerca e sperimentazione è stata presentata il 13 settembre al Teatro Nazionale di Halfaouine, Tunisi e lo scopo è stato quello di selezionare i quattro performer che faranno parte del cast internazionale, italiano e tunisino, per lo spettacolo finale che debutterà a novembre prossimo nella capitale tunisina.  L’obiettivo del progetto, co-prodotto dal Théâtre National Tunisien e con il supporto dell’Istituto di Cultura Italiano di Tunisi, è quello di aprire un ponte tra Italia e Tunisia, riflettere sulla cultura e il patrimonio che i due Paesi alle sponde del Mediterraneo condividono.

 

 
 
 
 
 
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Beyond Borders è nato in un momento di crisi, in piena pandemia, e frutto delle misure di lockdown e di restrizione dei confini fisici e geografici che hanno portato a ripensare il significato di “confine” nella sua accezione primaria per trasformarlo in un luogo “eutopico” (dal greco, luogo felice), ossia un luogo ideale ma anche “nessun luogo”, ossia un luogo astratto, che non esiste nella realtà tangente. 

Durante la residenza, sono state esplorate tutte le tipologie di frontiere, geografiche e mentali, e sono state restituite al pubblico in forma di danza o monologo attraverso i quali i partecipanti hanno espresso il significato che attribuiscono alla parola “confine”. “Volevo vedere il mondo e volevo che il mondo mi vedesse, ma sono rimasto dall’altra parte della frontiera”, dice un performer, ed ecco che le aspirazioni future (o sogni di gloria come vengono definite da un altro partecipante) si intrecciano inevitabilmente con le politiche nazionali che, in nome di un’ipotetica “difesa” dei confini, impongono misure restrittive alla libertà di circolazione di cittadini provenienti da alcuni Paesi. Non poteva che uscire il tema della migrazione, particolarmente sentito in Tunisia, e la difficoltà dei cittadini tunisini ad ottenere un visto per l’Europa, qualunque sia la ragione.

 
 
 
 
 
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Io sono un saltatore di muri” dichiara un partecipante, mentre cerca di superare, in maniera incessante, i confini fisici rappresentati dal corpo degli altri. Il tentativo di superamento delle barriere, che assume la forma di una danza disperata, cessa di colpo e si giunge ad un’altra consapevolezza: “resistere per esistere anche di fronte alle barricate.”  “I muri, le barriere, le frontiere non potranno mai fermare la nostra danza. Noi continueremo a danzare.” Finisce così lo spettacolo. Con un’esortazione ad una resistenza sotto altre forme, con mezzi, quelli artistici, che sono capaci di superare i confini e i limiti e permettono di viaggiare leggeri e lontani.  L’esortazione a danzare si rivolge anche al pubblico, che è invitato a ballare, a lasciarsi andare sulle note della musica e a cercare di rompere, in maniera collettiva, quei confini che, prima che geografici sono molto spesso mentali, che ci separano dagli altri e che ci fanno dimenticare che prima che cittadini siamo esseri umani che condividono le stesse esperienze ed aspirazioni. 

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