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Emel Mathlouthi, angelo della Rivoluzione tunisina

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Una voce angelica, in grado di infiammare i cuori di milioni di tunisini. Con il suo brano “Kelmti Horra” e il suo costante impegno politico, Emel Mathlouthi è tutt’oggi uno dei simboli concreti della Rivoluzione dei gelsomini.

Nata a Tunisi nel 1982, fin dagli 8 anni scopre la sua passione per la musica, arrivando a comporre il suo primo brano a soli 10. Subito viene notata dai grandi artisti pop dell’epoca, la sua scelta di dedicarsi all’heavy metal, però, la allontana da quel tipo di musicalità, consentendole di trovare la propria strada autonoma ed originale. A circa 23 anni sente l’esigenza sempre più forte di “far qualcosa” per il proprio Paese ed inizia a comporre sempre più testi di protesta, proprio in quel periodo esce “Ya Tounes ya Meskina”, “Povera Tunisia”.

Dal 2008 i suoi brani vengono banditi dal governo e, per questo, si rifugia a Parigi, luogo dal quale non cesserà la sua attività politica, facendosi, anzi, conoscere sempre di più. La morte di Mohamed Bouazizi cambierà tutto, riportando Emel nelle strade della sua città, dalle quali nascerà il suo brano più celebre: “Kelmti Horra”, “la mia parola è libera”.

La mia parole è libera

Il brano fa il giro del paese e del mondo, divenendo in brevissimo tempo un vero e proprio simbolo della “Rivoluzione dei gelsomini“. In particolare, un video di lei che lo canta in Avenue Habib Bourguiba si trasforma in un inno ai poveri e agli oppressi, in grado di rinforzare gli animi e le fila dei combattenti per la libertà.

La sua voce angelica accompagna delle parole infuocate e questo crea un effetto senza pari, in grado di travolgere persino i più cinici, cose al livello di “Ya El Medan” dei Cairokee, per intenderci. Il pezzo ottenne un successo incredibile, tanto che nel 2015 l’artista venne invitata a suonarlo al premio Nobel della pace, cerimonia durante il quale verrà premiato il “Quartetto per il dialogo nazionale tunisino”. L’evento porterà definitivamente Emel agli occhi del pubblico internazionale, trasformandola definitivamente in un simbolo di queste rivolte.

Fra angeli e demoni

Lo stile di quest’artista è assolutamente unico, grazie ad una fusione di melodie, canto e sonorità raramente viste così bene insieme. Il passato nel mondo gothic ed heavy metal si respira fin da subito, ma non è mai troppo intenso, cogliendone solo alcune sfumature.

È la sottile rabbia a dominare il suo scenario musicale, non il caos, e ciò unito ad una voce unica, quasi beata, arriva a donare ad ogni traccia connotazioni quasi epiche. Ascoltandola si ha l’impressione di udire un angelo guerriero pronto per la battaglia, giusto appena prima che lo scontro veda il primo sangue. Sensazioni davvero particolari e davvero rare da riproporre anche nel contesto italico. Un’artista assolutamente da sperimentare, unica sia per storia che per poesia.

L’articolo originale è stato pubblicato su Medioriente e dintorni 

© Riproduzione riservata


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