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Jendouba: a Dar Rayhana donne protagoniste e trasformatrici della società

Nata nel 2013 e sostenuta dalla ong italiana Cospe, a Dar Rayhana le donne prendono coscienza dei propri diritti, per un cambio di mentalità che parta dal basso e coinvolga tutta la società

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Jendouba -. “La parola “Dar” in lingua tunisina indica la “casa privata”. Dar Rayhana è la casa delle donne a Jendouba e riflette la nostra appartenenza: ogni angolo della casa è stato costruito con le nostre mani, la nostra visione, i nostri bisogni e le nostre speranze”. Nacyb Allouchi dal 2014 è la presidentessa dell’associazione Rayhana pour Femmes de Jendouba, che ha fondato nel 2013 assieme a Fathia Ghanjati e Gharbi Sawssen. Tutte assieme, nel post Rivoluzione, hanno voluto creare uno spazio per rispondere ai bisogni delle donne della regione. Un’associazione che ha dato vita, in questi anni, a una presa di coscienza individuale e collettiva e a un cambio di mentalità. Sostenuta dalla ong italiana Cospe, l’associazione in questi primi dieci anni di vita ha lavorato su più fronti.

Nacyb Allouchi, presidente dell’associazione Rahyana a Jendouba – photo credits Giada Frana

Una regione dove la mentalità patriarcale si fa sentire

Sono circa 160 i chilometri che separano la capitale tunisina da questa città, a nord ovest del Paese, dove la mentalità patriarcale si fa sentire maggiormente. Arriviamo a Jendouba dopo un viaggio di circa due ore e mezza con il louage, il taxi collettivo che collega le varie città della Tunisia. Dar Rayaha si trova a pochi minuti a piedi dalla stazione dei louage, una posizione strategica: in questo modo, le donne che vogliono partecipare ai progetti possono raggiungerla senza troppe difficoltà. All’ingresso, la scritta – ormai sbiadita – dell’associazione, varcato il cancello un piccolo giardino con qualche aranceto e fiori, sulla destra il locale che un tempo era adibito a palestra per sole donne. “Prima della Rivoluzione non vi era l’opportunità di creare qualcosa di simile: le leggi non aiutavano a creare delle associazioni – spiega Hayet Taboui, cofondatrice e coordinatrice regionale del progetto Faire -. E’ nata l’idea di creare Dar Rayhana, dove poter svolgere un insieme di attività e di azioni. Per prima cosa abbiamo creato una palestra per donne: queste ultime non potevano frequentarle, erano tutte solo per uomini. È stata la prima palestra femminile in tutta la regione di Jendouba: giovani e meno giovani, venendo qui potevano praticare dell’attività sportiva. Il successo di quest’esperienza ha portato alcune imprenditrici ad aprire diverse palestre femminili: ora a Jendouba ce ne sono tre o quattro”. 

Una palestra, ma non solo: soprattutto uno spazio sicuro per le donne, anche provenienti da situazioni di violenza coniugale: “Abbiamo collaborato con il Direttore regionale della donna e della famiglia, che le inviava qui per dare loro dei momenti di sollievo. In seguito abbiamo trasformato la palestra, visto che ormai non ce n’era più bisogno, in un luogo in cui svolgere altre attività: dalle formazioni, ai laboratori di economia locale, di cucito, di piatti locali: le donne hanno una conoscenza ancestrale che va conservata e tramandata”. Entrando nella sede dell’associazione, diverse le stanze che ospitano ognuna le varie attività, con un piccolo spazio espositore dei prodotti artigianali delle donne. C’è anche una cucina, dove poter preparare il pranzo, spesso gustato in condivisione. La condivisione, parola chiave di questa realtà al femminile, una condivisione fatta di intenti comuni, di un percorso non semplice, dove gli ostacoli non sono mancati, ma che nel lungo periodo ha portato a dei risultati di non poco conto. Prima della pandemia, Dar Rayhana diventa anche un B&b – visto che in città non ci sono luoghi idonei in cui soggiornare – dove accogliere i formatori e i membri di altre associazioni ed ong in visita nella regione. 

Hayet Taboui nei campi di ulivi assieme a una lavoratrice agricola a Jendouba – photo credits Giada Frana

Creare sinergie e andare sul campo per raggiungere più donne

La nostra porta è sempre aperta: ci sono donne che chiedono informazioni, altre un sostegno, altre ancora che hanno delle idee o dei bisogni e l’associazione può avere un ruolo in ciò. Abbiamo realizzato diversi progetti, ma ultimamente ci siamo specializzati sui diritti delle donne e sull’accesso delle donne ai loro diritti, sulla libertà di espressione e sul rafforzamento dal punto di vista economico”. L’associazione Rayhana non lavora da sola, ma in sinergia con una rete di altre realtà del territorio: “Collaboriamo con chi si occupa di sviluppo, diritti dell’uomo, diritti delle donne. Facciamo dei laboratori per far emergere le problematiche regionali e trovare delle soluzioni comuni. A un certo punto siamo usciti da Dar Rayhana, per fare delle azioni al di fuori. Siamo andate nei campi agricoli, per arrivare alle donne che abitano nelle montagne e che lavorano come manodopera agricola, o ancora alle studentesse che hanno bisogno di uno spazio di dialogo alternativo”. Un modo quindi anche per dare voce in capitolo a chi non viene solitamente preso in considerazione dalle istituzioni. 

E la loro voce – delle donne marginalizzate e della regione – è diventata Radio Web Rayhana, la web radio dell’associazione e la prima radio alternativa femminile del Paese. “Tutto è cominciato con un laboratorio – continua Taboui –, poi è emersa l’idea di fare una radio alternativa femminile, portata avanti da giovani donne volontarie, che hanno fatto informazione dal punto di vista delle donne. Hanno trattato diverse tematiche, sempre nell’ottica di valorizzazione e solidarietà femminile: dalla sensibilizzazione sulla legge 58 relativa all’eliminazione della violenza sulle donne, al savoir faire ancestrale delle stesse”. La valorizzazione dei prodotti locali è un altro punto di forza portato avanti: “Lavoriamo sulla promozione dei prodotti del territorio, regionali, artigianali ed alimentari attraverso i mercati territoriali. Dar Rayhana è uno spazio non solo per  commercializzarli, ma dove creare un ambiente per le donne produttrici affinché possano presentare esse stesse le loro creazioni,affinché possano uscire dai loro villaggi di montagna per venire ai mercati nel paese, e avere uno spazio gratuito per commercializzarli, soprattutto in occasione delle feste”. 

Valorizzare le attività imprenditoriali del territorio

Abbiamo fatto diverse esperienze e lavorato su più assi – continua Allouchi -, tra cui l’economia sociale e solidale. Per quanto riguarda quest’ultima, abbiamo pensato di creare un polo apposito nella regione che fornisca l’accompagnamento, la divulgazione, la valorizzazione dei servizi a favore dei giovani imprenditori che vogliono davvero fare delle attività sociali e solidali, delle attività economiche o dei Gda (Gruppi di Raggruppamento Agricolo), delle Smsa (Società Mutuali di Servizio Agricolo) e via dicendo. Qui vi è un’università dove si può ottenere un Master in Economia sociale e solidale: la maggior parte delle persone implicate stanno accompagnando questi studenti nei loro Pfe, Progetti di fine studio”.

Sensibilizzazione sulle nuove tecnologie

Nell’équipe di Dar Rayhana ci sono anche degli uomini, come Saif Abidi: “Ho cominciato qui come accompagnatore dei Gda ed organizzatore delle giornate di formazione; ad esempio per capire come si realizza l’analisi di un prodotto ed i suoi imballaggi, all’interno del progetto Flowers, che rientra nel progetto Faire. Ora sono uno degli ambasciatori dei finanziamenti on line, che prevede dei finanziamenti per le donne. Abbiamo organizzato dei cicli di sensibilizzazione per le donne in tutti i governatorati. Ho sensibilizzato quasi cento donne sui servizi di pagamento on line, su come funzionano in Tunisia, sia che avvengano con bancomat o attraverso il telefono, c’è anche un’applicazione che permette di creare un salvadanaio on line nel proprio telefono. In questo modo sanno quali sono le nuove tecnologie che potrebbero essere loro utili in futuro”.

Un murales a Jendouba – photo credits Giada Frana

I cambiamenti in dieci anni di attivismo

In questi dieci anni di attivismo si sono duplicati gli spazi dedicati alle donne. L’impatto maggiore riguarda sicuramente il lato economico, oltre al miglioramento nella vita quotidiana e ai cambiamenti nel comportamento delle donne, dal punto di vista della generazione di entrate. Ora infatti le donne a partire da queste attività pensano formare dei raggruppamenti con l’accompagnamento di Rayhana o Podes, una struttura uscita da un nostro progetto. L’empowerment, la presa di decisioni all’interno della famiglia è migliorata di anno in anno, da un progetto a un altro. Manteniamo un legame con le stesse donne e ogni anno si aggiungono nuove beneficiarie per i nostri progetti. 

Queste donne possono ora attingere alle proprie risorse per evitare la violenza, economica e quotidiana, che subiscono. C’è anche un impatto interno a Rayhana: nei membri, nella Radio, nelle ragazze che hanno seguito le varie formazioni per il rafforzamento delle loro capacità, ed ora stanno svolgendo un loro percorso professionale. In tutti questi anni, Rayhana ha dato il via a un movimento trasformativo, dove una nuova generazione di donne libere, coscienti e protagoniste, pratica i propri diritti occupando gli spazi pubblici. Le donne sono un grande elemento trasformatore per l’economia del territorio, in un’ottica di sviluppo di una comunità solidale e responsabile del bene comune. Da sole si va più veloci, ma insieme si va più lontano”.

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